Tutto per potere, la vera storia del dittatore cinese Jiang Zemin

Di Epoch Times

L’ex leader del Partito Comunista Cinese Jiang Zemin è morto il 30 novembre. Jiang ha governato il regime cinese per più di un decennio e per un altro decennio è stato il manipolatore nascosto di molti eventi. Durante questi decenni, Jiang ha portato danni incalcolabili alla Cina. Ora che Jiang è morto, Epoch Times ripubblica la serie ‘Tutto per il potere: la vera storia di Jiang Zemin’, pubblicata originariamente nel 2011 in inglese.


INTRODUZIONE

Se è il Fato che decide il destino di una persona, allora è anche compito della Storia predisporre le origini vergognose di una vita.

Quando il 12 marzo 2003 Jiang Zemin partecipò ai colloqui con la delegazione provinciale dell’Hubei, nel corso di una riunione del Congresso del Popolo del Partito Comunista cinese, disse: «Sono stato il direttore dell’Istituto di Wuhan per la Ricerca sulla Caldaia dal 1966 al 1970. Questo è successo durante la Rivoluzione Culturale […] la fazione ribelle [scritto esattamente così, ndr] ha attentamente esaminato il mio fascicolo personale. [1] Va bene, dato che ho dato prova di essere incensurato».

Forse l’uditorio di Jiang non capiva quale fosse il suo scopo. Perché Jiang – segretario generale del Partito Comunista cinese (Pcc) – doveva giustificare se stesso e la sua ‘fedina penale pulita’?

La ragione risiede nella discutibile storia personale di Jiang. Suo padre biologico, Jiang Shijun (noto anche come Jiang Guanqian), era infatti un traditore che aveva lavorato per i giapponesi durante la loro occupazione in Cina; l’università che Jiang aveva frequentato, l’Università Centrale di Nanjing, era gestita dall’occupatore giapponese. Jiang ha quindi inventato la menzogna che lo zio lo aveva adottato, anche se in quel momento suo zio era morto. Poi, mentre era in Russia per motivi di istruzione, a un certo punto si concesse una relazione con una donna russa e divenne una spia del Kgb.

Questa è solo una piccola parte di un quadro molto più ampio: per Jiang è una storia piena di sporchi dettagli. Su quali basi poteva vantare di essere «incensurato»? Quando «la fazione ribelle» esaminò il dossier di Jiang, non poteva conoscere gli enormi problemi nascosti del suo passato.

Nel 2005, con grande clamore, Jiang ha lanciato il libro The Man Who Changed China [L’uomo che ha cambiato la Cina, ndt], una biografia pubblicata in inglese e cinese che Jiang ha commissionato all’uomo d’affari americano Robert Kuhn. Il libro ha rappresentato il tentativo pubblico di Jiang di glissare dalla sua storia personale a lungo nascosta.

Il fatto che Jiang ‘protesti troppo’ [per ricordare una frase di Shakespeare, ndt] la dice lunga. Nella prosa lusinghiera che compone questa biografia, si nota che una sola parola in particolare si distingue per la sua elevata frequenza: patriottico. Il capitolo che descrive il periodo in cui Jiang frequentava l’Università di Nanjing, a quel tempo occupata dai giapponesi, stranamente s’intitola ‘Io sono un patriota’. Ma il patriottismo è questione di dovere civico e sentimento quasi innato, una sorta di lealtà a priori verso la terra d’origine: una persona incensurata difficilmente ha bisogno di sbandierare il proprio patriottismo.

La realtà è semplicemente che il padre biologico di Jiang Zemin era un disertore che collaborava con l’occupazione giapponese. Jiang, durante la seconda parte della sua vita (come racconta anche la biografia che ha chiesto ad altri di scrivere), ha direttamente evitato di parlare di suo padre. L’unico riferimento è: «il padre di Jiang è morto nel 1973».

Non solo: l’ex leader cinese ha falsamente dichiarato di essere stato adottato all’età di 13 anni dalla famiglia di suo zio, il membro del Pcc Jiang Shangqing; ma l’adozione, sorprendentemente, sarebbe avvenuta poco dopo la morte dello zio stesso.
Jiang Zemin si è laureato all’età di 21 anni, quindi è ragionevole domandarsi: chi lo ha mantenuto nell’età compresa tra 13 e 21 anni? La figlia di Jiang Shangqing, Jiang Zehui, ha dichiarato a Robert Kuhn che la loro famiglia viveva «nella miseria e nella privazione assoluta». [2] Se la situazione era questa, allora chi ha pagato le costose tasse scolastiche per Jiang Zemin affinché frequentasse una scuola per privilegiati e poi l’Università Centrale di Nanjing? Chi ha pagato i suoi studi per le arti e la musica durante i tumultuosi anni devastati dalla guerra che videro un’enorme inflazione? Chi gli ha reso possibile di guidare una jeep così presto dopo la laurea (come accennato da Kuhn)? In altre parole chi, se non suo padre biologico, avrebbe potuto allevarlo? Potrebbe Jiang Shangqing, defunto circa otto anni prima, aver fatto tutto questo?

La verità è che la vita di Jiang Zemin non aveva niente a che fare con la sua ipotetica famiglia adottiva: Jiang si è improvvisamente ‘ricordato’ di avere in famiglia un martire del Pcc (suo zio) solo dopo la presa di potere del Partito Comunista in Cina; ha poi inventato un passato in cui avrebbe abbandonato il suo padre biologico per diventare il figlio adottivo di un uomo deceduto. Ma questa parte della storia sarà affrontata più avanti.

Quanto sopra non significa che il carattere o il valore di una persona sia il prodotto esclusivo del suo ambiente familiare. Piuttosto, suggerisce che si può cominciare a scoprire la falsità di Jiang Zemin, esaminando il suo retroterra in gran parte inventato e nascosto, così come il suo passato.
Negli ultimi anni, Jiang ha elaborato ulteriormente le spiegazioni, lasciando intendere che il padre – un traditore – fosse invece un eroe poiché aveva respinto le truppe giapponesi. Nelle parole di sua cugina, Zehui, «la mia famiglia è stata tutta rivoluzionaria», [3] «gli uomini [della famiglia, ndr] di Jiang erano in guerra» [4] e «tutto è finito nella rivoluzione, combattendo sia gli invasori giapponesi che i cinesi nazionalisti». [5] Per il lettore cinese, ignaro dei dettagli del retroterra familiare di Jiang, questo genere di dichiarazioni inducono molto facilmente in inganno.

L’11 dicembre 1999 il portavoce ufficiale del governo del Pcc cinese, il Quotidiano del Popolo, riferiva che Jiang Zemin e l’allora leader russo Boris Eltsin avevano firmato tre accordi a Pechino per il confine sino-russo. Ma, incredibilmente, l’incontro non è menzionato nella biografia di Kuhn, mentre sono state riportate banalità come il luogo e il periodo in cui Jiang cantava una certa canzone, e dettagli insignificanti su incontri con altri leader di primo piano.

Perché Kuhn ha omesso un importante incontro nazionale come la firma di un accordo di confine con Eltsin? Come si è visto, in quell’incontro Jiang ha dato riconoscimento diplomatico a tutti i trattati ingiusti risalenti alla fine della dinastia Qing. Trattati che nessun governo cinese precedente aveva accettato.
Quello che Jiang ha firmato è l’accordo di un traditore, che ha sottratto le basi legali su cui le generazioni successive avrebbero potuto reclamare la terra perduta. L’accordo ha ‘regalato’ alla Russia oltre un milione di chilometri quadrati di terreno fertile cinese: una superficie pari a oltre 30 volte la dimensione di Taiwan.

Osservando che stava sorgendo un’opposizione di cinesi (in tutto il mondo) che lo riteneva responsabile della svendita del Paese, Jiang Zemin ha cercato di riscrivere – senza vergogna – il suo passato. Ma non poteva prevedere quanto questa manipolazione gli si sarebbe ritorta contro.

Nel suo libro, Jiang decanta se stesso come leader premuroso, profondamente preoccupato della vita e delle sofferenze del popolo cinese.
Ma si consideri per un attimo quello che Jiang faceva durante la grande alluvione che ha colpito la Cina nel 1998: all’inizio di settembre, quando migliaia e migliaia di persone lottavano contro il diluvio e rischiavano la morte, Jiang invitava attori e attrici per una festa a Zhongnanhai, la sede del potere di Pechino.

D’altronde Kuhn stesso ha descritto «la concezione del divertimento di Jiang Zemin»: durante l’incontro, Jiang cantava in duetto con una cantante delle vecchie canzoni d’amore russe, come ‘Notti di Mosca’, [6] e si racconta che in uno scoppio d’eccitazione si era unito alla folla per cantare ‘L’oceano è la mia casa’. Kuhn scrive che era «specialmente Jiang» a essere trasportato da questo momento, dando l’impressione di essere «privo di inibizioni artistiche». [7] Macabra ironia: mentre la gente in Cina combatteva disperatamente  contro l’acqua che cresceva ogni istante, a Zhongnanhai Jiang cantava ‘L’oceano è la mia casa’, accompagnandosi intimamente a delle donne.

Ma non stupisce che Jiang, persona disposta a nascondere un passato da traditore per ottenere posti d’alto livello, avesse scarso interesse per la vita dei suoi cittadini.

Nel lavoro di Kuhn, Jiang si presenta come un esempio di vita frugale e di lotta alla corruzione. Ma sebbene sia ben noto l’aumento della corruzione che ha colpito la Cina negli ultimi anni, in pochi si rendono conto che la radice del problema risiede proprio in Jiang Zemin e nella sua famiglia. È stato così che i suoi figli, gente priva di capacità e di  qualifiche, sono riusciti a trasformare la famiglia Jiang in un ricco impero. Si potrebbe dire che sono ‘regalmente corrotti’.

Una vecchia storia in circolazione vuole che Jiang, durante una notte di nevosa, abbia consegnato una torta di compleanno all’amante di Li Xiannian, ex presidente della Cina. In quel momento Li aveva ospiti, quindi Jiang aveva aspettato fuori per ore in segno di fedeltà. Un episodio completamente assurdo, che tra l’altro non era mai stato dimostrato come vero.
Eppure, per qualche strana ragione Jiang, forse per la sua coscienza sporca, nella biografia tenta una difesa di questa sua consegna di torta (che in realtà serve solo a confermare la strana storia): Jiang racconta ai suoi lettori che voleva essere premuroso nei confronti dei suoi capi e che il dolce era «l’ultima torta nell’hotel». [8] Jiang sostiene inoltre che il suo obiettivo era di raggiungere il consenso e «costruire un rapporto con le persone giuste». [9] Supponendo di accettare questa interpretazione, questo equivarrebbe a dire che la Cina è libera da corruzione o concussione e che ogni azione del genere è solo un «aver cura dei capi» o di «raggiungere il consenso e costruire un rapporto». In altre parole, significherebbe legalizzare la corruzione.

La rapida scalata di Jiang Zemin nei ranghi del potere, è dipesa da due cose: la prima è stata il reinventare il proprio passato per apparire un martire della famiglia, mossa che gli ha permesso di avere due alleati politici, Wang Daohan e Zhang Aiping (entrambi hanno promosso Jiang più e più volte e, in particolare, i due erano amici dello zio di Jiang); la seconda, la sua capacità di adulare i superiori e ottenere il favore degli anziani del Partito. In sostanza, sono state queste le due strategie che hanno permesso a Jiang di appropriarsi del trono.

Dopo la presa del potere, Jiang ha cercato le luci della ribalta e ha cominciato con le spavalderie, come ballare e cantare durante gli scambi diplomatici internazionali. Simili buffonate, che sfidavano il protocollo diplomatico e oltraggiavano la dignità della Cina, non sembravano impensierire Jiang, che attraverso queste azioni lesive della dignità del Paese si guadagnava il soprannome de ‘Il Clown’.

Per esempio, durante un incontro con il re di Spagna, ha tirato fuori un pettine per aggiustarsi i capelli ignorando tutti i presenti; in un’altra occasione, mentre gli consegnavano una medaglia, non è riuscito ad aspettare e ha afferrato la medaglia per appuntarsela da solo; un’altra volta, nel bel mezzo di una cena di Stato, ha improvvisamente invitato la first lady di una nazione straniera a ballare; è poi saltato dalla sedia a cantare ‘O Sole Mio’ e ha suonato una melodia al pianoforte, fissando le signore con uno sguardo da pervertito.

Le sue pagliacciate l’hanno insomma fatto diventare una sorta di zimbello per la stampa occidentale: nel corso dei suoi incontri con l’ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton (Jiang ha visitato gli Stati Uniti nel 1993 e nel 1997, mentre Clinton è stato in Cina nel 1998) ogni volta che i due s’incontravano, Jiang suonava qualche strumento musicale o cantava una canzone; dopo la sua esecuzione, chiedeva sempre a Clinton di suonare il sassofono ma quest’ultimo declinava recisamente, nonostante fosse un abile suonatore.

Nel 1997, durante la visita di Jiang negli Stati Uniti, un giornalista ha sollevato la questione del Tibet in una conferenza stampa. Jiang improvvisamente si è lanciato in un’interpretazione della canzone ‘Home on the Range’ [una classica canzone western, ndt], suscitando lo sconcerto del pubblico. Jiang poi recitava spesso il discorso di Gettysburg di Abraham Lincoln; che si trattasse di parlare con gli studenti, fare interviste con la stampa o anche essere in visita all’estero, l’ex leader trovava l’occasione per recitarlo. Quando gli veniva richiesto, Jiang lo ripeteva a comando; in caso contrario, lo recitava ugualmente.
In tutto questo, è molto difficile vedere la figura di un capo di Stato.

Ancora più assurda è l’ossessione di Jiang di parlare le lingue straniere: una volta, in previsione di una visita in America Latina, trascorse diversi mesi a prendere lezioni di lingua spagnola in un corso intensivo, senza prendere in considerazione la sua età e trascurando importanti affari nazionali. Jiang faceva la figura di un giullare che, finito per sbaglio su un trono, poteva fare ben poco per cambiare la sua manifesta natura di buffone.
Nella versione cinese della sua biografia, Jiang sostiene: «Se non è possibile comunicare con un’altra persona a causa delle differenze di lingua, com’è possibile scambiare idee o raggiungere un accordo?».
A nulla vale il buon senso, secondo cui la maldestra conoscenza di una lingua straniera è molto difficile che possa consentire scambi espressivi e interattivi. Molti capi di Stato parlano nelle rispettive lingue native e si avvalgono di un interprete, ma questo non significa che non possano stringere accordi nei loro scambi diplomatici.

Molti leader occidentali, probabilmente a causa dei capi tipicamente conservatori delle nazioni comuniste, considerano questo ‘eccitabile’ Jiang Zemin un personaggio alternativo e trovano le sue esibizioni molto divertenti.
Ma i leader con vere capacità e grande visione, non sprecano tempo ed energie in simili buffonate. La ragione per cui Jiang Zemin è tanto rutilante ed ‘eccitabile’ è connessa con le sue capacità del tutto inadeguate, come un fantoccio in qualche spettacolo di varietà.

I politici occidentali hanno srotolato il tappeto rosso per Jiang non tanto per il suo talento, quanto per i contratti che aveva in tasca e le prospettive di immettersi nel vasto mercato della Cina. I recenti progressi economici della Cina sono stati guidati da più di 440 miliardi di euro d’investimenti stranieri in combinazione con una forza lavoro notevolmente laboriosa ed economica.
Con un investimento di tale entità, la manodopera a basso costo e così tanti cinesi di talento coinvolti, naturalmente la produzione è alta. Ma non è stato grazie a Jiang. Anzi: l’incompetenza di Jiang, la sua imperiosità, l’invidia e l’oscurantismo politico hanno portato alla fine delle riforme politiche in Cina, assieme al declino dei valori morali e alla corruzione dilagante.
Il risultato è che qualunque progresso economico sia stato fatto, è stato compiuto a costo di enormi risorse e a scapito dell’ambiente e della società stessa. In realtà, la superficiale prosperità economica della Cina è dovuta agli enormi costi ambientali. Jiang ha danneggiato il futuro della nazione, non ha fatto avanzare il processo di riforma politica della Cina (forse l’ha fatto addirittura arretrare) e ha spinto a nuovi livelli le violazioni dei diritti umani e la mancanza di libertà di credo. Dal punto di vista storico, in definitiva, il mandato di Jiang sarà visto come scandaloso; i debiti di cui ha gravato il popolo cinese sono enormi.

Jiang, come voleva essere descritto da Kuhn, è una specie di talento naturale nella risoluzione dei problemi; ma come dimostrano i fatti, ogni volta che è nata una crisi – che si trattasse d’inondazioni, del bombardamento dell’ambasciata cinese a Belgrado, delle elezioni democratiche a Taiwan o dell’epidemia di Sars – Jiang ha sempre spinto gli altri al fronte, mentre lui rimaneva nelle retrovie da codardo quale è.
Quando si stava diffondendo la Sars a Pechino, Jiang temeva così vigliaccamente per la sua vita che è scappato a Shanghai per trovare rifugio. Ma nella versione cinese della sua biografia, per coprire questa fuga sostiene che «è stato ospite a Shanghai per tutto il tempo». A dire il vero Jiang, pochi giorni prima del suo volo, era a Pechino per parlare al Congresso del Popolo e alla Conferenza consultiva politica del Popolo. Chissà quale motivazione avrà utilizzato per «stare a Shanghai per tutto il tempo» ed evadere le proprie responsabilità.

Quando non stava formando una propria cricca politica o non era in viaggio per cantare ed esibirsi, quello in cui Jiang Zemin ha messo tutto il ‘cuore’, facendone una priorità assoluta, è la persecuzione contro il Falun Gong.

Sebbene il mondo esterno possa anche sapere, ad esempio, che Jiang durante gli incontri diplomatici arrivava al punto di distribuire gli opuscoli che denunciavano il Falun Gong, poche persone sono a conoscenza della rapida risposta di Jiang in merito all’intercettazione dei segnali televisivi trasmessi da diversi praticanti del Falun Gong: il 5 marzo 2002, alcuni praticanti del Falun Gong avevano intercettato i programmi televisivi via cavo di otto diversi canali nella città di Changchun e avevano trasmesso 45 minuti d’informazioni sulla persecuzione di cui erano (e sono tuttora) vittime.
Nel ricordare quell’evento, il libro di Kuhn cita un caro amico di Jiang a Changchun; l’amico aveva riferito che dieci minuti dopo la fine dell’intercettazione televisiva (alle 21:10), un furioso Jiang Zemin aveva chiamato, urlando: «i praticanti del Falun Gong stanno trasmettendo sul sistema via cavo di Changchun!» «Chi è il segretario di Partito o il sindaco della tua città?». [10]
La rapida risposta di Jiang per l’incidente, avvenuta in una città lontana da Pechino e il suo immediato tentativo di intimidire il segretario del comitato comunale di Partito, fanno capire come Jiang sia stato l’ideatore della persecuzione del Falun Gong, che ricevesse direttamente le informazioni del caso e che fosse lui a impartire gli ordini.
Ma quando l’ambasciata cinese a Belgrado è stata bombardata, Jiang Zemin non si è visto da nessuna parte per giorni.

Nella sua biografia Jiang cerca di difendersi: il suo espediente principale è citare se stesso in modo da proiettare qualsiasi immagine desideri, abbellendo di volta in volta i fatti. Eppure, quale funzionario cinese condannato per corruzione non ha ripetutamente affermato pubblicamente che Jiang «combatte la corruzione»? Ma le azioni parlano più delle parole. E questo vale più che mai nel caso di un imbonitore come Jiang Zemin.

La mancanza di rispetto filiale per il suo padre biologico, l’assenza di fedeltà nei confronti delle sue organizzazioni e la mancanza di onestà verso le persone sono caratteristiche che delineano Jiang come una persona «scortese, ingiusta, poco dignitosa, imprudente e inaffidabile»[11]. Un pagliaccio che ha portato disastri alla Cina. Consentire alla vanità di una persona come Jiang Zemin, di gonfiarsi per riscrivere la Storia è un danno ai posteri.

Si potrebbe dire che la biografia di Jiang sia in parallelo con la sua stessa vita: piena di menzogne e di contraddizioni. E se si vuole essere una generazione che testimonia la Storia, restituire la vera storia di Jiang Zemin è una responsabilità a cui non ci si deve sottrarre.

 

PROLOGO: L’ORIGINE DI UN MOSTRO NEL MITO CINESE

Nel nono anno del periodo Wude della dinastia Tang (626 d.C.), l’imperatore fondatore Gaozu (noto anche come Li Yuan), con l’aiuto del suo secondo formidabile figlio Li Shimin, placò tutti i ribelli e rivali – benedicendoli con ricchezza e onore in una nazione unificata e sicura. 
Gaozu ebbe quattro figli: Jiancheng, Shimin, Yuanji e Yuanba. Mentre Yuanba morì giovane, Jiancheng, Shimin e Yuanji crebbero fino all’età adulta e furono loro concessi rispettivamente i titoli di re di Ying, re di Qin e il re di Qi. Jiancheng e Yuanji ebbero delle relazioni sentimentali con le concubine preferite del padre Gaozu, Zhang Yin e Yanxue Sese. Shimin scoprì la tresca e per questo motivo si inimicò i fratelli Jiancheng e Yuanji.

Ma Shimin non portò la vicenda all’attenzione del padre: le tradizionali norme di successione imperiale volevano infatti che Jiancheng, figlio maggiore del sovrano Gaozu, sarebbe salito al trono. Tuttavia fu Shimin, da vero principe di impareggiabile valore, a riuscire sostanzialmente da solo a superare con forza e astuzia i nemici della famiglia Li per stabilire la dinastia Tang; le sue gesta, che gli valsero le lodi di Gaozu, suscitarono però l’invidia e il risentimento di Jiancheng e Yuanji.

Yuanji, da bellimbusto presuntuoso e vanitoso qual era, agognava da lungo tempo il trono; Jiancheng era debole e piuttosto incompetente e non poteva rivaleggiare. Tuttavia Shimin era popolare, aveva successo, e per questo motivo infastidiva Yuanji, che ci rimuginò fino a quando un giorno escogitò un’idea: usare Jiancheng per uccidere prima Shimin e poi Jiancheng stesso, diventando quindi l’unico erede al trono.

Un giorno la principessa Pingyang morì di malattia e al suo funerale parteciparono tutti i funzionari civili e militari, nonché i membri della famiglia. Jiancheng e Yuanji, mossi da cattive intenzioni, invitarono Shimin a una festa, dove avevano preparato una bevanda avvelenata per il fratello. Shimin, uomo in buona fede e magnanimo, considerò l’invito come il tentativo dei suoi fratelli di espiare la loro cattiva condotta.

Ma, come recita un ritornello, ‘I veri eroi non muoiono mai’: così il destino ha voluto che mentre Shimin alzò la coppa al banchetto e bevve un sorso, una rondine volò sulla testa e fece degli escrementi che andarono nella tazza e sul suo vestito. Shimin allora se ne andò per cambiarsi il vestito, quando fu improvvisamente colpito da un dolore acuto allo stomaco. Tornato quindi nella sua residenza, a malapena sopravvisse dopo una notte di vomito e diarrea. Shimin sapeva che c’era qualcosa di strano nella sua bevanda.
Gaozu, dopo aver appreso quello che era successo e temendo che Shimin e i suoi fratelli non sarebbero mai andati d’accordo, ebbe un’idea: inviò Shimin a Luoyang per fargli governare il territorio a est dello Shanxi in modo indipendente, come fosse un imperatore; un po’ come aveva fatto in precedenza Liang Xiaowang durante la Dinastia Han.

Jiancheng e Yuanji appresero l’intenzione del padre con grande paura, poiché sapevano che il loro fratello Shimin, coraggioso e di mentalità aperta, si sarebbe rivelato invincibile, in particolare grazie all’assistenza di grandi funzionari civili come Sun Wuji, Xu Maogong, Li Chunfeng, Fang Xuanling e Du Ruhui e a ufficiali dell’esercito come Qin Shubao, Cheng Yaojin, Weichi Jingde e Li Jing.

A quel punto i suoi fratelli, attraverso un altro piano malefico, tramarono di riorganizzare lo stato maggiore di Shimin per combattere i turchi. Shimin, irritato dalle subdole manovre dei fratelli, rivelò a Gaozu le sporche faccende di Jiancheng e di Yuanji con le concubine. Un infuriato Gaozu ordinò a Jiancheng e Yuanji di comparire di fronte alla corte imperiale il giorno successivo, per affrontare le accuse di Shimin. Ma Jiancheng e Yuanji, fiancheggiati da circa 500 soldati, attesero al Cancello di Xuanwu, pronti a uccidere Shimin al suo arrivo. 
Tuttavia Shimin si presentò armato, con grande incredulità dei fratelli. Jiancheng e Yuanji lanciarono tre frecce in preda al panico, ma furono tutte schivate da Shimin. A sua volta, Shimin lanciò una freccia e uccise Jiancheng. E anche Yuanji, prima di riuscire a scappare, fu ucciso a sua volta da una freccia lanciata da Weichi Jingde.

Questo racconto è storicamente conosciuto come l”Incidente della Porta di Xuanwu’.

Dopo l’uccisione di Yuanji, la sua anima malvagia discese all’inferno per pagare i suoi peccati. Yama, il Re dell’Inferno, era pienamente consapevole della sua condotta riprovevole – le avventure con le concubine di suo padre, l’assassinio della fidanzata di Shimin, l’avvelenamento di Shimin e la cospirazione per l’assassinio di Shimin. Pertanto, Yama condannò Yuanji ai livelli più bassi dell’inferno, inviandolo alla Porta del Non Ritorno. Dopo mille anni l’anima di Yuanji era priva di forma di vita e anche del suo spirito originario; tutto quello che rimaneva era un soffio di invidia e odio. Ma questo punto sarà affrontato più avanti.

Shimin, dopo l’ascesa al trono fu soprannominato l’Imperatore Taizong, che segnò l’inizio del fiorente periodo Zhenguan (627-649 d.C.); la magnanimità quasi divina di Taizong, lo rese molto popolare tra la sua gente. La sua successione al trono era in armonia sia con la volontà del Cielo che con quella del popolo; una vera e propria benedizione per tutti.

Nel 22esimo anno del periodo Zhenguan, un monaco buddista di nome Xuanzang tornò da un pellegrinaggio in India alla ricerca delle Sacre Scritture. Taizong condusse un gruppo di centinaia di funzionari civili e militari per accogliere la dimora del monaco presso il Ponte Zhuque; per onorare l’avvenimento, Taizong scrisse più tardi una prefazione alla traduzione delle Sacre Scritture di Sanzang della dinastia Tang.  
Taizong, imperatore saggio e amabile, morì nel 23° anno del periodo Zhenguan. Durante il suo regno, si prese grande cura del buddismo e permise lo sviluppo del taoismo e del confucianesimo. Taizong, forte di un’eccezionale background che nessun uomo ordinario poteva riconoscere, nelle sue incarnazioni successive fu naturalmente retto, a prescindere che fosse imperatore, re, generale, ministro, studioso o maestro di arti marziali.

Si dice che mille anni dopo un certo nobile Re della Ruota della Legge (Fa Lun) sarebbe venuto al mondo sotto forma di Budda Maitreya, impartendo la Grande Via e offrendo la salvezza a tutti.
Ma alcune ‘vecchie forze’, al fine di sabotare la capacità di rettifica della Legge Superiore della Vita e contrastare tutti i tentativi di salvezza, avrebbero proceduto (con la pretesa di ‘aiutare’ nella vicenda ma in realtà 
per i loro scopi) creando un buffone dalla forma umana che mancasse di qualsiasi parvenza di pensieri propri o di normale ragionamento: un’entità che possedesse tratti come stupidità, malvagità, depravazione, tradimento, bruttezza, pretenziosità, invidia e viltà. Questo sarebbe stato fatto, almeno in apparenza, per ‘testare’ le persone che avrebbero seguito la Grande Via del Budda, in conformità con le Leggi di mutua generazione.

La figura grottesca scelta per tale ruolo in seguito sarebbe stata distrutta, dal momento che avrebbe commesso crimini così efferati da essere per sempre imperdonabili. Chi allora avrebbe potuto assumere un tale ruolo? Per quale vita un simile destino sarebbe potuto essere giustificato? Per nessuno tranne uno: quella vita al livello più basso dell’inferno, quell’essere in cui albergava così profondamente il risentimento verso il grande Salvatore che sarebbe venuto sulla Terra per la sua redenzione. Le forze passarono l’esistenza alla ricerca di tale figura e alla fine scoprirono che c’erano ancora tracce di qi sinistro [12] che originava dall’invidia che aveva portato alla morte di Yuanji, il cospiratore della morte di Gaozu. Quei resti furono quindi incanalati in una buia tomba tenebrosa qui, in questo mondo.

In quella tomba c’era un rospo che dimorava da lungo tempo. Un giorno, mentre aveva aperto bocca e stava per gracchiare, risucchiò nel suo corpo il qi sinistro che si avvelenava da più di mille anni. Subito dopo, l’anima originale del rospo fu allontanata dal corpo a reincarnarsi altrove, e il qi sinistro diventò quindi l’anima malvagia di quel rospo. Pochi anni dopo la morte del rospo, il qi dell’anima malvagia che aveva assunto la forma di un rospo si è reincarnata come essere umano. Il suo nome è Jiang Zemin. 

____________________

Note

[1] Sotto il dominio comunista in Cina, i dossier su ogni singola persona vengono conservati dalle autorità e descrivono in dettaglio attività individuali, orientamento politico, contesto familiare, viaggi all’estero e molte altre cose. Costituiscono un mezzo di sorveglianza e controllo.
[2] Robert Lawrence Kuhn, L’uomo che ha cambiato la Cina: La vita e l’eredità di Jiang Zemin (New York: Crown, 2004), pag. 31.
[3] Kuhn, L’uomo che ha cambiato la Cina, pag. 33.
[4] Kuhn, L’uomo che ha cambiato la Cina, pag. 32.
[5] Kuhn, L’uomo che ha cambiato la Cina, pag. 34.
[6] Kuhn, L’uomo che ha cambiato la Cina, pag. 366.
[7] Kuhn, L’uomo che ha cambiato la Cina, pag. 369.
[8] Kuhn, L’uomo che ha cambiato la Cina, pag. 125.
[9] Kuhn, L’uomo che ha cambiato la Cina, pag. 124.
[10] Kuhn, L’uomo che ha cambiato la Cina, pag. 490.
[11] Questo è in contrasto con le virtù cardinali della vita umana come illustrato da Confucio, vale a dire: gentilezza, giustizia, dignità, saggezza e affidabilità.
[12] Nella cultura tradizionale cinese si crede che se in qualche cosa viene instillato una sorta di ‘energia’ vitale chiamata Qi (una sorta forza vitale che anima il mondo) attraverso l’incarnazione o la possessione, è in grado di assumere forma umana.

 

Articolo in inglese: ‘Anything for Power: The Real Story of China’s Jiang Zemin – Introduction

 
Articoli correlati