Muro contro muro Usa-Messico

Nessun passo indietro da parte del presidente eletto Donald Trump sulla costruzione del muro al confine con il Messico, uno dei punti più ridondanti della sua campagna elettorale, e attraverso il quale Trump ha promesso di allontanare clandestini, malavitosi e terroristi dal Paese. Secondo quanto si evince dalle parole di Trump nella prima conferenza stampa dello scorso 11 gennaio infatti, il piano andrà avanti fino alla sua realizzazione.

Tuttavia, la costruzione di un muro, seppur non così fortificato come si presuppone sarà quest’ultimo, non è una novità per il confine meridionale statunitense. Due recinzioni, infatti, sono state costruite nell’arco di due mandati di Bill Clinton: una, nel 1993 vicino alla California, come parte dell’ ‘Operazione Guardian’; l’altra nel 1997 vicino al Texas, parte dell’operazione ‘Rio Grande’, per frenare il flusso dei migranti.

C’è da ricordare anche che dal 1996 è stata approvata nel Congresso statunitense una legge che accelera la deportazione dei migranti, e impedisce che questi ritornino nel Paese prima che siano passati almeno tre anni.

Trump ha riferito che il suo muro sarà un piede più alto della Muraglia Cinese, più alto di qualunque scala a mano e quindi impossibile da scalare. Ai suoi oppositori il neopresidente ha voluto ribadire che la costruzione del muro non è nulla di drammatico ma bensì qualcosa di utile, così come è servita alla Cina duemila anni fa la Grande Muraglia di tredicimila miglia.

Per quel che concerne il progetto attuale, Trump ha indicato che il vicepresidente Mike Pence lo sta personalmente guidando, e porrà tutti i suoi sforzi per ottenere l’approvazione finale per la costruzione del muro, che dovrà essere completato prima della fine delle trattative con il Messico, che inizieranno questo mese e che andranno avanti presumibilmente ancora per un altro anno e mezzo.

Trump ha inoltre voluto chiarire che si tratta di un vero e proprio muro, e non di una semplice recinzione, e che i costi di costruzione verranno rimborsati dal Messico. Ma il presidente messicano Enrique Peña Nieto, durante la 28esima Riunione dei Consoli e Ambasciatori del Messico tenutasi lo stesso giorno della conferenza, non è sembrato essere delle stesso avviso.

 

DISCORDIE DAL MESSICO

In risposta alle parole di Donald Trump, l’attuale presidente messicano Enrique Peña Nieto, ha dichiarato, secondo il sito gob.mx: «È evidente che ci siano alcune divergenze di opinioni con il futuro governo degli Stati Uniti, come quella sul muro che il Messico, ovviamente, non pagherà».

Tuttavia, il Messico «cercherà di aumentare gli investimenti in infrastrutture e tecnologia per rendere i nostri confini più sicuri, moderni ed efficienti» al fine di «facilitare ulteriormente gli scambi commerciali bilaterali e ridurre i tempi di attesa ai valichi di frontiera».

Peña Nieto ha colto l’occasione per sottolineare che in nessun momento sarà accettato nulla che vada contro la dignità della nazione messicana: «Non sono negoziabili principi di base come la nostra sovranità, l’interesse nazionale e la tutela dei nostri connazionali».

Ha inoltre aggiunto che, da parte sua, «verrà promosso un negoziato aperto e completo. Tutti gli argomenti che definiscono la relazione bilaterale sono sul tavolo, compresa la sicurezza, la migrazione e il commercio. Si lavorerà per mantenere buone relazioni con gli Stati Uniti e il suo presidente, una relazione che sia positiva per il Messico e i Messicani».

Dall’altra parte ha riconosciuto che il libero flusso delle rimesse dei suoi cittadini dagli Stati Uniti al Messico ha contribuito ad arricchire il suo Paese di «più di 24 miliardi di dollari nel mese di novembre dello scorso anno», così ha chiesto a Trump che questa condizione possa essere mantenuta: «Da queste risorse dipende il sostentamento di milioni di famiglie messicane, in particolare a basso reddito».

Il presidente messicano ha poi aggiunto che «gli Stati Uniti devono impegnarsi a lavorare in una forma cooperativa al fine di contrastare il traffico illegale di armi dagli Stati Uniti al Messico e per intercettare i proventi illeciti ricevuti dalle organizzazioni criminali nel nostro Paese».

Per quanto riguarda invece il rimpatrio delle persone senza documenti, il presidente messicano si aspetta di «continuare in modo ordinato e coordinato, garantendo un trattamento umano, e il rispetto dei diritti dei migranti messicani».

Secondo i dati di un Sondaggio Nazionale sulla dinamica demografica in Messico, citati dalla Cnbc, tra il 2009 e il 2014 un milione di messicani con le loro famiglie, compresi i bambini nati negli Stati Uniti, hanno abbandonato gli Usa per trasferirsi in Messico.

Dati ufficiali del censimento, provenienti dagli Stati Uniti, per lo stesso periodo stimano che 870 mila cittadini messicani (a cui vanno aggiunti anche i clandestini) abbiano lasciato il loro Paese per immigrare negli Stati Uniti. 

Oltre alla discussione sul muro, Messico e Stati Uniti stanno lavorando per favorire l’apertura di nuove industrie nei rispettivi Paesi, con l’obbiettivo di creare nuovi posti di lavoro.

Il politico messicano Felipe Calderon ha infatti anticipato l’apertura di nuovi stabilimenti da parte di Mazda e Honda in prossimità del confine con gli Usa. Trump ha scritto sui social che ha intenzione di innalzare i dazi doganali alle società che si stabiliscano in Messico.

 

IL MURO COME PROBLEMA AMBIENTALE

Ma il problema del muro tra Stati Uniti e Messico non è solo un problema di immigrazione ma anche ambientale. Secondo l’organizzazione Sky island Alliance, «la costruzione di un muro di frontiera e delle relative infrastrutture è la creazione di una frontiera impermeabile ai flussi migratori di specie continentali».

«La “pulizia” della vegetazione, l’installazione dell’illuminazione ad alta potenza e l’interruzione dei corsi d’acqua influenzerà la fauna selvatica nel breve e lungo termine. L’impatto di questa costruzione va ben oltre all’impronta fisica lasciata dal muro, e impedirà a piante e animali di muoversi nella regione; la frammentazione e la distruzione degli habitat sono le più gravi minacce per la flora e fauna selvatica nella regione di confine Arizona-Sonora».

 

Traduzione di Alessandro Starnoni

 

 

 

 
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