Mostra ‘Firenze in Guerra 1940-1944’, come l’arte sopravvive in tempo di guerra

La mostra ‘Firenze in Guerra 1940-1944’, è tornata al Palazzo dei Medici Riccardi, nel capoluogo toscano.

La mostra permette di scoprire non solo uno speciale período della storia dei fiorentini ma anche la grande cura dell’arte e della cultura della sua popolazione, emersa nei momenti tra i più difficili.

Storici e architetti hanno lavorato assieme per unire il concetto di tempo e spazio tra il pubblico presente e i personaggi del passato, esposti nella dimensione fisica reale, mescolandosi per condividere la sua segreta esperienza, le sue paure, miseria, fame, dolore e il disagio vissuto durante il fascismo e la seconda guerra mondiale.

Tutto è iniziato con la tragica data del 10 giugno 1940, giorno della dichiarazione di guerra d’Italia contro Francia e Inghilterra. La vita di Firenze cambia, e comincia così l’avventura per proteggere non solo vite umane ma anche i capolavori custoditi gelosamente.

«Il tema di Firenze come città d’arte è stato uno degli aspetti centrali dell’esperienza della città in guerra, dal 1940 al 1944, al momento della liberazione», ha detto in una intervista a Epoch Timesla scrittrice e storica dell’Università della Tuscia (Viterbo) Valeria Galimi, membro del Dipartimento di Storia e Civiltà dell’Istituto Universitario Europeo.

La storica spiega che «con lo scoppio del conflitto la protezione dell’inestimabile patrimonio artistico fiorentino diviene una delle priorità più rilevanti. ll soprintendente Giovanni Poggi e altri funzionari predispongono un complesso sistema di protezioni antiaeree sia dei monumenti che delle opere d’arte custodite nei musei, che verrà via via rafforzato».

«Con l’occupazione nazista – specie nella primavera/estate del 1944 – l’impegno più urgente diventerà quello di impedire prelievi forzosi da parte dei tedeschi. Infine va ricordato che al momento della ritirata dei tedeschi vi fu la decisione di far saltare tutti i ponti storici di Firenze (notte fra 3 e 4 agosto 1944) per salvare solo Ponte Vecchio (per volere di Hitler)», ha ricordato la storica.

Questa attività è stata documentata all’interno della mostra da Valeria Galimi e Francesca Cavarocchi, grazie a documenti d’archivio e fotografie tratte dagli archivi del Gabinetto degli Uffizi e dell’archivio della Sovrintendenza.

La mostra ha rivelato che la guerra era molto più che una semplice data nella storia. Non solo i bombardamenti, l’invasione tedesca e la liberazione. È stato un confronto diretto tra fratelli della stessa Terra. Ha mostrato la paura alle spie ai cecchini; ha fatto nascere dilemmi etici e provare la sofferenza dell’abbandono e della fame.

LA MOSTRA

L’allestimento della mostra è stato curato da un team di architetti dell’Università di Firenze: i accademici Giacomo Francesco Pirazzoli e Francesco Collotti, Cristiano Balestri e Natalia Bertucelli.

«La mostra presenta un linguaggio innovativo, sia per quanto riguarda l’allestimento sia per la parte multimediale. L’allestimento ha messo al centro la città con un “muro” che percorre quattro sale e che è ricoperto di foto di Firenze disposte in ordine cronologico dagli anni 30 alla liberazione, per mostrare come la guerra interviene nella città (Firenze fascista, bombardamenti, file per il cibo, ecc.)», racconta Valeria Galimi.

Nell’ingressvi sono oggetti caratteristici del periodo relativo agli anni trenta, per mostrare com’era l’ideologia militarista, inerente nel fascismo di Mussolini: quaderni scolastici, giornali, materiale pubblicitario illustrano questo periodo di tempo.

Un quaderno scolastico ha richiamato l’attenzione del pubblico: “Problema. I nostri soldati hanno abbattuto otto aerei britannici e 2 greci. Quanti aerei hanno abbattuto?

Gli architetti Collotti e Pirazzoli hanno sottolineato «che il tema generale è tuttora indefinito, dato che nell’Italia di oggi non esiste una posizione univoca rispetto all’eredità del Fascismo – se non in un passo sempre meno praticato della Costituzione. Per cui, a differenza che in Germania, ove con mostre, musei ed eventi si continua a spiegare l’orrore del Nazismo, in Italia ogni tanto un bischero può far suonare di nuovo il disco (rotto) del Fascismo buono ecc». 

Tra le centinaia di immagini, si mostra la sistematica protezione dellopere d’arte da una parte, e la distruzione dei ponti sul fiume Arno, da l’altra. Ci sono i fiorentini che camminano su blocchi di cemento caduti in acqua, bombardamenti, la visita di Hitler e quella di Mussolini; infine la liberazione.

Nel percorso multimediale con filmati dell’epoca, le interviste di testimoni accompagnano la mostra. «Un percorso relativo alle emozioni della guerra (paura, rabbia, speranza, tristezza) attraverso la lettura di brani di diari e lettere. E infine la mostra ha incluso il progetto “Memorysharing” che ha chiamato a raccolta i cittadini a portare loro ricordi, foto, diari, lettere, altri materiali, memorie, ecc. Si tratta di un progetto che ha avuto un grande successo» ha detto Valeria Galimi.

COME PROTEGGERE L’ARTE IN TEMPO DI GUERRA?

Prima del 1940, l’Italia aveva già alle spalle l’esperienza della prima guerra mondiale, così dopo la dichiarazione di guerra il 10 giugno, le autorità fiorentine«hanno proceduto a garantire la sicurezza delle grandi opere», ha detto a Epoch Times Claudio Paolini, storicodel Servizio editoria della Soprintendenza.

Nei suoi numerosi musei Firenze ospita famose opere di Donatello, Michelangelo, Da Vinci per il periodo d’oro del Rinascimento. Oltre agli Uffizzi a Palazzo Vecchio e a Palazzo Pitti, il Museo del Bargello, oggi Museo Nazionale, comprende le più importanti sculture mondiale dei secoli XV e XVI.

In un articolo pubblicato nel 1986 Paolini descrive che dopo la dichiarazione di guerra, «in questa prima fase l’obiettivo della Direzione Generale delle Arti non fu quello di proteggere il patrimonio da eventuali bombardamenti (contro i quali ben poco si poteva fare, fatti salvi gli eventuali interventi di trasferimento in luoghi isolati delle opere mobili), ma dalle schegge dei proiettili della contraerea, così come dalle vibrazioni che, ad esempio, nel caso di affreschi e pitture murali, potevano portare a distacchi degli intonaci rispetto alla struttura muraria».

Oltre a questo, ha detto, c’era alle spalle «l’importantissima esperienza maturata in occasione della Prima Guerra Mondiale, nella quale le attività di protezione erano state predisposte con notevole efficacia dall’Ufficio Speciale del Ministero della Marina, come ben documentato dal volume di Ugo Ojetti, I monumenti italiani e la guerra‘» .

«Si provvide quindi negli spazi aperti a ingabbiare con incastellature di legname le emergenze, in particolare le statue -quelli che sono oggi visitate dai turisti di tutto il mondo. circondandole di sacchetti di sabbia e coprendole con tettoie di Eternit, secondo modalità già studiate e stabilite negli anni precedenti». 

Anche gli affreschi nelle chiese e altri edifici sono stati ricoperti con mattoni: la Biblioteca Laurenziana Medici, Orsanmichele, Santa Croce, Santa Maria Novella, Santa Maria del Fiore, Santo Spirito e San Salvatore al Monte.

«Il 16 giugno si era già a lavorare per la protezione delle cantorie di Donatello in San Lorenzo mentre il mese successivo si operava al convento di San Marco e alla basilica della Santissima Annunziata, avendo sempre come obiettivo la protezione degli affreschi. Parallelamente si iniziò a proteggere le statue di piazza della Signoria, sempre con il sistema dei gabbiotti in Eternit», ha scritto Paolini.

Il 28 ottobre 1940 Adolf Hitler visitava Firenze per la seconda volta. Nel suo racconto lo storico fa notare che a quel tempo «la città mostrava un nuovo e inedito (quanto triste) volto», con torrette, casotti e gabbiotti di forme diverse, con le lastre di Eternit e di Eraclit.

I bombardamenti delle forze americane si sono verificati nel 1943. Le vittime civili furono 218. «Al di là dell’impegno profuso dagli Uffici di tutela la città era oramai in balìa degli eventi», ha detto Paoletti.

All’esposizione i visitatori hanno sottolineato il valore storico della mostra, come una realtà poco conosciuta.

La prima mostrFirenze in Guerra 1940-1944si è tenuta dal 24 ottobre al 6 gennaio 2015; la seconda è stata aperta il 24 aprile e chiuderà il 28 giugno.

 
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