Anonimo Panama Paper allo scoperto: i reati sono ben più gravi

Lo scandalo dei Panama Paper è scoppiato ad aprile quando la Testata tedesca Süddeutsche Zeitung, con la collaborazione del Consorzio internazionale dei Giornalisti investigativi e altri organi di informazione, ha condiviso 11,5 milioni di documenti provenienti dallo studio legale panamense Mossack Fonseca, con esiti imbarazzanti: dodici leader mondiali e 140 altri politici sono infatti apparsi nei documenti in relazione a società offshore con sede in 21 paradisi fiscali. Tra i tanti nomi, spiccano Vladimir Putin, il presidente argentino Mauricio Macri, la stella del calcio Lionel Messi e il primo ministro islandese Sigurður Ingi Jóhannsson.

Per la prima volta da quando è scoppiato lo scandalo Panama Paper, l’informatore del caso ha inviato un ‘manifesto’ al giornale tedesco Süddeutsche Zeitung, la stessa Testata cui ad aprile aveva inviato i documenti trapelati.
Il manifesto in questione, che prende il nome dal suo autore ‘John Doe‘ [esepressione inglese che indica l’Anonimo, ndt], spiega le ragioni per cui siano stati rilasciati questi documenti.

Secondo l’autore, i Panama Paper forniscono una risposta convincente al motivo per cui persistono disuguaglianze di reddito: «É uno dei temi che definiscono il nostro tempo. Colpisce tutti noi, in tutto il mondo», ha spiegato l’Anonimo, chiarendo che la fuga di dati mostra «forte e dilagante corruzione». ‘John Doe’ ha poi aggiunto che le società di comodo «vengono utilizzate per effettuare una vasta gamma di gravi reati, che vanno oltre evasione fiscale».

«Fondatori, dipendenti e clienti [di Mossack Fonseca, ndr] sono tenuti a rispondere della loro complicità in questi crimini»: per questo motivo ‘John Doe’ ha divulgato i Panama Papers. A ogni modo «ci vorranno anni, o forse decenni, prima che sia nota la piena portata degli atti meschini di questa società», dal momento che solo alcuni reati sono stati smascherati. L’Anonimo ritiene infatti che fondatori e collaboratori di Mossack Fonseca, sebbene dichiarino il contrario, abbiano consapevolmente e ripetutamente violato una miriade di leggi internazionali.
Nel manifesto, chiarisce brevemente la sua posizione: «Per la cronaca, non lavoro per nessuna agenzia governativa o d’intelligence, nè direttamente né indirettamente, e non voglio farlo. Il mio punto di vista è del tutto personale».

La fonte dei Panama Paper aggiunge di aver offerto i documenti anche a «diversi dei media principali», non solo al giornale tedesco: i redattori hanno analizzato i dati, ma alla fine «hanno scelto di non parlarne» (ma non spiega quali fossero questi media). L’articolo rivela anche i vani tentativi di contatto con Wikileaks: «Non ha ripetutamente risposto alla sua linea telefonica dedicata – spiega – I media in generale hanno fallito nel loro compito».

Il Consorzio internazionale dei Giornalisti investigativi, si è «giustamente» rifiutato di aiutare governi e forze dell’ordine che hanno chiesto l’accesso ai file, mentre lui sarebbe «disposto a collaborare con i tutori della legge» per quanto possibile.

IL DURO TRATTAMENTO VERSO GLI INFORMATORI 

La fonte ha criticato i governi, in particolare per il loro duro approccio nei confronti degli informatori: «Ho visto come informatori e attivisti negli Stati Uniti e in Europa, uno dopo l’altro, abbiano sofferto la distruzione delle loro vite dopo aver fatto luce su un evidente illecito».
John Doe ha portato l’esempio di Edward Snowden, informatore dell’Agenzia per la Sicurezza nazionale americana (Nsa), che è stato accusato di spionaggio dall’amministrazione Obama: «Per le sue rivelazioni sulla Nsa, meriterebbe un benvenuto da eroe e un premio considerevole, non l’esilio».

APPELLO ALLE ISTITUZIONI

Nel manifesto, si legge la richiesta alle più alte istituzioni nazionali di tutelare gli informatori: «mi appello alla Commissione europea, al Parlamento britannico, al Congresso degli Stati Uniti e a tutte le nazioni affinché prendano rapidi provvedimenti, non solo per proteggere gli informatori, ma anche per porre fine all’abuso globale dei registri aziendali».
L’informatore ha anche inviato un messaggio diretto al Congresso Usa: «Gli Stati Uniti possono chiaramente non fidarsi più dei suoi cinquanta Stati in materia di decisioni riguardanti dati aziendali. Per il Congresso è giunto il momento di intervenire e imporre trasparenza, fissando degli standard per la divulgazione e il pubblico accesso».

Nel frattempo, il 5 maggio l’amministrazione Obama ha annunciato una serie di regolamenti finanziari che obbligherebbero le società a rivelare ulteriori informazioni sui proprietari; un tentativo per reprimere riciclaggio ed evasione fiscale.

Infine, l’Anonimo conclude con una nota positiva: «Viviamo in un’era di archiviazione digitale dai costi irrisori e senza limiti, e di veloci connessioni a internet che annullano i confini nazionali. Non ci vuole molto a collegare i puntini dal principio alla fine;  questo costituirà l’inizio di una distribuzione globale dei media: la prossima rivoluzione sarà digitalizzata».

«O forse è già iniziata».

 

Per saperne di più:

 

Articolo in inglese: ‘Panama Papers Whistleblower Speaks Out for First Time, Sends Message to US Congress

 
Articoli correlati