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Siracusano: legge bipartisan contro il sessismo online

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Immagine di Alexas_Fotos via Pixabay

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Tempo di lettura: 6 Min.

«Ho voluto sdrammatizzare perché penso sia il miglior modo per sovvertire lo schema dell’attacco sessista, che produce imbarazzo e senso di colpa in chi lo subisce. È quello che ho provato quando ho ricevuto un primo attacco, nel 2018, per un intervento fatto in Aula e rilanciato dal blog dal Movimento cinque stelle. Poi, ho capito che non dipende dal soggetto, da quello che fai, ma dalla tua esposizione sui social in quanto donna. Per questo bisogna spersonalizzare l’attacco e connotare gli hater per quello che sono». Lo afferma Matilde Siracusano, sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento e deputata di Forza Italia, in un’intervista a Il Messaggero, nel commentare la sua iniziativa per denunciare i messaggi sessisti ricevuti sui suoi profili social. «Sono atti che io e altre colleghe non facciamo per noi: ci sono tante ragazze vulnerabili che stanno davvero male e soffrono terribilmente – aggiunge Siracusano -. Dobbiamo parlarne più per loro che non per noi. Qualcuno, nell’opinione pubblica, sostiene che le denunce servano a poco, ma senza permettiamo a chi compie questo tipo di atti di andare incontro all’impunità. Denunciare, invece, crea un effetto deterrenza. Nel mio caso, a volte, è stato possibile risalire ai responsabili».

Quindi, questa non è la prima volta che denuncia? «L’ho fatto altre volte e, soprattutto, nel 2018. Il grande problema, rispetto all’azione giudiziaria, è l’identità perché spesso ci si imbatte in profili che sono dei fake. Su questo tema, va detto, sono state avanzate proposte da più partiti e c’è condivisione sull’esigenza dell’identificazione attraverso un documento, prima dell’iscrizione alla piattaforma. Poi c’è anche un’altra riflessione da fare – osserva Siracusano. Sulla responsabilità oggettiva delle piattaforme. Per questo dovremmo cominciare a pensare a come coinvolgere in maniera più incisiva le piattaforme che ospitano tutti questi commenti diffamatori. Gli strumenti in uso alla polizia per perseguire chi crea identità false si stanno affinando, ma si tratta ancora di un percorso tortuoso. E noi dobbiamo agevolarlo».

«Oltre al supporto del mio partito ho avuto il placet del segretario Antonio Tajani e coinvolgerò la collega Catia Polidori, responsabile di Azzurro Donna, per l’istituzione di un comitato ristretto, esteso ad altri partiti, per trovare una soluzione che possa essere più efficace. Si tratterà di abbinare più proposte per arrivare a un testo unitario, ma credo che sull’identità digitale si debba essere allineati – continua Siracusano -. Ovviamente bisogna avviare una riflessione e studiare i modelli adottati da altri Paesi per provare a capire se possono esserci delle ‘best practice’ da adottare». L’intesa bipartisan, tra maggioranza e opposizioni, raggiunta sul femminicidio, anche con contatti tra Meloni e Schlein, è ripetibile? «Ne sono pienamente convinta. Anche perché si tratta di un fenomeno che colpisce tutti, senza distinzioni di età e mestiere – segnala ancora Siracusano. Già da oggi cominceremo il lavoro per l’istituzione di un tavolo di confronto con esponenti di vari partiti che porti a un testo condiviso».

All’esame del Senato c’è già un ddl bipartisan che fissa a 15 la soglia di età per stare sui social. Più spesso però questo tipo di commenti viene fatto da chi ha già un’età matura. «È un punto su cui riflettere. C’è da dire che le vecchie generazioni provengono da un’epoca in cui era più raro vedere una donna in ruoli apicali. In questo, le nuove generazioni hanno fatto sicuramente dei passi in avanti. Tra i giovani, però, sono in crescita i casi di violenza di genere perché i modelli di riferimento li espongono alla violenza – rileva sempre l’esponente dell’esecutivo -. Su questo punto credo che si debba investire moltissimo nello psicologo nelle scuole. Spesso si tratta di distorsioni comportamentali che i familiari non riescono o non vogliono individuare visto che si tratta dei loro figli. Bisogna investire sulla psicoterapia che, purtroppo, in questo paese è ancora un tabù». E come se lo spiega, c’entra la politica? «Io cerco sempre di promuoverla, e di dare per prima l’esempio, rivolgendomi e chiedendo consulto a professionisti. Sulla salute mentale anche il Parlamento sta investendo come dimostra lo stanziamento inserito in legge di bilancio ogni anno».

Sente che questa è una battaglia condivisa anche dagli uomini? «Molti hanno mostrato empatia per il coraggio e lo spirito con cui il video è stato fatto. Ci sono uomini che condividono la battaglia e la conducono con noi, ma è normale che noi donne le rappresentiamo con maggior determinazione perché siamo le dirette interessate. Molte battaglie politiche partono dalle esperienze vissute che si hanno alle spalle», conclude Siracusano.


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