Il social Parler rimosso dal Google Play Store, Apple minaccia di fare lo stesso

Di Mimi Nguyen Ly

Google ha rimosso il social network Parler dal suo app store, affermando che l’applicazione rimarrà sospesa finché gli sviluppatori non si impegneranno a implementare una politica di moderazione e di gestione dei contenuti controversi presenti sulla piattaforma. Parler è una piattaforma social molto simile a Twitter, che negli ultimi mesi è diventata sempre più popolare negli Stati Uniti.

Nel suo comunicato di venerdì sera, Google ha dichiarato: «Al fine di proteggere la sicurezza degli utenti di Google Play, le nostre politiche storiche richiedono che le applicazioni che mostrano contenuti generati dagli utenti abbiano politiche di moderazione che rimuovano i contenuti deplorevoli, come i post che incitano alla violenza».

«Tutti gli sviluppatori accettano questi termini e abbiamo ricordato a Parler questa chiara politica negli ultimi mesi – ha proseguito Google – Siamo consapevoli del fatto che l’app Parler continua a pubblicare messaggi che cercano di incitare alla violenza negli Stati Uniti. Riconosciamo che può esserci un ragionevole dibattito sulle politiche dei contenuti e che può essere difficile per le app rimuovere immediatamente tutti i contenuti violenti, ma per distribuire un’app attraverso Google Play, richiediamo che le app implementino una forte moderazione sui contenuti deplorevoli».

«Alla luce di questa continua e urgente minaccia per la sicurezza pubblica, sospendiamo la presenza dell’app nel Play Store fino a quando non risolverà questi problemi».

Nel sospendere il servizio, Google, il cui software è il cuore di tutti i telefoni Android, ha citato la sua politica contro le applicazioni che promuovono la violenza e ha fornito alcuni esempi recenti su Parler, tra cui un post pubblicato venerdì che iniziava con la frase «Come ci riprendiamo il nostro Paese? Circa 20 attacchi coordinati» e un altro che promuoveva una «Million Militia March» su Washington.

Dal canto suo, Parler ha risposto a una richiesta di commento da parte dell’edizione americana di Epoch Times affermando: «Google non ci ha mai dato alcun avvertimento. La giustificazione per la rimozione era costituita da screenshot condivisi su Twitter (ironicamente consentiti da Twitter e ignorati da Apple e Google) di contenuti che erano stati banditi su Parler per aver violato i nostri Termini di Servizio. Questo non è un attacco a Parler. Si tratta di un attacco alle nostre libertà civili fondamentali e al diritto alla libertà di parola».

Contemporaneamente, anche Apple ha minacciato di rimuovere Parler dal suo app store. Venerdì, Apple ha dato infatti a Parler 24 ore di tempo per presentare un piano di moderazione dettagliato, sostenendo che la gente ha usato Parler per coordinare l’irruzione nel Campidoglio degli Stati Uniti.

In realtà, non è ancora chiaro chi abbia istigato l’irruzione nel Campidoglio degli Stati Uniti del 6 gennaio.

Manifestanti radunati al Campidoglio degli Stati Uniti, a Washington, il 6 gennaio 2021. (Tasos Katopodis/Getty Images)

In un comunicato pubblicato sullo stesso Parler, il Ceo dell’azienda, John Matze, ha affermato in risposta alla richiesta di Apple: «Chiunque acquisti un telefono Apple è apparentemente un utente. A quanto pare loro sanno cosa sia meglio per te dicendoti quali applicazioni puoi o non puoi usare».

Ha aggiunto: «Apparentemente ritengono che Parler sia responsabile di TUTTI i contenuti generati dagli utenti su Parler. Pertanto, secondo la stessa logica, Apple deve essere responsabile di TUTTE le azioni intraprese sui propri telefoni. Ogni autobomba, ogni conversazione illegale al cellulare, ogni crimine illegale commesso su un iPhone; Apple deve anche esserne responsabile […] Standard non applicati a Twitter, Facebook o anche alla stessa Apple, si applicano invece a Parler».

In seguito all’accaduto, Matze ha condiviso anche altri due post. Nel primo si legge: «Non cederemo alle pressioni degli operatori anticoncorrenziali! Faremo e abbiamo sempre fatto rispettare le nostre regole contro la violenza e le attività illegali. Ma non cederemo alle aziende politicamente motivate e a quegli autoritari che odiano la libertà di parola».

Il secondo afferma invece: «I media hanno cercato di sostenere che ‘L’Insurrezione’ sia stata organizzata su Parler. Ma ci sono diversi problemi a riguardo. 1) Parler non dà modo di organizzare nulla, mentre i gruppi di Facebook sono stati ampiamente usati per organizzare le proteste. 2) Le proteste sono tutelate dalla Costituzione. 3) Cattivi sobillatori hanno trasformato la protesta in una sommossa. Conosco i media e tutti vogliono puntare il dito e dare la colpa. È conveniente per loro trasformare Parler in un capro espiatorio».

«La realtà è che tutti puntano il dito contro qualcuno da accusare – ha scritto Matze – Dobbiamo ricominciare a pensare in modo critico e smettere di incolparci l’un l’altro. Dobbiamo cercare di umanizzarci di nuovo e non disumanizzarci a vicenda facendo leva su tattiche di caccia alle streghe che realizzano l’opposto dei loro scopi».

Ad ogni modo, recentemente gli utenti dei social media negli Stati Uniti si sono trasferiti in massa su Parler, sull’applicazione di messaggistica Telegram e sulla piattaforma social Gab, a causa delle nuove aggressive politiche di moderazione dei contenuti sulle piattaforme mainstream come Twitter e Facebook. Venerdì Twitter ha rimosso definitivamente l’account del presidente Donald Trump, così come l’account della campagna elettorale di Trump.

 

Articolo in inglese: Parler Removed From Google Play Store, Apple Threatens Ban

 
Articoli correlati