Il microbioma intestinale può essere fondamentale nel trattamento della malattia di Lyme

Di Vance Footberg

Negli ultimi 20 anni i casi di malattia di Lyme sono triplicati. La malattia, causata da batteri presenti in alcune zecche, lascia gli individui con un’ampia varietà di sintomi cronici estenuanti, se non trattata immediatamente.

La natura gravosa e sconcertante della malattia di Lyme ha costretto i medici a riflettere fuori dagli schemi, portando a grandi passi avanti nell’aiutare le persone a superarla. Secondo i maggiori esperti, coltivare un microbioma intestinale fiorente è fondamentale per il trattamento della malattia di Lyme.

La connessione del microbioma

È noto che la malattia di Lyme è trasmessa da vettori, il che significa che viene trasmessa da artropodi che si nutrono di sangue come zanzare e pidocchi. Tuttavia, la salute generale della persona che la contrae dipende dall’equilibrio microbico intestinale, secondo quanto ha spiegato a Epoch Times la dottoressa Julia Greenspan, un medico naturopata con un dottorato in medicina naturopatica specializzata nella malattia di Lyme.

Il microbioma è una complessa comunità di microbi che vivono naturalmente sul nostro corpo o al suo interno; tra questi ci sono batteri, funghi, virus e altri organismi. Ebbene, «se il microbioma viene compromesso fin dall’inizio, i sintomi saranno più intensi e la capacità di trattare i pazienti con farmaci per via orale più difficile».

Storicamente, la malattia cronica di Lyme è stata trattata con un’ampia gamma di antibiotici. E sebbene siano efficaci nel trattamento dei casi ad esordio precoce, è stato anche documentato che possono agire contro i meccanismi di guarigione naturali del corpo causando uno squilibrio microbico.

Rika Keck, specialista in nutrizione diagnostica funzionale, conosce molto bene la natura a doppio taglio degli antibiotici. Ci racconta che suo marito, a cui è stata diagnosticata la malattia di Lyme nel 2007, inizialmente ha avuto successo con gli antibiotici. Ha ricevuto una prescrizione di doxiciclina per 21 giorni che «gli ha fatto molto male», ma sembrava riprendersi dall’infezione.

Cinque anni dopo Keck ha trovato una zecca sulla sua vita ed è risultato positivo alla malattia di Lyme e ad un’altra infezione chiamata Babesia divergens. «Dopo settimane di antibiotici, ha sviluppato gravi disturbi gastrointestinali, che sono durati tre anni».

Il marito è ora allergico a determinati alimenti, ha problemi digestivi e sintomi della malattia di Hashimoto, una condizione autoimmune stimolata dalla sua prima incidenza della malattia di Lyme.

La dottoressa spiega: «Grazie alla testimonianza del percorso di mio marito verso la malattia di Lyme mi sono molto più coinvolta negli interventi olistici per le infezioni trasmesse dalle zecche».

Ripristino del microbioma

La ricerca emergente sta ottenendo una maggiore comprensione di come la malattia influisce sui microbiomi dei pazienti affetti dalla malattia di Lyme.

In uno studio del 2020 pubblicato dall’American Society for Microbiology, i ricercatori hanno scoperto che i pazienti con malattia di Lyme cronica hanno un’impronta batterica distinta, il che consente una classificazione accurata di oltre l’80% dei casi analizzati. Lo studio rileva che ciò include un aumento dei batteri Blautia e una diminuzione dei Bacteroides. «Il panorama immunologico del paziente gioca un ruolo importante nello sviluppo della [malattia di Lyme cronica, ndr]».

Facendo notare che fino all’80% della funzione immunitaria deriva dal microbioma intestinale, il dottor Darin Ingels, un medico naturopata specializzato nel trattamento di pazienti affetti dalla malattia di Lyme, ha affermato che «prendere di mira gli organismi con antimicrobici è solo una parte del trattamento complessivo». La malattia spesso colpisce il microbioma, poiché l’infezione può ostacolare il normale microbioma. Il dottor Ingels ha affermato che il trattamento della malattia di Lyme, soprattutto con antibiotici, aggrava ulteriormente la disbiosi nel tratto intestinale.

Per ripristinare un sano equilibrio dei microbi intestinali è necessario seguire una dieta pulita, eliminare gli alimenti processati che compromettono la salute del microbiota e sostituirli con alimenti ricchi di nutrienti e ricchi di fibre per aiutare a sostenere la normale crescita dei batteri dell’intestino crasso: «I cambiamenti nella dieta sono spesso i più difficili da apportare, ma la maggior parte dei pazienti riferisce un miglioramento della funzione cognitiva, dei livelli di energia, meno dolore nel corpo, una riduzione della congestione dei seni e una migliore digestione», afferma Greenspan.

Il dottor Ingels, il medico naturopata, ha affermato che mangiare cibi fermentati può anche aiutare a migliorare la salute dell’intestino, poiché sono una fonte naturale di probiotici: «Aggiungo spesso probiotici per aiutare a ristabilire un microbioma sano, e butirrato, che è un nutriente essenziale che aiuta a facilitare la crescita batterica».

È importante sapere però che non tutti i probiotici sono uguali: «La scelta di ceppi stabili e ben studiati è importante, poiché molti probiotici da banco sono morti e non forniscono alcun beneficio».

Anche gestire lo stress è importante, dato che lo stress può danneggiare il microbioma intestinale.

Il dottor Ingels utilizza anche varie erbe, come l’artiglio di gatto, l’Artemisia, il poligono del Giappone, la Cryptolepis, l’Houttuynia e la Coptis, per curare molti dei suoi pazienti. «Sono clinicamente efficaci e non hanno gli stessi effetti dannosi che gli antibiotici hanno potenzialmente sul danneggiamento della normale flora intestinale o dei mitocondri».

Anche il movimento quotidiano è un fattore integrante nei protocolli di entrambi i medici, dato che è stato dimostrato che l’esercizio migliora la salute del microbioma intestinale. In uno studio che ha indagato gli effetti dell’allenamento di resistenza in pazienti con malattia cronica di Lyme, i ricercatori hanno scoperto che gli esercizi di resistenza tre volte alla settimana per quattro settimane hanno migliorato significativamente le condizioni dei pazienti.

Trattare la persona, non la malattia

Greenspan spiega che il trattamento della malattia cronica di Lyme può richiedere molto più tempo di quanto ci si aspetti. «Troppo spesso i medici abbandonano il trattamento perché il paziente non si riprende abbastanza velocemente». Le parole «curare» o «sradicare» potrebbero inquadrare il pensiero di alcuni medici.

Tuttavia, è necessario un approccio diverso per superare i sintomi della malattia cronica di Lyme: «È una specialità medica molto specifica comprendere le sfumature del trattamento di questa complessa malattia cronica». Per ottenere i migliori risultati, spiega il medico, il processo di guarigione richiede l’l’utilizzo sinergico dei farmaci e la preparazione del paziente al successo con aspettative adeguate e forte incoraggiamento.

Piuttosto che un approccio centrato sulla malattia, il dott. Greenspan sostiene che sia fondamentale adattare il piano di trattamento alle esigenze specifiche di ciascun paziente, dato che la malattia si manifesta in modo diverso per ciascun paziente: «Per la maggior parte non è una linea retta, ma un percorso tortuoso con oscillazioni del pendolo che vanno avanti e indietro, poi il corpo alla fine inizia ad avere giorni più buoni. Dico ai pazienti che sapranno di stare meglio quando inizieranno a dimenticare di essere malati».

 

Articolo in inglese: Gut Microbiome May Be Key in Treating Lyme Disease

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