Il regime cinese ha ulteriormente esteso le restrizioni alle esportazioni di terre rare, vietando alle imprese non cinesi dei settori difesa e semiconduttori di accedere a questi metalli. La notizia è stata data ufficialmente ieri, 9 ottobre. Secondo una nota del ministero del Commercio di Pechino, per l’esportazione dei prodotti contenenti più dello 0,1 per cento di terre rare di origine cinese sarà necessaria un’autorizzazione. Anche alcune batterie agli ioni di litio, catodi in grafite e diamanti sintetici richiederanno un’esplicita autorizzazione da parte del governo centrale. A questi si aggiungono cinque ulteriori elementi delle terre rare — olmio, erbio, tulio, europio e itterbio.
L’espressione “terre rare” identifica una categoria di diciassette elementi di cui si fa largo uso nella produzione di elettronica (anche e soprattutto per uso militare) e sono divenute uno dei principali punti di attrito nella continua guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina. Dopo decenni di sussidi pubblici e di politiche volte a espandere il settore in aree del globo come l’Africa, la dittatura cinese si è trasformata in un quasi monopolista mondiale della produzione di terre rare: secondo i dati dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, è responsabile del 61 per cento dell’estrazione mondiale e del 92 per cento della raffinazione. Il regime cinese usa quindi le terre rare come (pressoché unica) leva negoziale con l’Occidente, da quando Donald Trump è tornato alla Casa Bianca.
La decisione del regime arriva a poche settimane da un incontro previsto tra il dittatore cinese Xi Jinping e il presidente statunitense Donald Trump. Sebbene la Cina non abbia ancora confermato ufficialmente, Trump ha dichiarato che si incontrerà con Xi nel corso del prossimo vertice della Cooperazione Economica Asia-Pacifico (Apec) in Corea del Sud.
Attualmente i dati doganali cinesi indicano una ripresa delle esportazioni di magneti a base di terre rare verso gli Stati Uniti, ma molte aziende straniere continuano a lamentare difficoltà nell’approvvigionarsi di tali materiali in Cina. Un’analisi della Camera di Commercio dell’Unione Europea in Cina pubblicata il 17 settembre, ha evidenziato come numerose imprese europee — in particolare le piccole e medie — stiano «subendo ancora gravi interruzioni» nelle forniture di terre rare.
Durante il vertice del G7 svoltosi quest’anno in Canada, Ursula von der Leyen ha accusato la Repubblica Popolare Cinese di utilizzare il proprio «quasi monopolio non solo come strumento di pressione, ma anche come arma per indebolire i concorrenti nei settori strategici».
Il 19 settembre è stato inaugurato a Narva, città dell’Estonia orientale al confine con la Russia, il più grande impianto europeo di produzione di magneti per terre rare. Costruito dalla società canadese Neo Performance Materials con il sostegno dei fondi dell’Ue, l’impianto rappresenta, secondo la Commissione, «un passo avanti verso l’autonomia strategica e la competitività dell’Europa».