Le Case farmaceutiche riprendono gli studi sui vaccini Covid

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Moderna ha fatto a sua volta sapere in una comunicazione scritta, l’intenzione di effettuare uno studio randomizzato, in cieco per l’osservatore e controllato con placebo, per testare la sicurezza dei suoi due vaccini contro il Covid-19 nella stessa popolazione di riferimento, come riportato da Kaslow in un’altra lettera indirizzata all’azienda. Novavax, a sua volta, si è impegnata a condurre uno studio analogo, nella stessa fascia demografica «per valutare la proteina spike derivata dal vaccino in circolazione», basandosi su «un’indagine completa sui sintomi», secondo quanto riportato nella lettera di Kaslow all’azienda.
Lo studio di Pfizer dovrebbe concludersi entro il 31 luglio 2026, con termine fissato al 31 gennaio 2027 per la presentazione del rapporto finale. Quello di Moderna è previsto in chiusura il 31 gennaio 2027, mentre il relativo rapporto finale dovrà essere consegnato un anno dopo. Lo studio di Novavax, invece, non dovrebbe terminare prima del 30 novembre 2027, con la pubblicazione del rapporto entro il 31 maggio 2028. Le aziende non hanno rilasciato commenti.
L’Fda ha sottoposto la questione al ministero della Sanità americano, che ha richiamato alcuni memorandum del dottor Vinay Prasad, principale responsabile dei vaccini presso l’agenzia, relativi alle nuove approvazioni. In tali documenti, Prasad sostiene che incoraggiare le aziende a condurre studi clinici randomizzati consentirà alle autorità di valutare se, nei soggetti più giovani e sani, i benefici dei vaccini superino i rischi.
In maggio, i vertici della Fda avevano annunciato che, in assenza di dati provenienti da studi clinici, non avrebbero più approvato vaccini anti-Covid per persone sotto i 65 anni senza particolari problemi di salute. Le aziende si sono quindi impegnate a condurre anche ulteriori ricerche, comprese analisi sull’immunogenicità e sulla sicurezza dei vaccini nelle popolazioni per cui sono già autorizzati. Pfizer e Moderna realizzeranno anche studi sulla proteina spike del virus e sui sintomi successivi alla vaccinazione o all’infezione, analoghi a quello randomizzato previsto da Novavax.
«Esistono evidenze cliniche crescenti secondo cui la proteina spike, prodotta durante o dopo la vaccinazione, può persistere per un certo periodo in alcuni individui», mentre i sintomi del cosiddetto long Covid risultano «mal definiti ma preoccupano molti americani», e alcuni ipotizzano un collegamento tra i due fenomeni, ha osservato Prasad in un altro memorandum. La Fda richiede quindi alle aziende di «fornire dati in grado di confermare o escludere questa relazione», ha aggiunto. Gli studi potrebbero inoltre dimostrare che i vaccini contribuiscono a ridurre i sintomi del long Covid, ha precisato Prasad successivamente.
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