Il premier giapponese chiederà scusa per le violenze in Asia. E l’America?

I caratteri per ‘scuse’ e ‘aggressione’ vengono tracciati dal primo ministro giapponese, Shinzo Abe, mentre prepara il suo discorso sul 70esimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale.

Da quando la bomba atomica ha zittito con un tonfo mortale le aspirazioni espansionistiche del Giappone, l’ex impero del Sol Levante ha appeso al chiodo l’abito militare, indossando quello pacifista e ambientalista. Il Giappone è diventato forse la potenza asiatica dai toni più moderati e dallo spirito più pacifico. Ma il ricordo dell’imperialismo giapponese che fu, scatena odio e rabbia in molte persone in Asia.

Le scuse del Giappone per le aggressioni nel continente, che hanno compreso vari tipi di maltrattamenti, numerose uccisioni e grave sfruttamento delle popolazioni locali, potrebbero avere un effetto importante soprattutto sulla popolazione cinese, che da tempo nutre sentimenti di astio verso i Giapponesi. Sentimenti sfruttati spesso, tra l’altro, dal regime cinese per distogliere l’attenzione da altre faccende politiche. Questo astio si riversa anche nelle dispute territoriali tra Cina, Taiwan e Giappone relative alle isole Senkaku, isolotti disabitati e ricchi di risorse.

Per il Giappone, mettere da parte l’orgoglio e porgere delle scuse complete, potrebbe portare a una pacificazione, di fatto facendo cadere con il tempo i risentimenti dei concorrenti asiatici e aiutando a risolvere anche queste questioni militari: Xi Jinping, il premier cinese, non è probabilmente un guerrafondaio e la forza con cui ha sostenuto le dispute territoriali è più dovuta a una questione di orgoglio nazionale e di immagine che ad altro.

Parlando di scuse, ciò che stride è invece l’assenza di scuse da parte dell’America riguardo le due bombe atomiche con cui ha colpito Hiroshima e Nagasaki nel 1945.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti – e, come lor prolungamento, l’Europa – si sono di fatto erti a paladini della giustizia: in sostanza è l’America che decide, a livello internazionale, quello che è giusto. Questo in parte perché ha vinto la guerra e di conseguenza i suoi valori di democrazia e libertà, sono diventati quelli dominanti nel mondo. Mentre i vari regimi nazisti, fascisti e comunisti, sono caduti nel corso del secondo dopoguerra, e tutt’ora (quelli rimasti) tendono a cadere.

Sebbene non manchino le critiche ai valori statunitensi (il filosofo Platone – 2300 anni fa – argomentò validamente la sua critica alla democrazia, e non si può negare che l’eccesso di libertà sia portatore di varie problematiche), l’America tende a rappresentare la giustizia anche perché non c’è alternativa.

Chi altri potrebbe rappresentare la giustizia? America ed Europa hanno gli stessi valori, e tra loro l’America è la più forte. Poi c’è la Cina, ma come disse efficacemente lo scrittore Greg Autry in un’intervista a Epoch Times Usa parlando del programma spaziale cinese, «Molti occidentali coinvolti nella ricerca spaziale immaginano un futuro aperto e pacifico per tutta l’umanità nello spazio, guidato da persone coraggiose e sagge, alla Star Trek. Chi al mondo vorrebbe davvero veder rappresentata la cultura umana nell’universo da un regime totalitario e brutale?».

«Dovremmo dare il benevenuto alla Cina nello spazio nel momento in cui avesse un governo civile degno di rappresentare degli esseri umani. E adesso non ce l’ha».

Essendo di fatto l’unico Paese a essere visto, da numerosi altre nazioni, come ‘la Giustizia’, l’America tende ovviamente a sentirsi sempre nel giusto.

Il bombardamento del Giappone durante la seconda guerra mondiale, visto da una prospettiva, ha certo messo fine a un conflitto che avrebbe potuto rivelarsi molto più lungo e grave. Ma, visto da un’altra prospettiva, è stato un massacro di persone innocenti.

Erano altri tempi, per certi versi, questo è vero. Ma se il Giappone si vuole scusare, ancora di più deve scusarsi l’America, mostrando che la vera forza di un Paese è data, oltre che dalle armi e dai soldi, dall’umiltà e dalla capacità di sostenere i propri valori con le azioni. E di chiedere scusa ai propri alleati.

I punti di vista espressi in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non rispecchiano necessariamente il punto di vista di Epoch Times.

 

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