Hard to believe, il documentario verità sul prelievo forzato di organi in Cina

Procurarsi un cuore umano per un trapianto non è decisamente una cosa semplice: il donatore è solitamente in uno stato di morte cerebrale, viene tenuto in vita artificialmente e, per prevenire un eventuale rigetto, tra il donatore e il ricevente ci deve essere compatibilità di sangue e di tessuti.

Questa è la ragione per cui Jacob Lavee, chirurgo specializzato nei trapianti di cuore dello Sheba Medical Center presso l’Università di Tel Aviv in Israele, ha trovato difficile credere a un paziente del suo reparto, quando quest’ultimo gli ha raccontato che doveva recarsi in Cina in una specifica data per effettuare il trapianto di cuore e che, nel giro di una quindicina di giorni, sarebbe stato operato. «L’ho guardato e gli ho detto: “Hai idea di quello che stai dicendo? Come possono pianificare un trapianto di cuore in sole due settimane di tempo?”», ricorda il dottor Lavee.

Il fatto è accaduto nel 2005 e il dottor Lavee lo racconta nel documentario Hard to believe [Difficile da credere, ndt], la prima analisi sostenuta da testimonianze sul perché non sia ancora di pubblico dominio la pratica del prelievo degli organi da prigionieri di coscienza messa in atto dal regime comunista cinese (un omicidio di massa di decine di migliaia di persone).

Il documentario, che presenta varie interviste a medici, un membro del Congresso degli Stati Uniti, praticanti della disciplina spirituale cinese del Falun Gong perseguitata dal regime e personaggi di rilievo, viene attualmente trasmesso in tutti gli Stati Uniti dalle stazioni del network televisivo pubblico Pbs. Il film è uscito su dvd il 29 settembre e sarà disponibile sulla tv digitale negli Stati Uniti per una sola settimana.

IL BRAVO DOTTORE

Da tempo, il dottor Lavee era a conoscenza del fatto che pazienti israeliani frequentassero la Cina per effettuare operazioni di trapianti di reni, tuttavia, aveva sempre supposto che i donatori fossero i poveri contadini cinesi. Dal punto di vista etico questo è di per sé qualcosa di altamente problematico, ma è comunque vero che un essere umano può vivere anche con un solo rene, mentre la donazione di un cuore è ovviamente una cosa del tutto diversa. Era noto che la Cina facesse uso degli organi prelevati ai criminali giustiziati, tuttavia il dottor Lavee aveva notato che il numero dei trapianti eseguiti e quello delle esecuzioni capitali non coincidevano.

Dopo aver fatto qualche ricerca sui donatori che costituivano la fonte degli organi in Cina, il dottor Lavee si è imbattuto in un rapporto scritto da un avvocato difensore dei diritti umani ed ex politico canadese, che ha indagato sulle testimonianze dei prelievi degli organi dei prigionieri di coscienza in Cina (nello specifico i praticanti del Falun Gong, una disciplina spirituale perseguitata in Cina dal 1999).

«Le nuove informazioni sono assolutamente sensate», afferma nel documentario il dottor Lavee, diventato uno dei protagonisti chiave della narrazione attraverso i suoi sforzi per limitare il coinvolgimento di Israele in questa attività.

Il documentario illustra in che modo e perché i ricercatori ritengano evidente che si stia perpetrando in Cina un prelievo forzato di massa di organi appartenenti ai praticanti del Falun Gong, e tenta di comprendere la ragione per cui non viene rivolta una maggiore attenzione alla questione: il perché sia così «difficile da credere», con le parole di Louisa Greve, vice presidente della National Endowment for Democracy, che appare brevemente nel film.

TRACCE DI UN PERCORSO INTRISO DI SANGUE

Una risposta, può essere trovata semplicemente nella natura del presunto crimine: il governo cinese cataloga e preleva gli organi dei propri cittadini in un modo sistematico e brutalmente efficiente, per poi venderli ai facoltosi cinesi e ai ‘turisti dei trapianti’.

Tra le vittime di questo commercio illegale di organi è inclusa la popolazione degli uiguri e probabilmente anche quella dei tibetani, ma i praticanti del Falun Gong costituiscono il gruppo maggiormente preso di mira.

Il 20 luglio 1999, l’ex leader del Partito Comunista Jiang Zemin ha lanciato una radicale persecuzione su scala nazionale nei confronti del Falun Gong, una disciplina spirituale che include la pratica di una serie di esercizi meditativi e incorpora i principi di verità, compassione e tolleranza.

In breve tempo, oltre settanta milioni di cittadini cinesi sono diventati bersaglio di brutali torture e di opprimenti lavori forzati. Secondo le statistiche dell’Associazione del Falun Gong e dei ricercatori in difesa dei diritti umani, circa 3.900 praticanti del Falun Gong sono stati torturati e picchiati a morte, e centinaia di migliaia di altri si trovano tutt’ora in stato di detenzione forzata.

Le testimonianze sul fartto che il regime cinese stesse traendo profitto dagli organi prelevati dai praticanti del Falun Gong ancora in vita, sono emerse nel marzo 2006, quando la moglie di un chirurgo specializzato nei trapianti coinvolto nell’attività dei prelievi e un giornalista cinese, hanno reso pubblici i dettagli della macabra attività.

Gli avvocati canadesi David Matas e David Kilgour hanno studiato a fondo le accuse. Dopo aver esaminato 33 tipi di possibili prove o confutazioni, tra cui numerose telefonate anonime in Cina, il controllo incrociato dei dati ufficiali dei trapianti e l’adozione di semplice logica, hanno concluso, in quello che è il primo rapporto in assoluto sui prelievi degli organi in Cina, che le accuse siano fondate. Nel rapporto di Kilgour e Matas si stima che siano stati uccisi per i loro organi oltre 40 mila praticanti del Falun Gong.

L’autore Ethan Gutmann ha testimoniato direttamente la repressione del Falun Gong a Pechino nel 1999, e ha iniziato la sua indagine personale sui prelievi degli organi nel 2006. Nel suo libro uscito nel 2014, intitolato The slaughter [Il massacro, ndt], Gutmann ha tracciato la storia della pratica del prelievo forzato degli organi attuata dal regime cinese: dai rozzi esperimenti degli anni 90 nella provincia cinese di frontiera dello Xinjiang, al monitoraggio – nella Cina di oggi – degli organi dei praticanti del Falun Gong ancora in vita, con il pretesto di effettuare delle ‘valutazioni dello stato di salute’. Gutmann stima che dal 2000 al 2008 siano stati prelevati gli organi di circa 65 mila praticanti del Falun Gong.

Quest’anno il film Human harvest, che ha vinto il prestigioso premio Peabody per la sua indagine su questi fatti, fornisce probabilmente la più importante conferma dei crimini relativi  al prelievo di organi commessi in Cina fino a oggi.

OMICIDIO MISTERIOSO

I produttori del documentario Hard to believe hanno voluto presentare una narrazione in stile ‘omicidio misterioso’, che inviti gli osservatori a chiedersi il perché un avvocato che tutela i diritti umani o un medico israeliano, siano giunti a tali scioccanti conclusioni riguardo a un omicidio di massa commesso a scopo di lucro e condotto negli ultimi dieci anni dallo Stato cinese.

Inizialmente, Gutmann era scettico sul fatto che quell’approccio sarebbe stato maggiormente incisivo, tuttavia alla fine si è convinto. Il regista Ken Stone e la coproduttrice Irene Silber sono stati «sinceri nel porre la domanda alla quale non sono riuscito a rispondere durante il processo di scrittura del libro», ha riferito Gutmann in un’intervista telefonica a Epoch Times.

«Hard to Believe è il primo film nel quale è dedicato più tempo agli investigatori stessi, a dimostrare quanto siano essenzialmente ragionevoli, obiettivi e senza alcun obiettivo nascosto», ha detto Gutmann. «È il film sul prelievo degli organi per un uomo che riflette».

I SOLITI SOSPETTI

Il trucco è stato quello di «mantenere le cose in termini semplici, concentrandosi sulle persone collegate alla questione». «Se si raccontano piccole e interessanti storie attinenti alle persone, si elimina il problema» di farlo sembrare un film di parte, ha aggiunto Stone, regista vincitore del premio Emmy ed ex reporter televisivo attualmente residente in Minnesota.

Di tutte le storie rappresentate, Stone ha trovato l’intervista con l’ex chirurgo dei trapianti Enver Tohti la più convincente. Negli ultimi anni, Tohti, nativo uiguro della provincia cinese dello Xinjiang occidentale, che attualmente lavora come conducente di autobus a Londra, ha confessato di aver eseguito nell’estate del 1995, su ordine del suo diretto superiore, delle operazioni di prelievo di organi.

Le storie di Ethan Gutmann, dei praticanti del Falun Gong e di Enver Tohti, sono facilmente descrivibili al pubblico della televisione americana, in quanto ben noti archetipi – le dure accuse, la ricerca della verità, il giornalista scettico, l’avvocato difensore dei diritti umani, le vittime di una brutale persecuzione e il ‘Dottor Zero’, il primo chirurgo coinvolto nella pratica che sono riusciti a trovare, ha spiegato Ken Stone in una video intervista dei produttori.

«Epoch Times, le opere di Ethan Gutmann, David Matas, Jacob Lavee, sono tutti parte della storia», ha detto Stone.

IL RUOLO DI QUESTO GIORNALE

Epoch Times è stato il primo giornale d’informazione a coprire la vicenda del prelievo forzato degli organi da quando nel marzo del 2006 è stata resa pubblica, e da allora ha seguito costantemente gli sviluppi della questione.

Il film Hard to Believe presenta le interviste con Stephen Gregory, direttore di Epoch Times degli Stati Uniti in lingua inglese, un giornale indipendente che ha sede a New York, e con Matthew Robertson, reporter della testata cinese di Epoch Times che si è aggiudicato il prestigioso premio Sigma Delta Chi, consegnatogli nel 2013 dall’Associazione dei giornalisti professionisti (Spj) per la sua copertura delle vicende del prelievo degli organi.

«Abbiamo trattato storie attinenti a un giornalista che sta scrivendo per un giornale di cui la maggior parte degli americani non ha mai sentito parlare, ma che ha scritto molto su questo argomento ed è stato persino premiato dall’Associazione dei giornalisti professionisti», ha detto Stone in una video intervista condotta con i produttori del film.

«La storia del prelievo degli organi è la storia del Falun Gong», ha detto Gregory nel documentario. «Per il regime cinese, il Falun Gong è la questione più sensibile. Nessun organo di stampa della corrente principale, che ha gli uffici all’interno della Cina. sta coprendo la vicenda all’interno del Paese».

In un’intervista con Epoch Times, Gregory ha detto: «Abbiamo riportato per primi le testimonianze sul prelievo degli organi e queste ci portano alla fonte della questione».

Come molti altri, il regista Ken Stone era scettico quando nei primi mesi del 2014 ha appreso per la prima volta, dalla coproduttrice Irene Silber, dei crimini attinenti al prelievo degli organi.

Tuttavia, dopo aver fatto alcune ricerche, Stone sentiva che c’era una storia che valeva la pena raccontare e decise di avviare la produzione proprio quando nel luglio 2014 si stava tenendo a San Francisco il Congresso Mondiale sui Trapianti.

Avere la possibilità di partecipare al congresso – il più grande evento internazionale nel campo del trapianto degli organi – si è rivelato un passo fondamentale per il documentario, dal momento che i produttori hanno così potuto incontrare e intervistare diverse persone chiave per il film, ha detto Kay Rubacek, capo della Swoop Films che lo distribuisce.

Durante la produzione, la Rubacek è stata principalmente impegnata nel ricercare e garantire le interviste e, agendo da connessione tra gli intervistatori e gli intervistati, ha contribuito a spianarne il processo. Per esempio, in qualità di mediatrice ha mantenuto per settimane i contatti aperti tra intervistati e produttori, e ha convinto quei testimoni riluttanti ad accettare di partecipare.

Molto significativo è stato anche il contributo di Dafydd Cooksey, nella lavorazione della colonna sonora al pianoforte ad alta tensione.

«È inquietante, presagente e c’è tensione nella consapevolezza che viene rivelata», ha detto Cooksey, che ha lavorato sulla colonna sonora per 12-14 ore al giorno per un mese al fine di crearne una degna di un misterioso omicidio. «Sta accadendo qualcosa, e questa è la prova di quello che sta accadendo».

Cooksey, che ha anche registrato il sonoro sul posto ed effettuato il lavoro di post-produzione, ha detto che la parte più commovente del documentario è stata quella in cui l’ex chirurgo Enver Tohti ha commentato il prelievo degli organi a cui ha partecipato.

«In qualità di chirurgo, l’istinto naturale di Tohti è quello di salvare vite umane, tuttavia gli era stato ordinato di rimuovere il fegato e i reni di una persona a cui era stato sparato, ma che non era morta», ha detto Cooksey. «Ciò che mi ha commosso è stato il rimorso mostrato anni dopo da Tohti per aver eseguito quell’ordine: adesso sarà in una moschea o in una chiesa a recitare una preghiera per quell’uomo, o magari starà accendendo una candela in un tempio».

Articolo in inglese ‘Documentary Asks: What’s So Hard to Believe About China Harvesting the Organs of Living People?

 
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