Hong Kong, vietato slogan delle proteste. È la fine della libertà di parola

Di Eva Fu

«Liberare Hong Kong, la rivoluzione dei nostri tempi», uno tra gli slogan più noti delle proteste scoppiate a Hong Kong nel 2019, è stato proibito in quanto il governo locale ritiene che rappresenti una violazione della nuova legge sulla sicurezza nazionale.

Il governo di Hong Kong ha dichiarato il 2 luglio che lo slogan è ora considerato illegale, poiché racchiude il concetto di «indipendenza di Hong Kong, o di una possibile separazione della Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong (Ras di Hong Kong) dalla Repubblica Popolare Cinese, e dell’alterazione dello status giuridico della Ras di Hong Kong, o di sovversione del potere dello Stato».

Il governo di Hong Kong ha dichiarato di aver preso la decisione perché i manifestanti «hanno mostrato o possedevano oggetti» contenenti questo slogan. Il comunicato rilasciato giovedì sera annunciava: «Il governo della Ras di Hong Kong condanna con forza ogni atto di sfida alla sovranità, all’unione, e all’integrità territoriale della Repubblica Popolare Cinese».

Lo slogan è stato inizialmente coniato nel 2016 da Edward Leung, ex portavoce del partito politico indipendentista Hong Kong Indigenous, quando era candidato al Parlamento di Hong Kong. Poco dopo è stato squalificato dalla campagna elettorale con la motivazione che la richiesta dell’indipendenza rappresentava una violazione della mini-costituzione della città, la Legge Fondamentale. Attualmente Leung sta scontando una condanna a sei anni di carcere per il suo ruolo nelle proteste.

Ma il suo slogan è tornato alla ribaltà nel 2019, quando i manifestanti ne hanno abbracciato lo spirito per opporsi al controllo sempre più serrato di Pechino. Milioni di hongkonghesi hanno manifestato per le strade cantando lo slogan, poiché temevano di perdere i loro diritti fondamentali a causa della crescente ingerenza cinese.

Migliaia di persone sono scese nuovamente in strada il 1° luglio, nonostante il divieto della polizia di esprimere la propria opposizione alla nuova legge. Il 1° luglio marcava anche la 23° ricorrenza del ritorno dell’ex colonia britannica sotto il dominio cinese.

La polizia ha dichiarato di aver effettuato circa 370 arresti sul luogo delle proteste, 10 dei quali riguardanti violazioni della nuova legge.

In un post sui social media, la polizia ha reso noto di aver fermato e perquisito due donne, e di averle arrestate perché in possesso di opuscoli e stampe con le parole «Resistere a Pechino, Liberare Hong Kong», «coscienza» e «Una nazione, una Hong Kong». Una quindicenne è stata invece arrestata per aver sventolato una bandiera blu con su scritto «Hong Kong Indipendente», ed almeno altre tre persone sono state arrestate perché possedevano bandiere o striscioni con slogan simili.

Mentre monitorava le proteste, la polizia ha anche ripetutamente esposto striscioni viola con scritte in inglese e cinese per dissuadere la folla dal «mostrare bandiere o striscioni, dall’inneggiare slogan, o da azioni di secessione o sovversione», che secondo la polizia potevano portare all’arresto e a processi penali.

Nathan Law, uno dei più importanti esponenti delle proteste a Hong Kong, noto per il suo ruolo nel movimento pro-democrazia degli ombrelli del 2014, ha dichiarato il 2 luglio di aver lasciato Hong Kong a causa del rischio di essere punito per «reati di parola».

Demosisto, un gruppo politico filo-democratico che Nathan Law aveva co-fondato, si è sciolto dopo l’entrata in vigore della legge sulla sicurezza nazionale, che ha spinto i membri più importanti, tra cui Law, a ritirarsi dal gruppo.

L’attivista, che compierà a breve 27 anni, ha detto che continuerà a sostenere Hong Kong contro il potere autoritario cinese sulla scena internazionale. Giovedì Law ha scritto su Twitter: «Uno non camminerà mai solo sulla strada giusta. Le folle del 1° luglio dimostrano ancora una volta che il fuoco della determinazione degli hongkonghesi non si spegne facilmente. Dobbiamo sostenere la nostra resistenza su tutti i fronti».

 

Articolo in inglese: Hong Kong Authorities Ban Popular Protest Slogan in Latest Clampdown on Free Speech

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