Bruxelles lancia l’app per limitare ai minori l’accesso a internet

di redazione eti/Owen Evans
21 Luglio 2025 11:07 Aggiornato: 21 Luglio 2025 14:07

Francia, Spagna, Italia, Danimarca e Grecia sono pronte a testare un’applicazione che la Commissione Europea presenta come “modello” per la verifica dell’età dei minori nei 27 Paesi dell’Unione. Annunciata il 14 luglio insieme a linee guida per le piattaforme online, l’app mira a garantire il rispetto del Regolamento sui servizi digitali. I sostenitori la descrivono come una soluzione attenta alla privacy, in netto contrasto con sistemi invasivi come il riconoscimento facciale usato in Cina. I critici, però, temono che possa spianare la strada a controlli obbligatori di identità digitale su internet e spostare il controllo dai genitori alle piattaforme.
L’obiettivo, dice la Commissione, è verificare che gli utenti abbiano l’età richiesta, ovvero diciotto anni, per accedere a contenuti online soggetti a restrizioni, come siti per adulti, piattaforme di gioco d’azzardo o acquisti di alcolici. I cinque Paesi coinvolti potranno personalizzare il sistema, integrandolo in un’app nazionale o mantenendolo indipendente.

La tecnologia si basa sulle specifiche dei Portafogli digitali europei, che entro il 2026 permetteranno ai cittadini dell’Ue di confermare la propria identità per servizi digitali, come l’apertura di un conto bancario. Altri Paesi stanno già adottando soluzioni simili, come Regno Unito, Australia e Repubblica Popolare Cinese. In Cina, la verifica dell’età avviene col riconoscimento facciale. Quando un utente accede a un social o a un videogioco, l’app scansiona il volto e lo confronta con un database in possesso del Partito comunista cinese. Questo database  contiene foto e documenti di tutti i cittadini cinesi e, per verificare l’età, l’app consulta questo archivio. Questo sistema, rapido e preciso, richiede quindi che il volto, l’identità, tutti i  dati personali sono gestiti esclusivamente dallo Stato, senza alcun controllo da parte dell’utente/cittadino. Ovvio che questo susciti preoccupazioni quando questo “Stato” non è una repubblica ma una dittatura.
Il modello europeo, invece, si basa su un portafoglio digitale personale, simile a quelli usati per le criptovalute, che esclude il controllo centralizzato.

Secondo Komninos Chatzipapas, fondatore di Orion AI Software, un sistema centralizzato gestito dai governi potrebbe risultare più sicuro rispetto a quelli privati, come avviene negli Stati Uniti, anche grazie all’impiego delle cosiddette «prove a conoscenza zero» una tecnologia che, nel prototipo europeo, consente di confermare un dato, come l’età, senza rivelare altre informazioni personali. Questo approccio rende il sistema quasi impenetrabile, permettendo di dimostrare di avere più di 18 anni senza condividere ulteriori dettagli. Ma è anche vero che questi sistemi possono essere facilmente aggirati utilizzando una banale Vpn.

Nel Regno Unito, l’Online Safety Act obbliga le piattaforme social a far rispettare i limiti di età e richiede verifiche rigorose per i siti con contenuti per adulti. Reddit, ad esempio, ha introdotto dal 14 luglio un sistema di verifica per gli utenti britannici, bloccando l’accesso ai minori di 18 anni a “contenuti per adulti”. La verifica, gestita da un’azienda privata, avviene tramite un selfie o un documento come il passaporto. Ofcom, l’autorità britannica per le comunicazioni, ha dichiarato su LinkedIn che si aspetta che altre aziende adottino misure simili, pena l’applicazione di provvedimenti. Reddit ha precisato che non conserverà le foto, ma solo lo stato di verifica e la data di nascita, per consentire agli utenti di non dover reinserire i dati a ogni accesso.
Ma Together Declaration, associazione britannica nota per il suo impegno contro i lockdown e a favore della libertà di espressione, chiede un “Codice digitale dei diritti” per tutelare le libertà nell’era digitale. In risposta ai piani del governo britannico per un’identità digitale statale, il cofondatore Alan Miller ha sottolineato che la verifica dell’età costringe tutti a dotarsi di un’identità digitale per navigare online, definendo tale misura un’imposizione generalizzata che l’associazione respinge.


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