Continua il prelievo forzato di organi in Cina, nuova audizione alla Camera dei Deputati

Nella discussione alla Camera emerge come il traffico e il prelievo forzato di organi in Cina siano direttamente gestiti dallo Stato

Di Marco D'Ippolito

ROMA – Il traffico di organi è stato il tema centrale di due audizioni tenutesi il 16 dicembre alla Camera dei Deputati: una focalizzata sul fenomeno del prelievo forzato di organi in Cina, mentre l’altra sul traffico di organi a livello globale.

Attualmente, come sottolineato dalla direttrice per la qualità del farmaco e la cura della salute, presso il Segretariato generale del Consiglio d’Europa, Susanne Keitel, il traffico di organi è un «fenomeno che esiste ovunque. C’è un’alta domanda di organi ovunque, e lo stesso fenomeno è presente in Paesi diversi».

Tuttavia, Carlos Iglesias, rappresentante legale dell’organizzazione non governativa Doctors Against Forced Organ Harvesting (Dafoh), ovvero Medici contro il prelievo forzato di organi, ha sottolineato durante la prima audizione della giornata che il fenomeno del traffico e del prelievo forzato di organi in Cina è persino più inquietante rispetto a quello che avviene nel resto del mondo, poiché è gestito direttamente dallo Stato e non ha unicamente una finalità economica: «Non è solo qualcosa di economico, lo scopo è quello di debellare e sradicare tutti coloro che per il loro credo, o semplicemente perché non fanno proprio il pensiero unico del Partito Comunista Cinese, sono perseguitati, queste persone sono perseguitate e si tenta di sterminarle attraverso il prelievo di organi».

L’avvocato spagnolo ha quindi chiesto ai parlamentari italiani di «proteggere il popolo italiano, informandolo affinché non si renda partecipe a sua insaputa, o chiudendo un occhio, di queste atrocità». Oltre a consigliare al Parlamento di istituire un osservatorio sugli organi indipendente in Italia e di avviare una «collaborazione internazionale per cercare di fermare queste pratiche atroci che si stanno verificando in Cina».

Al termine dell’intervento, il deputato Vito Comencini ha definito quella di Dafoh una «denuncia molto importante che avalla la necessità di adottare provvedimenti più rigorosi e più forti nel contrasto al traffico di organi illegale», aggiungendo anche che «purtroppo molti media non parlano spesso di questi aspetti che riguardano appunto il regime comunista cinese». Comencini ha infine sottolineato che il prelievo forzato di organi in Cina solleva anche la questione politica dei «rapporti nei confronti del regime comunista cinese, che dimostra anche in questo caso la sua faccia malefica e pericolosa nei confronti dell’occidente, oltre che della salute dei suoi stessi cittadini».

Anche l’Onorevole Laura Boldrini, presente all’audizione, ha dichiarato: «Spaventa veramente sapere che in Cina questa pratica sia così diffusa e venga usata in qualche modo anche con un agenda politica, e quindi trovo veramente spaventoso tutto questo».

Diversi deputati hanno inoltre chiesto ai medici di Dafoh precisazioni sul numero delle vittime del prelievo forzato di organi in Cina, che secondo le inchieste sono in gran parte prigionieri di coscienza: praticanti del Falun Gong, buddisti tibetani, uiguri, cristiani perseguitati o dissidenti politici. Tuttavia, la dott.ssa Katerina Angelakopoulou, membro di Dafoh, ha spiegato come attualmente sia impossibile determinare con esatezza il numero delle vittime del prelievo forzato di organi in Cina, per via della difficoltà nel condurre indagini indipendenti nel Paese. Ad ogni modo, la Angelakopoulou ha precisato che una recente inchiesta basata su dati raccolti negli ospedali cinesi stima che ogni anno vengono effettuati diverse decine di migliaia di trapianti non dichiarati, i cui organi non possono che provenire in larga parte dai prigionieri del regime.

Le inchieste sul prelievo forzato di organi in Cina

Le indagini della comunità internazionale sul prelievo forzato di organi in Cina sono iniziate nel 2006, a seguito delle inquietanti testimonianze dei sopravvissuti alla prigionia, dell’esponenziale crescita del settore dei trapianti cinese, delle anomale tempistiche per l’attesa degli organi in Cina e di altre informazioni provenienti dal Paese. La prima inchiesta indipendente a confermare l’esistenza di questo fenomeno è stata condotta dall’avvocato canadese dei diritti umani David Matas e dall’ex politico e avvocato canadese David Kilgour. Ai due inquirenti è stato impedito di recarsi in Cina per indagare, ma hanno nondimeno concluso basandosi su testimonianze, sui dati ufficiali, e su un’ampia varietà di dati e prove indirette, che il prelievo forzato di organi in Cina era una realtà e che le principali vittime erano con ogni probabilità i praticanti del Falun Gong: una pratica di meditazione che dal 1999 viene brutalmente perseguitata dal Partito Comunista Cinese. Nel 2007, Kilgour e Matas hanno presentato un rapporto aggiornato dal titolo ‘Bloody Harvest: Rapporto rivisto sulle accuse di prelievo di organi a praticanti del Falun Gong in Cina’, che ha attirato per la prima volta l’attenzione della stampa e della comunità internazionale su questo fenomeno.

Da allora, si sono accumulate incessantemente nuove prove, indagini e risoluzioni parlamentari che denunciano il fenomeno in tutto il mondo. Il 12 dicembre del 2013, il Parlamento europeo ha approvato all’unanimità una risoluzione che «esprime profonda preoccupazione per le continue segnalazioni provenienti da fonti affidabili circa episodi sistematici e autorizzati dallo Stato di espianto coatto di organi da prigionieri di coscienza non consenzienti nella Repubblica popolare cinese, in particolare da un gran numero di seguaci del movimento Falun Gong, imprigionati per il loro credo religioso, nonché da membri di altri gruppi religiosi ed etnici minoritari». Anche il Parlamento italiano, il Congresso americano e i principali parlamenti delle democrazie occidentali hanno emanato risoluzioni simili negli ultimi 16 anni. Tuttavia, come affermato spesso dagli addetti ai lavori, questo macabro fenomeno continua a non ricevere la giusta attenzione.

Nel 2017 il chirurgo cinese Enver Tohti, che ora vive nel Regno Unito, ha testimoniato di fronte a una commissione del Parlamento irlandese di aver effettuato personalmente un’operazione con sottrazione forzata di organi da un prigioniero ancora vivo. «Era ancora vivo – ha dichiarato Tothi – tuttavia non mi sentivo affatto in colpa. In effetti, sembravo un robot programmato per svolgere il suo lavoro. Pensavo di compiere il mio dovere nell’eliminare un ‘nemico dello Stato’».

Mentre un’inchiesta realizzata nel 2017 dall’emittente sudcoreana Tv Chosun ha mostrato il funzionamento del cosiddetto turismo dei trapianti. I giornalisti si sono introdotti in un ospedale di Tianjin, nel nordest della Cina, domandando informazioni per conto di un paziente sudcoreano malato di reni e bisognoso di trapianto. Il cameraman ha filmato di nascosto i dialoghi col personale ospedaliero, secondo cui un organo poteva essere disponibile in poche settimane (mentre in Occidente occorrono anni), e che l’attesa poteva essere persino più breve, se la famiglia avesse accettato di pagare di più.

Nel corso degli anni, gli investigatori indipendenti hanno condotto anche numerose inchieste telefoniche sul fenomeno del prelievo forzato degli organi in Cina, riuscendo a ‘strappare’ numerose confessioni involontarie da parte del personale medico degli ospedali cinesi. Come nel caso di una conversazione che si è svolta l’11 novembre 2018 tra il dottor Wang Zhiyuan – presidente della Woipfg, che fingeva di essere il parente di un malato cinese bisognoso di un trapianto di fegato – e Peng Zhihai, direttore del Centro per i trapianti di organi e vicepresidente dell’Ospedale generale di Shanghai. Durante la conversazione, Wang ha chiesto: «Ho un’altra [domanda]. Usate praticanti del Falun Gong come donatori, cioè, donatori sani, giusto?», a quel punto il direttore del Centro per i trapianti, Peng, ha risposto: «Senza dubbio sono sani. Come potrebbe essere altrimenti?!».

Infine il 17 giugno del 2019 è arrivata la sentenza di un tribunale popolare indipendente, il China Tribunal, che afferma: «Il tribunale non dispone di alcuna prova a sostegno del fatto che le grandi infrastrutture connesse al settore dei trapianti cinese siano state smantellate; e, in assenza di una spiegazione soddisfacente in merito alla fonte degli organi già pronti all’uso, conclude che il prelievo forzato di organi continui ancora oggi».

 

  • Per saperne di più guarda il premiato documentario sul prelievo forzato di organi in Cina ‘Hard To Believe’

 
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