Sacra Sindone e Beato Angelico: un connubio perfetto nell’ostensione

L’ostensione della Sacra Sindone rappresenta un evento molto atteso, con 3 milioni di visitatori previsti. Non tutti sanno però che nella cripta del Duomo di Torino è stato esposto un dipinto che aiuta a comprendere meglio la Sindone.

Il Compianto su Cristo morto è l’opera del Beato Angelico designata per questo scopo. Realizzato nel Quattrocento, il dipinto raffigura Cristo deposto tra le braccia di Maria. C’è un particolare che non passa inosservato: Gesù giace su un sottile telo, il sudario che i fedeli cristiani associano alla Sindone.

«L’idea è stata di proporre una sola opera ma di grande valore, non per una sua fruizione meramente estetica o emozionale, bensì come invito a mantenere uno sguardo contemplativo sulla passione e morte di Cristo, per riflettere anche sul senso della nostra vita e della nostra morte», ha detto Andrea Gianni, presidente dell’Associazione Sant’Anselmo che ha organizzato questa esposizione, come citato da Toscanaoggi.it.

«Il Beato Angelico ha la capacità di rendere la bellezza anche nelle circostanze più drammatiche. Una bellezza che parla al cuore dell’uomo portando con sé gli echi del vero e del bene», ha spiegato  Gianni. L’allusione alla Sindone viene fuori nel Quattrocento, periodo in cui la sua popolarità cominciava ad echeggiare anche in terre straniere.

Ma chi era Beato Angelico? Giovanni Vasari lo illustra come persona semplice nei costumi, molto umano e che prima di dipingere purificava corpo e mente attraverso la preghiera. Descritto come persona mai in collera con i frati, l’Angelico sosteneva che il pittore aveva bisogno di tranquillità e di vivere senza pensieri.

Questa fede e spiritualità emerge nel Compianto. Gesù è deposto a qualche centinaio di metri dalle mura di Gerusalemme e, come da tradizione dell’Angelico, le figure sono avvolte da un’aura luminosa, eterea. L’opera fu eseguita per una confraternita laicale, la Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio, e più precisamente per la loro chiesa vicino a una delle porte urbiche di Firenze, la Porta della Giustizia dove erano giustiziati i condannati a morte; lì i confratelli scortavano il prigioniero dal carcere mostrando delle tavolette votive per confortare il condannato: lo scopo era di invitarlo a identificare le proprie sofferenze con quelle di Cristo e a riconciliarsi con la città che l’aveva espulso.

Durante questo cammino al patibolo il condannato ascoltava la messa, sul cui altare c’era il dipinto dell’Angelico. Il Compianto invitava il condannato a riflettere sul valore sacro della sofferenza vissuta da Gesù. Nell’opera, la città fa da cornice allo strazio di Cristo, ma è tranquilla e di una bellezza quasi trascendentale (la città è Gerusalemme, ma assomiglia a Firenze). La sofferenza di Gesù sulla quale la composizione invita a riflettere è intesa come sopportazione interiore e individuale, estranea ai personaggi, che attraverso la tolleranza permette all’uomo di raggiungere la verità e la salvezza tanto cercata.

Il sudario è il corpo di Gesù cristo e può essere interpretato come l’anima che lascia un’impressione nel telo tramite un ‘processo di sublimazione’, testimonianza del passaggio dello spirito verso la salvezza. Ed ecco quindi il collegamento tra il Compianto di Beato Angelico e la Sacra Sindone: la sofferenza è sacra e permette di raggiungere la salvezza.

 
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