Fine di un blogger pro-PCC

Non molto tempo fa Zhou Xiaoping sembrava una sorta di ‘profeta’, portavoce di una nuova ondata di nazionalismo pseudo-Maoista sostenuta dallo stesso leader del Partito Xi Jinping.

Ad ottobre del 2014, durante un forum dedicato all’arte e alla letteratura, Xi aveva lodato Zhou e un altro giovane blogger per i loro scritti che «portano energia positiva» (ovvero che glorificano il Partito). Zhou aveva anche scattato un selfie con Xi sullo sfondo, intento a parlare con altri ospiti, diventando presto molto benvoluto dai media statali cinesi.

Ma gli eventi recenti dimostrano quanto rapidamente un ‘mito’ possa decadere, in Cina. Il 28 maggio Zhou ha pubblicato un messaggio sul suo blog, senza più quello spavaldo nazionalismo, ma con la lamentosa denuncia verso i siti di video streaming cinesi – tra i quali Tencent, Youku e Tudou – che stanno rifiutando i suoi nuovi video, e anche eliminando il suo vecchio contenuto. E questo non è che il più recente episodio in cui la propaganda a favore del regime viene punita dal regime stesso. Questi casi, secondo gli esperti, segnalano la lotta in corso per il controllo sulla propaganda nel Partito; il gruppo al comando di Xi Jinping sta respingendo i tentativi dei suoi avversari di minare la propria posizione. E il mezzo con cui essi tentano di minarla sono proprio le adulazioni esagerate.

UN CASO EMBLEMATICO

Quello di Zhou Xiaoping è un caso emblematico. Prima del suo incontro con Xi Jinping, aveva attirato un moderato interesse per aver profuso lodi al Partito Comunista e per aver espresso fortissime critiche contro gli Stati Uniti. In uno dei suoi articoli più noti, Zhou ha parlato del suo ‘risveglio’: del momento, cioè, in cui ha compreso che «nessun altro Paese viene tanto ingiustamente offeso» quanto la Cina; inoltre secondo lui i cittadini cinesi sarebbero stati «ingannati» e portati a credere che i funzionari di Partito siano degli «idioti». In ‘Nove colpi da knockout nella guerra fredda americana contro la Cina’, Zhou ha sostenuto che gli Stati Uniti si impegnano in una «guerra dell’oppio sul web» contro la Cina, e ha accusato l’America di «promuovere il razzismo» come faceva «Hitler contro gli ebrei». Zhou ha oltre mezzo milione di fan su Sina Weibo, un popolare social media cinese.

Il motivo della recente inversione di tendenza potrebbe essere che la leadership ritiene che altri elementi del Partito – in particolare, quelli nel settore della propaganda, gestito da Liu Yunshan, alleato del principale rivale politico di Xi Jinping – si stiano spingendo apposta troppo oltre, con le adulazioni.

Xu Kexin, un ex professore universitario e analista indipendente in Cina, ha dichiarato all’edizione in lingua cinese di Voice of America che l’incontro di Zhou Xiaoping con il leader Xi Jinping rientrava negli accordi sottobanco dell’ala ‘di sinistra’ delle alte sfere del Partito: «L’eccessiva adulazione di Zhou Xiaoping è una specie di ‘gaojihei’ online, e le autorità non intendono lasciare che questa pagliacciata di servilismo vada agli estremi».
Il termine ‘gaojihei’, come spiegano gli analisti politici cinesi, si riferisce a un tipo di sofisticato attacco machiavellico, in cui il cospiratore lusinga eccessivamente una certa persona allo scopo di screditarla. Manipolando la propaganda per costruire un’immagine di Xi Jinping in stile Mao, i nemici di Xi potrebbero poi accusarlo di tentare di crearsi un culto della personalità: un’accusa grave.

Nel mese di maggio, in prossimità al 50esimo anniversario della Rivoluzione Culturale, un’organizzazione ricreativa collegata al dipartimento della Propaganda ha tenuto un vero e proprio concerto a tema sulla Rivoluzione Culturale presso la Grande Sala del Popolo di Pechino. Una giovane cantante della troupe ha intonato una ‘canzone rossa’ dopo l’altra, tra cui Sul campo della speranza, brano del Partito reso popolare da Peng Liyuan, la cantante folk moglie di Xi. E alle immagini di Xi che incontra gli agricoltori sono seguite quelle di Mao.
Ma l’evento si è poi rivelato un tentativo di attacco verso il leader del Partito. Ma Xiaoli, principino ed ex funzionario del Partito, era così irritato dopo aver assistito alla performance ‘rossa’ da precipitarsi a scrivere una lettera con tono di denuncia a Li Zhanshu, il direttore dell’ufficio generale del Partito, accusando gli ‘organizzatori’ e i ‘manipolatori’ di aver «creato questa situazione per calunniare il leader supremo».

Anche la propaganda meno pesante è stata dirottata allo scopo di amplificare la percezione di un culto della personalità. L’espressione Xi Dada, o ‘Papà Xi’, soprannome che sembrava rappresentare Xi come ‘uomo del popolo’, è stata ripetuta fin alla nausea da media statali, cantautori anonimi e blogger, tanto da avere ora una connotazione simile a ‘presidente Mao’.

Zhou Xiaoping ama molto il soprannome ‘Xi Dada’, e questo, secondo l’analista Xu Kexin, è particolarmente problematico quando scrive per promuovere la sua visione del mondo «deformata»: «Agli occhi di Zhou Xiaoping la patria non è un Paese, ma il governo – sostiene Xu – e questo vale a dire che è Xi Jinping».

Xi ha recentemente respinto questi tentativi. Nel mese di febbraio, ha visitato le sedi dei media statali in un probabile tentativo di ottenere e dimostrare il controllo sui mezzi di comunicazione del Partito, dopo un disastroso gala di Capodanno, sgradevole per il suo autoritarismo. Due mesi più tardi, Xi, come ha riportato il quotidiano di Hong Kong Ming Pao, ha vietato al dipartimento di propaganda di chiamarlo ‘Xi Dada’.

Il mese scorso, il Forum del Popolo, una filiale del portavoce statale Quotidiano del Popolo, aveva messo bene in mostra sul suo sito web un sondaggio che spiegava cos’è il ‘gaojie’, e come riconoscerlo.

Xu Kexin, parlando a Voa, ha detto: «La situazione attuale di Zhou Xiaoping è dovuta ad una mancanza di comprensione di come funziona la politica». Xi Jinping ha semplicemente messo a tacere un adulatore seriale.

Articolo in inglese: Patriotic Chinese Blogger Gets Comeuppance

 
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