Gran parte dell’uranio altamente arricchito detenuto dall’Iran sarebbe sopravvissuta agli attacchi lanciati da Israele e Stati Uniti, probabilmente trasferita da Teheran subito dopo i primi raid. Lo ha affermato mercoledì il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica Rafael Grossi, durante una conferenza stampa a Vienna accanto a esponenti del governo austriaco.
Nel corso dei dodici giorni di conflitto con Teheran, Israele ha colpito più volte le infrastrutture nucleari iraniane, mentre le forze statunitensi hanno bombardato siti sotterranei nel fine settimana. Resta incerta l’entità dei danni inflitti alle scorte di uranio arricchito. Già il 13 giugno, in coincidenza con l’avvio degli attacchi israeliani, l’Iran aveva informato l’Aiea dell’intenzione di adottare «misure speciali» per mettere al sicuro materiali e attrezzature nucleari. Secondo Grossi, pur senza fornire dettagli, il messaggio lasciava intendere che il materiale sia rimasto integro ed evidenziava la necessità urgente di inviare ispettori per verificarne lo stato.
La ripresa delle ispezioni dell’Aiea è stata indicata come priorità assoluta, dopo la sospensione causata dai bombardamenti. Nella stessa giornata, il parlamento iraniano ha approvato una proposta per limitare la cooperazione con l’Agenzia, prevedendo che eventuali ispezioni future siano sottoposte all’autorizzazione del Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale. Il provvedimento attende ancora il via libera del Consiglio dei Guardiani, organo non elettivo, per entrare in vigore.
L’obiettivo dell’Aiea è accertare la quantità residua di uranio arricchito al 60%, una soglia vicina a quella necessaria per la produzione di armi nucleari. Sebbene l’arricchimento dell’uranio possa avere applicazioni civili, l’Iran è l’unico Paese ad aver raggiunto questo livello senza aver sviluppato armamenti nucleari. Le potenze occidentali escludono che vi siano finalità civili compatibili con tale grado di arricchimento, mentre Teheran continua a sostenere il carattere pacifico del proprio programma.
Secondo l’ultimo rapporto trimestrale dell’Aiea, pubblicato il 31 maggio, l’Iran disponeva di una quantità di uranio arricchito al 60% sufficiente, se ulteriormente lavorata, per la produzione di nove ordigni nucleari. Ulteriori scorte arricchite al 20% e al 5% potrebbero essere utilizzate per altri impieghi militari. Una valutazione preliminare dell’intelligence statunitense, citata martedì da Reuters, stima che i raid americani abbiano ritardato il programma nucleare iraniano solo di alcuni mesi, lasciando a Teheran la possibilità di riprendere rapidamente le attività.
Grossi ha criticato questa interpretazione di breve respiro, paragonandola a una «clessidra» che cambia a seconda del punto di osservazione. Ha osservato che parte delle infrastrutture ha resistito agli attacchi e che l’Iran dispone delle competenze necessarie per ricostruire: servirà solo tempo.
Il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araqchi, ha annunciato martedì un cambiamento di rotta nella posizione di Teheran sul programma nucleare e sul regime di non proliferazione, senza fornire ulteriori dettagli. Intanto, il presidente del parlamento, Mohammad Baqer Qalibaf, ha accusato l’Aiea di aver perso credibilità internazionale, affermando che il programma nucleare civile iraniano sarà intensificato.
Grossi ha definito «estremamente preoccupante» l’eventualità che l’Iran si ritiri dal Trattato di non proliferazione nucleare. Un’uscita, ha sottolineato, non gioverebbe a nessuno, tantomeno a Teheran, che rischierebbe isolamento e gravi conseguenze, minando la tenuta stessa dell’intero Trattato.