Cresce l’opposizione interna al regime degli ayatollah

di Redazione ETI/Epoch Israele
20 Agosto 2025 18:08 Aggiornato: 20 Agosto 2025 18:15

Il Fronte Riformista Iraniano ha diffuso domenica una dichiarazione intitolata: “Riconciliazione nazionale: un’occasione d’oro per il cambiamento e il ritorno al popolo”. Il documento offre una tabella di marcia per il cambiamento interno ed esterno dell’Iran, che include la riforma totale della struttura del governo e dell’economia, il ritorno dell’esercito nelle caserme e il suo allontanamento dalla politica e dall’economia, la concessione di un’amnistia generale ai prigionieri politici e la libertà di informazione. In ambito estero, il fronte propone una sospensione volontaria dell’arricchimento dell’uranio e l’accettazione della supervisione dell’Aiea in cambio della revoca di tutte le sanzioni, oltre all’apertura di un dialogo diretto con gli Stati Uniti.

La dichiarazione ha scatenato un’ondata di dure reazioni, sia da parte del campo conservatore che all’interno dello stesso campo riformista. Il Fronte Riformista, che opera come una coalizione ombrello di partiti e personalità riformiste da una decina d’anni, è stato guidato negli ultimi anni da Adher Mansouri, una delle figure centrali della spinta riformista dopo anni e anni della palude politica degli ayatollah.

L’area “ortodossa” islamica ha immediatamente attaccato la dichiarazione tramite il quotidiano Kayhan, vicino alla Guida Suprema Ali Khamenei, che ha definito il piano «una traduzione dall’ebraico al persiano dei discorsi di Netanyahu» che mina «i principi della rivoluzione». Un editoriale ha definito il documento una sorta di colpo di Stato, perché richieste come “riconciliazione nazionale” ed “elezioni libere” sono considerate espressione della linea americano-israeliana. Anche altri organi di informazione ortodossi, come il quotidiano Sabkh-Now e l’agenzia Tasnim, vicina alle Guardie Rivoluzionarie islamiche, hanno definito la dichiarazione «pericolosa per la sicurezza nazionale» e basata sulla ricerca dell’approvazione delle potenze estere piuttosto che sulle capacità interne dell’Iran.
Ma anche all’interno dello stesso campo riformista si sono levate voci scettiche, che accusano il documento di presentare solo una «grande visione» poco fattibile nella realtà. Personalità come Hamid Shojaei sul quotidiano Arman Mali hanno risposto che l’unico modo per migliorare la situazione dell’Iran sarebbe «tornare dal popolo e dare priorità alle sue richieste», e che il sostegno pubblico alla recente guerra con Israele indica che i cittadini iraniani sostengono il proprio Paese e che quindi questa fiducia debba essere preservata.

La tempistica della pubblicazione della dichiarazione è legata a una serie di sviluppi negli ambiti nazionali e mediorientali in generale: il tentativo del Fronte di avviare un dialogo con le istituzioni governative, tra cui una lettera pubblica al presidente Massoud Pazakhian; la campagna contro Israele, tra cui l’attacco agli impianti nucleari da parte degli Stati Uniti; e la grave crisi economica che si è recentemente manifestata con gravi carenze di acqua ed elettricità.
Questa esternazione vuole presentare il campo riformista come una sorta di “opposizione leale” al regime, ma anche come un organismo politico che propone misure concrete e non si accontenta di slogan. Il semplice accenno alla possibilità di sospendere l’arricchimento dell’uranio viola un tabù nel dibattito interno e stabilisce un punto di riferimento per le discussioni future.
Tuttavia, le forti risposte dall’area islamica riflettono la sua adesione ai propri principi e la sua riluttanza a scendere a compromessi, anche dopo i duri colpi recentemente subiti dal regime degli ayatollah. Particolarmente significativa, in questo senso, è la richiesta di «riportare l’esercito nelle caserme»: una vera e propria sfida al potere politico ed economico di cui le Guardie Rivoluzionarie sono diventate il soggetto politico dominante.

Inutile dire che non sembra che il regime sia minimamente disposto a discutere il documento, che è probabile diventi presto lettera morta. Ma questo potrebbe aumentare il già crescente malcontento e quindi i disordini interni. D’altra parte, nel lungo periodo, il regime potrebbe forse concedere qualcosa, magari a livello simbolico, per lasciar sfogare la pressione interna e buttare acqua sul fuoco del malcontento del popolo iraniano causato (anche) dalla crisi economica.
In ogni caso, gli ideatori del documento hanno già raggiunto un risultato significativo: l’iniziativa ha provocato un dibattito pubblico e ha ridato visibilità a un’area politica che, fino a poco tempo fa, nell’arena iraniana era considerata morta.


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