Esiste una coscienza oltre la morte?

di Redazione ETI/Yuhong Dong, Makai Allbert
7 Settembre 2025 18:54 Aggiornato: 7 Settembre 2025 18:54

Numerosi studi medici suggeriscono che la coscienza non sia confinata al cervello, ma possa estendersi ad altri organi, come il cuore, o trascendere il corpo in stati di confine tra vita e morte. Fenomeni come i cambiamenti di personalità nei riceventi di trapianti cardiaci e le esperienze di pre-morte sollevano interrogativi cruciali, spingendo la comunità scientifica a riconsiderare i confini della coscienza.

Una ricerca condotta dal neuropsicologo clinico Paul Pearsall, dell’Università delle Hawaii, insieme a Gary Schwartz e Linda Russek, dell’Università dell’Arizona a Tucson, ha esaminato oltre 74 casi di trapianti d’organo, di cui 23 di cuore, nell’arco di un decennio. I risultati indicano che i riceventi talvolta assumono tratti dei donatori, come preferenze, emozioni o ricordi. Ad esempio, Danielle, 18enne, dopo aver ricevuto il cuore di un coetaneo, Paul, ha sviluppato una passione per la musica e il desiderio di suonare la chitarra, strumento prediletto dal donatore. Analogamente, Claire Sylvia, ballerina attenta alla salute e autrice del libro “Un cambio di cuore”, ha manifestato un’improvvisa predilezione per le crocchette di pollo, cibo che disdegnava ma che corrispondeva alle preferenze del donatore.

Nel 1992, uno studio su 47 pazienti australiani ha rilevato che il 6% dei trapiantati di cuore ha mostrato cambiamenti di personalità significativi. Un’analisi del 2024, confrontando 23 riceventi di cuore con 24 di altri organi, come reni, polmoni o fegato, ha evidenziato che l’89% dei pazienti ha registrato variazioni di personalità. In particolare, il 47,8 % dei trapiantati di cuore ha manifestato almeno quattro cambiamenti rilevanti, rispetto al 25% dei riceventi di altri organi, tra cui nuove inclinazioni sportive, mutamenti di temperamento e preferenze alimentari. Ma alcune ricerche non rilevano questi cambiamenti, forse per differenze metodologiche.

Mitchell B. Liester, professore di psichiatria all’Università del Colorado, ipotizza che il cuore possa immagazzinare coscienza o ricordi trasferibili tramite memoria cellulare, suddivisa in sei categorie: epigenetica, Dna, Rna, memoria proteica, nervi cardiaci ed energia elettromagnetica. La somiglianza tra il sistema nervoso del cuore e quello del cervello, con strutture complesse e neurotrasmettitori simili, ha portato a considerare il cuore un organo con capacità cognitive proprie. La medicina tradizionale cinese, forte di 5 mila anni di storia, sostiene che il cuore governi mente e spirito, avvalorando questa tesi. Altre spiegazioni, come gli effetti dei farmaci immunosoppressori o lo stress chirurgico, non giustificano pienamente i casi di alta corrispondenza tra donatori e riceventi.

Le esperienze di pre-morte rafforzano l’idea che la coscienza persista oltre il corpo. Nel 2001, il cardiologo olandese Pim van Lommel ha descritto su The Lancet il caso di un uomo di 44 anni rianimato dopo un arresto cardiaco, il quale, una settimana dopo, ha indicato con precisione dove un’infermiera aveva riposto la sua dentiera durante la rianimazione. Similmente, l’ex cardiologo Michael Sabom ha riportato il caso di Pam Reynolds, pseudonimo di una donna di 35 anni operata per un aneurisma cerebrale. Con il cuore fermo, il cervello privo di sangue e sotto anestesia profonda, ha descritto l’intervento da una prospettiva elevata, indicando con esattezza strumenti e conversazioni del personale medico, dettagli poi confermati.

Il dottor Sam Parnia, esperto di rianimazione cardiopolmonare e docente alla New York University, analizzando 2.060 casi di arresto cardiaco, ha rilevato che il 9% dei pazienti mostrava segni di coscienza attiva nonostante il cuore fermo. Il cardiologo van Lommel ha riportato esperienze vivide nel 18% di 344 pazienti rianimati. Le esperienze di pre-morte, spesso caratterizzate da esperienze extracorporee, si verificano nel 13-24% dei casi, con osservazioni frequentemente confermate dal personale medico. Janice Holden, specializzata in esperienze di pre-morte, ha intervistato 93 pazienti, riscontrando che il 92,5% delle loro osservazioni era accurato, il 6,5% quasi corretto e solo l’1,1% inesatto. Jeffrey Long, oncologo radiologo del Kentucky, dopo 25 anni di studi su oltre 4mila casi, ha confermato che il 97,6% delle osservazioni extracorporee è reale.

Inoltre, il 29% dei soggetti nello studio del cardiologo van Lommel e il 7% in quello del dottor Parnia hanno riferito viaggi in dimensioni alternative. Eben Alexander, neurochirurgo con 25 anni di esperienza, di cui 15 al Brigham and Women’s Hospital di Boston, nel 2008 è entrato in coma per una meningite batterica, con solo il 2% di possibilità di sopravvivenza. La sua esperienza lo ha portato a considerare gli organi come filtri della coscienza, non come sua unica sede. Larry Dossey, ex primario al Medical City Dallas Hospital, sostiene che la coscienza sia non locale, non limitata a cuore o cervello.

La scienza, fondata su osservazioni ripetute e verificabili, riconosce le esperienze di pre-morte come un campo di indagine legittimo. Migliaia di casi documentati spingono a riconsiderare i confini della coscienza, suggerendo che non si dissolva con la morte, ma si manifesti oltre il corpo fisico.

Le informazioni e le opinioni contenute in questo articolo non costituiscono parere medico. Si consiglia di confrontarsi sul tema col proprio medico curante e/o con specialisti qualificati.


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