Rai al-Youm, un sito web di informazione panarabo con sede a Londra, ha scritto che Hamas starebbe pianificando di trasferire il proprio ufficio politico e dirigenti a Teheran. La decisione sarà inizialmente temporanea, poiché Hamas teme la possibilità di omicidi su larga scala da parte di Israele in territorio iraniano, simili a quanto accaduto contro l’ex capo dell’ufficio politico, Ismail Haniyeh, eliminato dal Mossad israeliano a Teheran il 31 luglio 2024.
L’ufficio politico di Hamas ha attualmente sede a Doha, la capitale del Qatar, e i suoi membri risiedono in Qatar e in Turchia. Tuttavia, Hamas teme le pressioni americane sul Qatar affinché espellano i principali leader del movimento e si sta preparando a trovare una sede alternativa.
Hamas ha pessimi rapporti con i Paesi arabi, soprattutto con quelli che hanno accordi di pace e normalizzazione con Israele. Lo scorso anno, il re di Giordania Abdullah ha vietato l’ingresso nel regno ad alti funzionari di Hamas, dopo che quest’ultimo aveva colluso con l’Iran e i Fratelli Musulmani per rovesciare il suo governo.
Questa settimana, l’alto esponente di Hamas Khalil al-Haya ha invitato le nazioni arabe e islamiche a marciare verso la Palestina e a circondare le ambasciate israeliane, suscitando dure critiche nei confronti di Hamas in Egitto e Giordania, e i governanti arabi lo hanno interpretato come un tentativo di provocare il caos nella sicurezza e destabilizzare i loro regimi.
Rai al-Youm sostiene che le relazioni di Hamas con molti Paesi arabi si stiano avvicinando alla rottura totale, sullo sfondo dei recenti sviluppi nella sanguinosa guerra a Gaza e della crescente pressione da parte di Stati Uniti e Israele, intensificatasi nelle ultime settimane. Diverse nazioni arabe avrebbero infatti informato ufficialmente i funzionari di Hamas di essere diventati “persona non grata” e di dover abbandonare definitivamente i loro territori, senza alcuna possibilità di farvi ritorno, né per ragioni umanitarie né politiche. Hamas avrebbe quindi contattato molti dei Paesi arabi suoi “amici” in passato, ma trovando (sorprendentemente) solo porte chiuse, al punto che sembra quasi esista ormai un “consenso arabo” ad abbandonare Hamas al proprio destino. In alcuni casi, pare sia stato persino detto, chiaro e tondo, ad Hamas che una rottura ufficiale delle relazioni sia già stata decisa. E diversi Paesi pare abbiano già notificato ufficialmente a Washington la rottura delle relazioni con Hamas, nella prospettiva di definirla a breve “organizzazione terroristica”. L’articolo in questione non specifica quali siano i Paesi: è possibile che si tratti di Stati arabi che hanno già vietato le attività dell’organizzazione sul proprio territorio in passato e contrari all’asse dei Fratelli Musulmani.
Importanti personalità politiche israeliane affermano di trovare difficile immaginare una situazione in cui il Qatar adotti un deciso provvedimento contro la leadership di Hamas. Un simile provvedimento potrebbe essere solo il risultato di forti pressioni da parte di Trump sul sovrano del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad, con il quale intrattiene ottimi rapporti. Il Qatar è considerato uno dei principali leader dell’asse dei Fratelli Musulmani nel mondo, insieme alla Turchia, ed entrambi sostengono Hamas, che è un movimento sussidiario dei Fratelli Musulmani.
In ogni caso, l’Iran e Hamas hanno un interesse reciproco a ristabilire le loro relazioni, dopo i gravi colpi subiti da Israele durante la guerra. L’Iran era a conoscenza dell’attacco del 7 ottobre alla Striscia di Gaza e per molti anni ha fornito a Hamas armi e soldi per combattere contro Israele. E anche Donald Trump ha accusato l’Iran di interferire di proposito nei negoziati tra Israele e Hamas per ritardarli e farli fallire.
Alti funzionari della sicurezza israeliana hanno confermato a Epoch Israele le dichiarazioni di Trump e hanno affermato che l’Iran abbia un chiaro interesse a sabotare i negoziati tra Israele e Hamas, sia in rappresaglia dell’attacco a sorpresa ai siti nucleari del 13 giugno, sia nell’ambito della strategia degli ayatollah di recuperare i rapporti con gli alleati in Medio Oriente, gravemente danneggiati durante la guerra degli ultimi due anni.