L’antica leggenda dell’Uluru

di Redazione ETI/Fu Yao
20 Maggio 2025 18:40 Aggiornato: 20 Maggio 2025 22:08

L’Uluru, nel centro dell’Australia, è una delle meraviglie naturali più grandi del mondo: le magnifiche forme naturali, i colori imprevedibili e l’ispirazione divina che lo circondano richiamano gli esploratori in questo straordinario luogo da sogno. Anche l’origine della roccia è avvolta nel mistero.

UN LUOGO SACRO PER LA CULTURA ABORIGENA

L’Uluru, noto anche come Ayers Rock, è uno dei monumenti più famosi dell’Australia. Si trova nel Parco Nazionale di Uluru-Kata Tjuta, si erge per 350 metri di altezza, oltre tre chilometri di lunghezza, uno e mezzo di larghezza e circa dieci di circonferenza. Alcuni lo definiscono “iceberg terrestre”, perché solo la parte che emerge è visibile, mentre si stima che si estenda nel sottosuolo per circa otto chilometri. Secondo i geologi la montagna ha cinque milioni e mezzo di anni e gli aborigeni australiani la considerano una delle rocce più antiche della Terra.

Adagiato tranquillamente nel cuore del deserto australiano, l’Uluru ha un aspetto magico, unico e caratteristico rispetto alla circostante natura selvaggia. Al mattino, sotto il sole splendente, si illumina di rosso; al tramonto il rosso diventa più scuro e intenso. Quello che sorprende ancora di più è che il suo colore  cambia in base alle condizioni atmosferiche, quindi talvolta è imprevedibile. Tuttavia, a distanza ravvicinata, si nota che in realtà è marrone con sfumature grigiastre.

Uluru, formazione rocciosa ai piedi di Ayers Rock nel Parco Nazionale di Uluru-Kata Tjuta. Foto Pixabay

Il caratteristico colore della roccia è dato dalla sua composizione: arenaria mista a polvere di ferro che, con l’ossidazione, dona alla roccia un aspetto rosso e da qui il nome di «cuore rosso» dell’Australia.

Stando alle ricerche archeologiche, gli aborigeni australiani vivono sul territorio circostante da 60 mila anni, il che li rende una delle civiltà sopravvissute più antiche al mondo. Gli Anangu osservano leggi secolari, mostrando grande riverenza per il mondo naturale, poiché credono che tutto quello che accade abbia un significato mistico.

Come in altre regioni aborigene dell’Australia, gli Anangu credono nel Tjukurpa, noto anche come Dreamtime, un sistema separato e parallelo al mondo reale – una zona mistica tra la vita e la morte – che riunisce tutti i principi innati dell’uomo e della natura.

Gli Anangu credono che i loro antenati siano gli spiriti che hanno creato il mondo. Anticamente, nel Dreamtime questi spiriti vagavano per il continente australiano e registravano tutto ciò che vedevano attraverso parole o canti. Mentre vagavano, crearono la Terra, i fiumi, i ruscelli, le colline, le rocce, le piante, gli animali e le persone: l’Uluru sarebbe quindi la testimonianza del lavoro svolto dagli antenati sulla Terra e delle loro vicende. Nell’idioma Pitjantjatjara delle popolazioni indigene, Uluru significa «luogo di incontro tra realtà e sogno».

Il sole splende sugli alberi di eucalipto e sull’erba vicino a Uluru. Luogo sacro per la popolazione degli Anangu e amato dai turisti e patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Foto Pixabay

Per il popolo Anangu, Uluru non è solo una roccia spettacolare, ma è anche l’origine della Creazione, in cui risiedono i loro antenati: un luogo di origine sacra. Considerando l’energia lasciata dagli antenati dopo la creazione del mondo, non vi era alcun dubbio che fosse sacro e inviolabile.

Intorno alle grotte, alle rupi e alle fenditure dell’Uluru si trovano innumerevoli incisioni e tracce che riportano le storie degli antenati aborigeni. Si dice che alcune parti della roccia rappresentino gli spiriti degli antenati e che toccandola gli Anangu possano entrare nel Dreamtime, comunicare con gli antenati e ricevere le loro benedizioni.

ANTICHE LEGGENDE SU ULURI

La cultura e la storia di Uluru, così come il suo misterioso colore, sono affascinanti, ma c’è anche una storia poco conosciuta sulla sua origine, un’antica leggenda che risale al mondo della coltivazione, altrettanto interessante. È stata raccontata al dottor Owen Yao – specialista in materiali superconduttori – nel maggio del 1999 da una personalità di alto livello nel mondo della coltivazione.

Prima di entrare nel merito della storia, è opportuno approfondire alcuni concetti di spazio e tempo citati da Yao.

Foto Pixabay

La particella più piccola oggi conosciuta dagli scienziati è il quark. Sebbene la misurazione delle particelle in base alle dimensioni non sia accettata dagli scienziati, è noto che i quark si trovano all’interno di un protone e, oltre il quark, non si sa quanto sia piccola la particella più piccola. Se osserviamo un atomo, vediamo che al centro c’è il nucleo, attorno al quale orbitano gli elettroni. Il nucleo è costituito dai protoni formati a loro volta dai quark.

Con un po’ di fantasia, possiamo vedere l’atomo come un sistema solare in cui i pianeti ruotano intorno al sole. Se immaginiamo di espandere il nucleo dell’atomo fino alle dimensioni di una galassia, forse troveremmo al suo interno numerosi sistemi solari. Se fosse espanso alle dimensioni di un universo, forse conterrebbe molte galassie.

Gli scienziati possono vedere gli oggetti dell’universo che emettono luce molto più facilmente di quelli che non ne emettono, quindi quello che si può vedere attraverso un microscopio è ancora molto limitato.

La storia di Yao contiene idee simili a questo «piccolo universo» che sono facilmente comprensibili. Allo stesso modo, atomi di massa diversa hanno anche una durata della vita diversa, e se questo principio venisse applicato ai corpi cosmici, anche i diversi universi e le galassie avrebbero una durata della vita diversa. La durata della vita di un universo può essere molto lunga, superiore a quella del numero più grande studiato dall’uomo, mentre quella di alcuni atomi può essere solo di pochi secondi. Il tempo e lo spazio sono relativi.

Uluru Kata Tjuta National Park, Australia. Coloratissimi fiori selvatici ricoprono il terreno secco della Valley of the Winds. Julian Peters Photography/Shutterstock. (Traduzione da Epoch Times)

Dimensioni diverse hanno unità di misura del tempo diverse. Mentre in un’altra dimensione il tempo scorre a una certa velocità, qui sulla Terra il tempo scorre a una velocità molto diversa. Yao parla di un tempo situato «nel mezzo della storia dell’universo». Non c’è modo di calcolare con esattezza quando si sia verificato quel tempo, perché non possiamo sapere con precisione quanti anni abbia l’universo o quale sia l’unità di misura del tempo in cui l’universo si muove.

Questa è la storia che Yao ha sentito e che ci ha tramandato:
«Forse si è trattato di una coincidenza, e sebbene io sia convinto che questa storia sia reale, altri potrebbero benissimo considerarla un altro racconto di fantasia. La storia si svolge in un periodo intermedio dell’universo, che potrebbe essere intorno alla metà della sua esistenza.

L’universo in cui risiediamo è piccolo, tanto che può essere visto come un granello di polvere in un universo più grande. Noi non riusciamo nemmeno a vedere i confini del nostro piccolo universo, possiamo immaginare quanto debba essere grande l’universo più grande che lo contiene?

Agli albori dell’universo più grande, tutte le forme viventi erano buone, non esisteva niente di malvagio e cattivo. Tuttavia, secondo il concetto noto tra i buddisti di formazione, stasi, degenerazione e distruzione, questo periodo d’oro non poteva durare in eterno. All’inizio, tutto era meraviglioso e puro:  non esisteva il male né esseri malvagi. Quando l’universo raggiunse il periodo intermedio del suo sviluppo, cominciò ad apparire il male, sotto forma di demone, il cui unico scopo era commettere atti orribili. Molti esseri, soprattutto Buddha, Tao e Divinità, volendo liberare l’universo dal male decisero di combatterlo. Il demone era di livello intermedio, era abile e possedeva grandi poteri, molti esseri non riuscirono a sconfiggerlo, restando addirittura feriti nell’affrontarlo.

Quando tutti ormai lo ritenevano invincibile, arrivò un Re Sacro, che possedeva una Ruota del Dharma. Gli fu dato il nome di Illuminato, o Santo. L’intento del Santo era distruggere il demone per gli innumerevoli crimini efferati con i quali aveva sconvolto l’universo: combatterono a lungo, fu una lotta di immani proporzioni. In quel tempo, gli esseri si riferivano a quello scontro nel grande universo come alla grande battaglia tra il bene e il male.

Combatterono strenuamente fino alla fine, usando varie armi, forse anche magie e incantesimi. Il racconto che ho ascoltato era molto dettagliato, ma sono passati più di vent’anni, quindi mi è impossibile ricordare con precisione e nello specifico i metodi con cui hanno combattuto. Alla fine, il Santo uccise e distrusse il demone, restando tuttavia ferito. Una goccia di sangue del Santo e una del demone si fusero, caddero sulla Terra, attraversando l’atmosfera sotto forma di una grande roccia rossa, atterrando infine in Australia, la grande roccia rossa conosciuta come Uluru.

Uluru. Foto Pixabay

Vorrei chiarire che questi avvenimenti risalgono al periodo intermedio dello sviluppo dell’universo più grande ma, secondo gli archeologi, la roccia avrebbe al massimo 500 milioni di anni. Ci si potrebbe chiedere come sia possibile. Il nostro concetto di tempo è limitante: il tempo è relativo, come quello dei diversi universi. Sarebbe quindi inesatto equiparare il nostro concetto di tempo a quello dell’universo più vasto. In altre parole, un milione di anni sulla Terra potrebbe equivalere a molto più o molto meno tempo in altre dimensioni: il periodo trascorso dal momento in cui quella goccia di sangue è caduta sulla Terra non è qualcosa che possa essere misurato rigorosamente con delle apparecchiature.

Quindi, quella goccia di sangue è arrivata sulla Terra molto, molto tempo fa e, pur essendosi trasformata nella roccia gigante che oggi vediamo, a livello microscopico il sangue dei giusti e il sangue dei malvagi sono ancora in lotta. A volte, stando vicino alla roccia, è possibile sentire il rumore delle spade e delle lance che si scontrano e il movimento dei soldati e dei cavalli. Inoltre, in momenti diversi, la montagna cambia colore».

Uluru. Foto Pixabay

Se la storia di questa roccia è davvero tanto antica, c’è un significato particolare in questa leggenda?

«Il senso di questa storia secondo me, è che nell’universo ci sono il bene e il male, e poiché stanno agli opposti, il bene dovrebbe sconfiggere il male, fino a quando è nelle sue possibilità: è quello che il bene dovrebbe fare. E questo si riflette su Uluru, sulla sua superficie, sulla sua storia e sulle battaglie invisibili che si combattono al suo interno. Avverto la profondità di questo significato: il male deve essere eliminato».

Yao spiega che attraverso la leggenda è riuscito a cogliere un significato speciale, ma crede che ognuno possa dare interpretazioni diverse: «La storia della roccia, ovviamente, è più lunga e più antica delle popolazioni indigene. Loro credono in una leggenda diversa: tutti desiderano collegare fenomeni inspiegabili ai propri antenati, è normale. Secondo gli scienziati moderni, Uluru non è solo il più grande pezzo di roccia intatto sulla Terra, ma è anche nettamente distinto dall’ambiente circostante, proprio come se un grande oggetto fosse caduto dallo spazio e fosse rimasto completamente integro al momento dell’impatto. È completamente diverso dalla topografia circostante.

Naturalmente, ci possono essere diverse teorie, ma se lo si guarda dal punto di vista della coltivazione, Uluru è in realtà un oggetto del futuro: è davanti ai nostri occhi, ma quello che noi umani siamo in grado di conoscere e di capire è ancora molto limitato. Come dicevo a proposito della relatività del tempo e dei vari livelli dell’universo: la scienza non sa spiegare tutti i fenomeni osservati».

Foto Pixabay

Che si tratti della leggenda del Dreamtime degli aborigeni o dell’antica leggenda che Yao ha ascoltato, entrambe ci lasciano con domande irrisolte: qual è l’origine dell’universo? Come sono stati creati gli esseri umani? E in che modo i Creatori intendevano far crescere gli esseri umani nel mondo che conosciamo oggi? Gli aborigeni consideravano il Dreamtime come un inizio senza fine, un periodo ininterrotto tra passato, presente e futuro. L’antica leggenda di Yao ci dà modo di leggere più a fondo nella formazione, stasi, degenerazione e distruzione dell’universo.

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