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I pericoli dei metalli pesanti negli alimenti

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Immagine di Suzy Hazelwood via Pexels

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Sostanze tossiche come piombo, cadmio e mercurio si annidano in alimenti di uso comune — pane, riso, frutti di mare, integratori proteici — minacciando la salute cardiovascolare. Recenti indagini scientifiche evidenziano come anche esposizioni minime ma prolungate a questi contaminanti ambientali possano accrescere il pericolo di malattie cardiache. Diffusi nell’ambiente, i metalli pesanti si insinuano nella catena alimentare attraverso colture come riso, verdure e grano. Il cadmio, in particolare, viene facilmente assorbito dalle piante, mentre nei frutti di mare la bioaccumulazione — l’incremento progressivo di tossine lungo la catena alimentare — ne amplifica la concentrazione. Il processo inizia con il plancton che assimila contaminanti dall’acqua, per poi trasferirli a pesci piccoli e, successivamente, a predatori come tonno e pesce spada, o a crostacei come gamberi e granchi, particolarmente ricchi di mercurio e arsenico inorganico.
Anche il pane può veicolare inquinanti. Durante la coltivazione, il grano assorbe piombo o cadmio da terreni, fertilizzanti o acque contaminate. Nella lavorazione, ingredienti come sale o bicarbonato di sodio possono introdurre ulteriori tracce di metalli, derivanti da processi produttivi. Sebbene minime, queste quantità, assunte quotidianamente, generano un’esposizione cronica. Uno studio pubblicato a gennaio su Scientific Reports ha esaminato le diete di 180 adulti, di cui 90 con patologie cardiovascolari, rilevando che ogni porzione giornaliera di pane contaminato aumenta il rischio cardiaco del 12%, indipendentemente da età, genere o abitudini alimentari. Simili pericoli riguardano il riso, alimento base per milioni di persone. A maggio, l’associazione per la salute infantile Healthy Babies Bright Futures ha analizzato 145 campioni di riso acquistati negli Stati Uniti, riscontrando arsenico inorganico in ogni campione, spesso oltre i limiti normativi per i cereali destinati ai neonati. Il cadmio era presente quasi ovunque, con livelli più elevati nel riso integrale del sud-est statunitense. Uno studio del 2024 ha correlato il consumo di riso inquinato a un incremento del 18% del rischio cardiovascolare, con l’arsenico che lo accresce del 49%.
Tracce di piombo, cadmio e arsenico sono state rilevate anche nei peperoncini, freschi o lavorati, mentre il mercurio appare in alcuni campioni. Gli integratori proteici — il cui mercato negli Stati Uniti ha superato i 9 miliardi e 600 milioni di dollari nel 2023 — risultano altrettanto vulnerabili. Un’analisi su 160 prodotti ha evidenziato livelli elevati di piombo in oltre tre quarti degli integratori vegetali e biologici, superando spesso le soglie di sicurezza.
Questi contaminanti danneggiano il cuore generando stress ossidativo, che produce molecole nocive, infiammando i vasi sanguigni e riducendone l’elasticità. Inoltre, interferiscono con minerali essenziali come calcio e zinco, alterando la regolazione genica e favorendo aterosclerosi, ipertensione, infarto e ictus.
Per contrastare l’esposizione, fondamentale data l’emivita di 10-30 anni di queste sostanze, si raccomanda di preferire pesci di piccole dimensioni (10-30 centimetri), limitare il pesce di alto mare a 110 grammi settimanali per una persona di 70 chili, evitando questi alimenti per donne incinte e bambini sotto i 6 anni. Sciacquare il riso tre volte prima della cottura riduce l’arsenico, mentre è opportuno evitare interiora derivanti da pollame come fegato e ventrigli, che accumulano tossine.
Le informazioni e le opinioni contenute in questo articolo non costituiscono parere medico. Si consiglia di confrontarsi sul tema col proprio medico curante e/o con specialisti qualificati.

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