Washington, Churchill e la via più difficile

di Redazione ETI/Jeff Minick
4 Settembre 2025 9:46 Aggiornato: 7 Settembre 2025 18:55

«La legge delle conseguenze indesiderate, spesso citata ma raramente definita, afferma che le azioni delle persone, e in particolare dei governi, hanno sempre effetti imprevisti o involontari». È l’introduzione dell’articolo di Rob Norton Unintended Consequences (Conseguenze indesiderate).

I sociologi, in particolare gli economisti, trovano spesso prove di conseguenze indesiderate nelle decisioni politiche. Norton cita diversi esempi, tra cui quello della previdenza sociale. Di quel programma governativo, si prevedeva che gli effetti conseguenti avrebbero contribuito ad alleviare la povertà tra gli anziani. In realtà ora un buon numero di americani, contando di ricevere nella terza età la previdenza sociale, mette da parte meno soldi per la pensione, il che significa «che sono disponibili meno risparmi, si investe meno e l’economia e i salari crescono più lentamente di quanto farebbero senza la previdenza sociale».

Di solito, le “conseguenze indesiderate” hanno una connotazione negativa, riassunta forse al meglio dal proverbio “L’inferno è lastricato di buone intenzioni”. Tuttavia, la Storia e l’esperienza personale possono darci una visione opposta: le conseguenze di quello che inizialmente appare come un’occasione mancata o un fallimento totale può trasformarsi in successo.

La prima parte della vita di due personaggi storici, George Washington e Winston Churchill, costituiscono eccellenti esempi del fenomeno di “conseguenze non previste” o, per dirla in modo più positivo, di risultati inaspettati.

John Henry Hintermeister, Fondazione del governo americano, 1925. George Washington osserva Gouverneur Morris mentre firma la Costituzione. Pubblico dominio.

GEORGE WASHINGTON

Dei primi sei presidenti, quattro virginiani e due del Massachusetts, cinque ricevettero un’istruzione eccellente sia nelle materie classiche che in giurisprudenza. John Adams e il figlio John Quincy, Thomas Jefferson, James Madison e James Monroe frequentarono tutti l’università e studiarono giurisprudenza. Di questi presidenti, solo George Washington (1732-1799) non ricevette un’istruzione superiore.

I suoi due fratellastri maggiori, Lawrence e Augustine, furono mandati oltreoceano alla Appleby Grammar School in Inghilterra e ricevettero un’istruzione classica, ma quando Washington aveva undici anni, suo padre morì e le condizioni finanziarie della famiglia gli negarono quel lusso. Furono i tutori e forse una scuola locale nella vicina Fredericksburg che permisero a Washington di seguire studi accademici regolari.

Per il resto della sua vita il futuro presidente rimpianse la mancanza di un’istruzione pari a quella che John Adams e Thomas Jefferson potevano vantare.

Henry Hintermeister, George Washington, geometra, 1948. Stampa da dipinto. Pubblico Dominio

Ma quei primi anni di formazione svilupparono in Washington altre doti: durante l’adolescenza copiò gli oltre cento precetti contenuti in The Rules of Civility and Decent Behaviour (Le regole della civiltà e del comportamento decoroso), un codice di condotta che esercitò su di lui un’influenza profonda e duratura. Inoltre, incoraggiato da Lord Fairfax, suocero del fratello Lawrence, studiò il trattato di William Leybourn del 1657 The Compleat Surveyor (Il geometra completo) e nel 1749 era già diventato un professionista: a soli diciassette anni il lavoro di geometra lo portò a trasferirsi presso la frontiera della Virginia, nella Shenandoah Valley, dove acquisì competenze che nessuna scuola avrebbe potuto dargli.

Il geometra perfetto di William Leybourn.

E nell’inverno del 1753, quando il governatore della Virginia Robert Dinwiddie decise di inviare una spedizione in un territorio rivendicato dalla Virginia oltre i monti Allegheny (ora parte della Pennsylvania) per protestare contro la costruzione di un forte francese, George Washington si offrì volontario per la missione. Non parlava francese e non aveva esperienza militare, ma il tempo trascorso nella frontiera giocò a suo favore, e insieme a un compagno intraprese il viaggio noto come Allegheny Expedition.

Poco tempo dopo, forte di quell’esperienza a tratti drammatica durata circa tre mesi, Washington prestò servizio come ufficiale nell’esercito britannico nella guerra franco-indiana, che contribuì a formare ulteriormente l’uomo che sarebbe diventato comandante in capo dell’esercito continentale durante la Guerra d’Indipendenza americana.

Il rimpianto di Washington per la mancata istruzione è un perfetto esempio di risultati inaspettati: se avesse frequentato un college come il William and Mary, avrebbe probabilmente acquisito notorietà a livello nazionale, ma la strada che invece si trovò a seguire riuscì a plasmare il comandante che vinse la Guerra d’Indipendenza e l’uomo che arrivò a diventare il primo presidente della nazione americana.

WINSTON CHURCHILL

Sir Winston Leonard Spencer Churchill (1874-1965), come Washington, in gioventù percorse una strada tortuosa che portò a risultati sorprendenti.

Sia l’aristocratico padre di Churchill, Lord Randolph, sia la madre, l’americana Jennie Jerome, consideravano il figlio più un problema che una gioia. Lord Randolph era spesso assente da casa e gli apprezzamenti che rivolgeva al figlio, sia verbali che scritti, erano spesso caustici, soprattutto verso il suo rendimento scolastico. Al momento dell’ammissione all’accademia militare di Sandhurst, ad esempio, Churchill attendeva le congratulazioni del padre, ma ricevette invece una lettera piena di recriminazioni. Ecco alcuni brani di quella lettera: «Dovresti vergognarti del tuo modo di lavorare sciatto, spensierato, sbadato e sconsiderato. … Non attribuisco più la minima importanza a nulla di ciò che dici. … Se non riesci a impedirti di condurre la vita oziosa, inutile e improduttiva che hai avuto durante gli anni scolastici … diventerai un semplice perdigiorno, uno delle centinaia di falliti delle scuole pubbliche, e degenererai in un’esistenza squallida, infelice e futile. … Dovrai assumerti tutta la colpa di tali sventure. … Tua madre ti saluta con affetto».

La madre Jennie, due matrimoni falliti alle spalle e quello con Randolph in crisi, era del resto anche lei spesso assente da casa e dalla vita di Winston. Più volte lui le scrisse da scuola, implorandola di fargli visita, ma senza alcun risultato. Nonostante in seguito abbia favorito la carriera del figlio, grazie alle sue conoscenze, anche lei si mostrava critica nei confronti del ragazzo che un giorno sarebbe diventato primo ministro della Gran Bretagna. Nel 1890, riferendosi alla sua istruzione, gli scrisse: «Avevo riposto tante speranze in te ed ero così orgogliosa di te, e ora tutto è svanito… il tuo lavoro è un insulto alla tua intelligenza. Se solo stabilissi un piano d’azione per te stesso, lo portassi a termine e fossi determinato a farlo, sono sicura che potresti realizzare tutto quello che desideri».

Winston Churchill, intorno al 1900. Pubblico dominio.

Con genitori tanto predisposti alla critica, ci si poteva aspettare che il futuro del giovane fosse un susseguirsi di fallimenti. Eppure, l’infanzia e la giovinezza passate prepararono Churchill alle difficoltà che lo attendevano: da un lato, l’assenza continua dei genitori, data la loro personalità, potrebbe essere stato un bene. Inoltre, aveva una figura materna di riferimento e una consigliera in Elizabeth Everest, che lui chiamava “Old Woom”, e l’amorevole tata divenne la sua migliore amica in età adulta. Sebbene trascorresse molto tempo da solo, i giochi con i soldatini alimentarono la sua passione per la vita militare.

Nel sottolineare gli aspetti negativi, i genitori trascuravano le doti di Churchill, in particolare la scrittura e l’oratoria. Di Robert Somervell, insegnante di grammatica e composizione alla Harrow School, Churchill in seguito riconobbe: «Così ho imparato a fondo la struttura essenziale della frase britannica comune, che è una cosa nobile». Per una competizione scolastica, memorizzò e recitò 1.200 versi delle poesie di Thomas Babington Macauley, Lays of Ancient Rome (Canti dell’antica Roma). Si divertiva molto nelle attività dell’Harrow Rifle Corps, in cui si eseguivano esercitazioni e simulazioni di battaglie, e nel 1892 vinse il campionato delle scuole pubbliche per la sua abilità nel tiro con il fucile, l’equitazione e la scherma.

Winston Churchill a cavallo dopo essere fuggito da una prigione boera nel 1899. Pubblico dominio

Le attitudini manifestate nel tempo hanno plasmato l’uomo che in seguito è diventato. Per gran parte della vita si è mantenuto lavorando come giornalista. Il suo coraggio nella guerra boera, compresa un’audace fuga da un campo di prigionia, in Inghilterra ha reso famoso il suo nome. Dei discorsi di Churchill durante la Seconda guerra mondiale, il giornalista Edward R. Murrow, disse che «mobilitò la lingua inglese e la mandò in battaglia» e nel 1953 ricevette il Premio Nobel per la letteratura «per la competenza nella descrizione storica e biografica, nonché per la brillante oratoria nella difesa dei valori umani più elevati».

Per quelle strane combinazioni della vita, Churchill annovera numerosi antenati oltre che nell’aristocrazia britannica e – solo per citarne alcuni – nelle famiglie fiorentine dei Guicciardini e degli Strozzi, anche per parte della madre statunitense – risalendo più indietro – negli Spencer, che erano strettamente imparentati con la famiglia di George Washington.

Il successo ottenuto da altre figure storiche, uomini e donne come Abraham Lincoln e Ulysses Grant, T.E. Lawrence e Margaret Thatcher, sicuramente avrà stupito i coetanei dei loro anni giovanili, che solo in seguito hanno potuto riconoscere come quei primi anni li abbiano dotati degli strumenti per emergere e affrontare le sfide che li attendevano. Chiamatelo fato, chiamatelo destino, chiamatelo Dio o caso: qualunque sia la causa, le aspirazioni della giovinezza, così spesso disprezzate dagli altri o rimpianti dagli stessi protagonisti, hanno generato risultati inaspettati.