Studio: scoperte microplastiche tossiche in tutte le placente umane analizzate

Di Naveen Athrappully

Nella placenta umana sono state trovate delle microplastiche dannose, alcune delle quali sono note per il provocare l’asma, danneggiare il fegato, causare il cancro e compromettere la funzione riproduttiva.

Lo studio, revisionato tra pari e pubblicato sulla rivista Toxicological Sciences il 17 febbraio, ha esaminato la questione dell’inquinamento da nano e microplastiche (Nmp) negli esseri umani. I ricercatori hanno scoperto che tutti i 62 campioni di placenta analizzati contenevano microplastiche, con concentrazioni che variavano da 6,5 a 790 microgrammi per grammo di tessuto. La placenta è un organo che si sviluppa nell’utero durante la gravidanza. Fornisce ossigeno e sostanze nutritive al bambino, eliminando al contempo i prodotti di scarto dal suo sangue.

La microplastica più diffusa trovata nei campioni è il polietilene, che rappresenta il 54% di tutte le Nmp rilevate ed è stato «costantemente identificato in quasi tutti i campioni».

Il polietilene è stato associato a diverse complicazioni per la salute, come l’asma, alterazioni ormonali che influiscono sulla riproduzione e una lieve dermatite o gonfiore e irritazione della pelle.

Il cloruro di polivinile (Pvc) e il nylon rappresentano circa il 10% in peso dei Nmp. Il Pvc è stato correlato a danni al fegato e al sistema riproduttivo. La sostanza è cancerogena. E sebbene il nylon sia considerato innocuo, durante i processi di produzione il materiale viene sottoposto a trattamenti chimici che possono comportare rischi per la salute.

Il restante 26% delle microplastiche scoperte nelle 62 placente analizzate era costituito da altri nove polimeri. Matthew Campen, professore del Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’UNM, che ha guidato il gruppo che ha condotto lo studio, ha espresso preoccupazione per la presenza in costante aumento di microplastiche e per le loro potenziali implicazioni per la salute.

Mentre le plastiche in sé sono tradizionalmente considerate biologicamente inerti, le microplastiche sono così piccole da poter attraversare le membrane cellulari, secondo Campen. Il professore ha ritenuto preoccupante la concentrazione di microplastiche nella placenta, in quanto il tessuto aveva solo otto mesi di vita quando è stato analizzato. «Altri organi del corpo accumulano per periodi di tempo molto più lunghi», ha dichiarato.

Campen sostiene che l’accumulo di microplastiche nei tessuti umani potrebbe spiegare lo sconcertante aumento di alcuni problemi di salute come il cancro al colon tra le persone di età inferiore ai 50 anni, così come le malattie infiammatorie intestinali e la diminuzione del numero di spermatozoi.

«La situazione non fa che peggiorare e la traiettoria prevede un raddoppio ogni 10-15 anni», ha affermato. «Quindi, anche se la fermassimo oggi, nel 2050 ci sarà una quantità di plastica tre volte superiore a quella attuale, sullo sfondo. E non la fermeremo oggi».

Parlando del crescente volume di microplastiche nell’ambiente, il signor Campen ha affermato che «se stiamo vedendo effetti sulla placenta, allora tutta la vita dei mammiferi su questo pianeta potrebbe essere coinvolta. E questo non è un bene».

Effetti delle microplastiche

La presenza di microplastiche nelle placente è stata identificata per la prima volta nel 2020 in uno studio italiano. I ricercatori hanno analizzato sei placente e hanno identificato 12 frammenti di microplastica in quattro di esse. «Le microplastiche sono state trovate in tutte le porzioni di placenta: membrane materne, fetali e amniocoriali», si legge.

«Le microplastiche portano con sé sostanze che, agendo come interferenti endocrini, potrebbero causare effetti a lungo termine sulla salute umana».

Nel 2022, per la prima volta, sono state scoperte microplastiche nei polmoni di un essere umano vivente. Su 13 campioni di polmoni, 11 presentavano la presenza di 39 microplastiche. I ricercatori hanno identificato 12 tipi di microplastiche comunemente presenti in bottiglie, imballaggi, indumenti e corde.

Uno studio pubblicato di recente ha rilevato la presenza di microplastiche nella maggior parte degli alimenti proteici come pollo, suino, frutti di mare, manzo e alternative di carne a base vegetale. Gli alimenti campionati nello studio comprendevano prodotti lavorati, non lavorati e minimamente lavorati.

Circa la metà delle microplastiche identificate erano fibre, il che, secondo i ricercatori, è coerente con altri studi. Quasi un terzo delle microplastiche era costituito da frammenti di plastica.

Uno studio del 2023 sui topi ha rilevato che l’esposizione alle microplastiche per tre settimane ha provocato «cambiamenti comportamentali e alterazioni dei marcatori immunitari nei tessuti del fegato e del cervello. Inoltre, abbiamo notato che questi cambiamenti variavano a seconda dell’età, indicando un possibile effetto dipendente dall’età».

Un altro studio condotto sui topi ha rilevato che le particelle di dimensioni nanometriche hanno raggiunto il cervello degli animali solo due ore dopo l’esposizione. Un terzo studio ha rilevato che le particelle di microplastica e nanoplastica inalate possono «alterare l’attività infiammatoria, cardiovascolare ed endocrina».

Le microplastiche sono state trovate anche nel latte materno. I ricercatori dello studio hanno definito la scoperta una «grande preoccupazione», dato che le nanoparticelle sono state scoperte anche nella placenta umana.

«Infatti, le sostanze chimiche eventualmente contenute in alimenti, bevande e prodotti per la cura personale consumati dalle madri che allattano al seno possono essere trasferite alla prole, esercitando potenzialmente un effetto tossico», hanno scritto.

«Pertanto, è obbligatorio aumentare gli sforzi della ricerca scientifica per approfondire la conoscenza dei potenziali danni alla salute causati dall’internalizzazione e dall’accumulo di Mp (microplastiche), soprattutto nei neonati, e per valutare modi innovativi e utili per ridurre l’esposizione a questi contaminanti durante la gravidanza e l’allattamento».

Dagli anni cinquanta, l’uso della plastica a livello globale è cresciuto in modo esponenziale, portando alla generazione di una tonnellata metrica di rifiuti plastici per ogni individuo nel mondo. Circa un terzo della plastica prodotta è ancora in uso, mentre la maggior parte della restante viene scartata o mandata in discarica dove inizia a decomporsi.

Il signor Campen ha sottolineato che molte plastiche hanno un lungo tempo di dimezzamento, che si riferisce al tempo necessario a metà di un campione per degradarsi.

«Quindi, il periodo di dimezzamento di alcune cose è di 300 anni e quello di altre è di 50 anni, ma da qui a 300 anni una parte di quella plastica si degrada. Le microplastiche che vediamo nell’ambiente hanno probabilmente 40 o 50 anni», afferma.

 

Articolo in lingua inglese: Scientists Discover Toxic Microplastics in Every Human Placenta Tested in Study

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