Gender o non gender, il referendum sulla Scuola ha superato le 500mila firme

Aggiornamento, 30 settembre: il referendum, dopo il controllo interno delle firme, non ha raggiunto le 500 mila firme valide. La stima del totale delle firme superava i 500 mila, ma vi sono state varie firme giudicate non valide.

Nell’ultimo giorno della raccolta firme (25 settembre) per istituire il referendum contro l’intera riforma scolastica, è tempo di tirar somme: le firme raccolte hanno superato le 500 mila necessarie. Non resta che attendere la verifica della Cassazione sulla loro validità. Se tutto è in regola, si terrà il referendum vero e proprio.

Il referendum, promosso dal Comitato Leadership alla Scuola ha ricevuto, a livello locale, il sostegno della chiesa cattolica, di quella evangelica e di politici, attivisti e sindacati che hanno aiutato a raccogliere le firme. I soldi necessari sono stati messi da queste singole persone o gruppi di persone, spiegano dal Comitato.

Le ragioni degli insegnanti per richiedere l’abrogazione della riforma sono molteplici: dai poteri ritenuti eccessivi concessi al preside, all’albo territoriale per le assunzioni dei docenti, ma soprattutto una certa parte del consenso ottenuto è dovuto all’idea che la riforma dia spazio alla cosidetta ‘teoria gender’ nelle scuole.

La teoria gender esiste o non esiste? Sul fatto che esista a livello scientifico ci sono dubbi, ma sicuramente esiste a livello sociale: l’idea che il proprio orientamento sessuale venga deciso dalla persona indipendentemente dalle sue condizioni biologiche è innegabilmente sostenuta da un certo gruppo di persone oggi.

È noto che questo modo di pensare trova l’opposizione dei gruppi religiosi e in generale di chi ha un modo di pensare più tradizionale. E l’opposizione aumenta se si dice che questa ideologia verrà impartita ai bambini nelle scuole. Ma è veramente scritto così nella riforma della Buona Scuola?

No, non è scritto a chiare lettere. Vi è tuttavia scritto che le scuole di ogni ordine e grado dovranno educare i bambini a non discriminare le persone in base al loro genere. Il comitato promotore del referendum tuttavia fa notare che una delle leggi associate alla Buona Scuola è considerata un’attuazione della Convenzione di Istanbul, una convenzione contro la violenza sulle donne, nella quale si richiede agli Stati firmatari (tra cui l’Italia) di formare insegnanti e quindi studenti promuovendo «i cambiamenti nei comportamenti socio-culturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata […] su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini».

In soldoni la visione tradizionale della famiglia, in cui la mamma prepara la merenda ai bambini o lava i vestiti non viene considerata come legittima, ma come un modello stereotipato. Anche su questo gli ambienti progressisti e quelli conservatori si scontrano.

L’eliminazione fino a questo punto delle differenze fra uomo e donna (così come tra bambini e bambine) è ritenuta legata ideologicamente alla teoria di genere, che uniformando i sessi porterebbe naturalmente all’idea di poter scegliere liberamente il proprio ‘genere’.

Il ministro dell’Is settembre il ministero delle Pari Opportunità hanno assicurato che la Buona Scuola non porterà la teoria gender nelle scuole.

Comunque, anche senza questa riforma, in alcune scuole e asili si sono tenute varie sperimentazioni di questo tipo, con favole che mostrano personaggi che assumono ruoli tipici dell’altro sesso, come il bambino che in realtà vuol essere una principessa (racconto intitolato Nei panni di Zaff) e che alla fine riceve il titolo di ‘principessa col pisello’.

I pareri sull’efficacia di questi metodi di insegnamento sono discordanti. Per alcuni è importante eliminare le differenze in nome dell’uguaglianza e della libertà di scelta. Per altri è importante mantenere dei valori stabili e condivisi.

Tra questi ultimi lo psichiatra Alessandro Merluzzi, che in un’intervista ad IntelligoNews afferma: «La cultura dell’indistinto per i bambini e gli adolescenti, rapportata dunque all’età dello sviluppo, produce un senso di sofferenza estrema. I bambini hanno bisogno di un attaccamento a basi sicure!»

«Ma a sua volta questo necessita di distinzioni: chi è la mia mamma, chi mio papà, qual è il mio Paese, quali sono i miei valori, la mia cultura. Cos’è il bene e cos’è il male! Se invece io mi limito a dire a un bambino di esprimersi, do un’impressione del tutto uguale che alla fine produrrà un senso di totale disperazione».

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