Alessandro Magno, come divenne il ‘Grande’ (parte 2)

Tre qualità sorprendenti del leggendario conquistatore

Che siano fittizie o reali, ci sono molte splendide storie che sono come fioriture nel grande arazzo della vita di Alessandro, ma che tuttavia non ci dicono in modo coerente o affidabile come Alessandro si sia guadagnato l’attributo di ‘Grande’; prese cosi da sole ci portano sulla strada della banalità bizzarra e inutile, fin al punto che uno studenti si ricorda solo la ridicola e insignificante storiella della morte ‘per puntura di zanzara’ del Grande Alessandro.

Pertanto, è istruttivo rivolgere la nostra attenzione alla prima fonte storica su Alessandro il Grande, Diodoro Siculo (90-30 a.C.), lo storico greco che  ha scritto secoli prima di tutte le altre fonti sopravvissute. Da Diodoro, possiamo dedurre in modo più certo e veritiero quelle caratteristiche distintive che rivelano quale sia stata realmente la vita e la condotta di Alessandro il macedone.

Fratellanza

Alessandro sembrava avere un incredibile senso di connessione con i suoi soldati, lo si può chiamatelo affiatamento, cameratismo, un guidare le persone stando in prima fila o un atteggiamento con i piedi per terra, o meglio ancora ‘fratellanza’ sulla falsariga della «banda di fratelli» di cui si parla nell’Enrico V di Shakespeare.

Comunque lo si voglia chiamare, Alessandro si immaginava perfettamente come un qualsiasi altro soldato sul campo, privo di qualsiasi elitarismo snobistico sui suoi uomini e le loro opinioni. Per esempio, quando Alessandro si stava preparando per entrare in Asia e iniziare la sua massiccia conquista dell’impero persiano, i suoi consiglieri cercarono di fermarlo e gli consigliarono di lasciare prima un erede nel caso morisse. Tuttavia, egli rifiutò, basandosi sulla prospettiva dei suoi uomini. Diodoro scrive:

«Gli consigliarono di lasciare prima un erede e poi di rivolgere la mano a un’impresa così ambiziosa, ma Alessandro era ansioso di agire e si opponeva a qualsiasi rinvio e si oppose al loro consiglio. Sarebbe stato un disonore, sottolineò, per uno che era stato nominato dalla Grecia per comandare la guerra, e che aveva ereditato le forze invincibili di suo padre, sedersi a casa a celebrare un matrimonio e aspettare la nascita dei figli».

Questa fratellanza significava anche che quando arrivava il momento della battaglia, Alessandro si precipitava spesso in prima linea, mostrava esattamente il coraggio che sperava che i suoi soldati mostrassero. Ci sono molti esempi di questo, ma spicca un episodio particolare in cui Alessandro fu il primo a scalare il muro di una città indiana che le sue forze stavano assediando. Una volta entrato nella città, si trovò circondato da tutti i lati dai nemici.

«Gli indiani non osavano avvicinarsi alla sua portata, ma gli lanciavano giavellotti e scagliavano frecce da lontano. Stava barcollando sotto il peso dei loro colpi quando i Macedoni alzarono due scale e sciamarono in massa, ma entrambe si ruppero e i soldati caddero a terra. Così il re [Alessandro] rimase solo…Mentre gli indiani si accalcavano intorno a lui, egli resistette indisturbato al loro attacco. Si protesse a destra con un albero che cresceva vicino al muro e a sinistra con il muro stesso e tenne lontani gli indiani, mostrando il coraggio che ci si aspettava da un re che aveva il suo record di successi. Era ansioso di fare di questa, se fosse stata l’ultima impresa della sua vita, un’impresa supremamente gloriosa. Prese molti colpi sull’elmo, non pochi sullo scudo. Alla fine fu colpito da una freccia sotto il petto e cadde su un ginocchio, travolto dal colpo».

La ferita era davvero grave, ma Alessandro fu salvato e in seguito si riprese. Fu questo tipo di atteggiamento da ‘uno come tutti gli altri’ che ispirò l’assoluta lealtà dei suoi uomini mentre si avventuravano in profondità in terre di cui avevano solo sentito parlare nelle storie e nelle leggende.

Buone maniere

Attraverso la lente moderna, sembra un ossimoro lodare un conquistatore per le sue buone maniere; tuttavia, per tutta la storia registrata, la guerra e i conflitti militari sono stati un semplice fatto della vita umana da secoli. Quindi, dato che la guerra è un dato di fatto, coloro che mostrano una cavalleria non altrimenti comune, o una certa cortesia, raffinatezza di comportamento e ciò che oggi chiameremmo ‘buone maniere’ sono personaggi che dovremmo celebrare: questo è il caso di Alessandro il Grande.

Cosa spinge una famiglia dominante conquistata a inchinarsi davanti al suo nemico? La famiglia di Dario davanti ad Alessandro di Charles Le Brun, circa 1660, Palazzo di Versailles. (Pubblico dominio)

Il principale rivale di Alessandro era l’imperatore persiano Dario III. Una volta che Alessandro sconfisse Dario, entrò in possesso di tutti i parenti stretti di Dario, mentre Dario stesso fuggiva. Alessandro avrebbe potuto giustiziarli, imprigionarli, esiliarli o ridurli a cittadini comuni; al contrario, trattò la madre di Dario come se fosse sua e fece in modo che lei e la moglie di Dario fossero trattate esattamente con lo stesso status di cui avevano goduto prima. Diodoro riporta:

«La adornò con i suoi gioielli reali e la restituì alla sua precedente dignità, con gli onori appropriati. Le restituì tutto il suo precedente seguito di servitori che le era stato dato da Dario e ne aggiunse altri, non meno numerosi dei precedenti. Promise di provvedere al matrimonio delle figlie ancora più generosamente di quanto aveva promesso Dario e di educare il ragazzo come se fosse suo e di mostrargli l’onore reale… Per quanto riguarda la moglie di Dario, disse che avrebbe fatto in modo che la sua dignità fosse mantenuta in modo tale che non avrebbe sperimentato nulla di incompatibile con la sua precedente felicità. Aggiunse molte altre assicurazioni di considerazione e generosità, così che le donne scoppiarono in un pianto incontrollato, tanto era grande la loro gioia inaspettata».

Parlando di questo episodio, Diodoro lascia persino un suo commento: «In generale direi che di molte buone azioni fatte da Alessandro non ce n’è una più grande o più degna di essere registrata e menzionata nella storia di questa».

E Alessandro fu così fedele alla sua parola nel prendersi cura della madre di Dario che lei lo guardò come un figlio e fu inorridita quando morì così giovane; la morte prematura di Alessandro la rattristò così tanto che si rifiutò di mangiare e morì cinque giorni dopo la morte del grande re.

Infine, quando Alessandro trovò Dario, trattò il suo cadavere con onore e gli diede un funerale reale. Questo era il modo giusto per Alessandro di trattare i suoi colleghi reali, o, come potremmo dire oggi, era la cosa decente o ‘di classe’ da fare.

Fede

Infine, la terza caratteristica che definisce la grandezza di Alessandro fu la sua fede. Questa potrebbe essere variamente chiamata pietà, o fede nel divino e nel soprannaturale. In ogni caso, Alessandro ha sempre dimostrato di prestare il dovuto rispetto agli antichi dei greci così come al dio egiziano Ammone, e di prestare attenzione ai presagi, cioè ai segni dal cielo comunicati attraverso sacerdoti, profeti e fenomeni naturali.

Per esempio, prima di iniziare la sua grande conquista dell’impero persiano, «fece sontuosi sacrifici agli dei a Dium in Macedonia e tenne le gare drammatiche in onore di Zeus e delle Muse. […] Celebrò la festa per nove giorni, dando ad ogni giorno il nome di una delle Muse».

Le Muse erano figlie di Zeus, il dio greco del cielo, ed erano dee incaricate delle arti, ispiravano la danza, la musica e la poesia (per esempio la parola musica deriva proprio dal loro nome).

Quando Alessandro raggiunse i limiti della sua vasta campagna in India, oltre il confine persiano, rese di nuovo omaggio agli Dei: «Per prima cosa eresse altari dei dodici Dei alti cinquanta cubiti ciascuno».

Quando scampò all’annegamento in un fiume, riconobbe di nuovo che la sua vita era nelle mani degli Dei e mise in relazione il proprio destino con quello del semidio Achille della mitologia greca. Diodoro scrive: «Scampando così per un pelo, si sacrificò agli Dei come se fosse passato attraverso un pericolo mortale, riflettendo che lui, come Achille, aveva fatto battaglia con un fiume».

Forse il più significativo è quando Alessandro visitò un tempio di Ammone e si interrogò sinceramente sul proprio scopo nella vita, se fosse destinato a conquistare il mondo e se avesse punito con successo coloro che erano dietro l’assassinio di suo padre. Diodoro racconta:

«Quando Alessandro fu condotto dai sacerdoti nel tempio e aveva venerato il dio per un po’, colui che ricopriva la carica di profeta, un uomo anziano, si avvicinò a lui e gli disse: “Rallegrati, figlio; prendi questa forma di comunicazione come se venisse anch’essa dal dio”. [Alessandro, ndr] rispose: “Accetto, padre; per il futuro sarò chiamato tuo figlio. Ma dimmi se mi concedi il dominio di tutta la terra”. Il sacerdote entrò nel sacro recinto e mentre i portatori sollevavano il dio e si muovevano secondo certi suoni  della voce prescritti, il profeta gridò che con certezza il dio gli aveva concesso la sua richiesta; allora Alessandro parlò di nuovo: “O Spirito, L’ultima delle mie domande ora è rispondi: ho punito tutti quelli che erano gli assassini di mio padre o alcuni mi sono sfuggiti?”»

Vediamo da questo che Alessandro mise la sua completa fiducia in un profeta che non conosceva. Ciò suggerisce una grande umiltà e pietà da parte di qualcuno che è, a questo punto, il re del mondo.

I capitoli finali della vita di Alessandro illuminano ulteriormente la fede e le sue altre virtù, lo vedremo nelle parte terza.

La prima parte nell’articolo Alessandro Magno, come divenne il ‘Grande’ (parte 1)  esamina le grandi gesta di Alessandro.

Evan Mantyk è un insegnante di inglese a New York e presidente della Society of Classical Poets.

 

Articolo in inglese  How Alexander the Great Became Great, Part 2

 
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