L’impatto degli auricolari wireless sulle nuove generazioni

di Redazione ETI/Marina Zhang
27 Agosto 2025 19:04 Aggiornato: 27 Agosto 2025 19:04

L’uso sempre più diffuso degli auricolari senza fili, come gli AirPods di Apple, sta sollevando crescenti timori per la salute uditiva, in particolare tra le giovani generazioni. Negli ultimi anni, gli esperti hanno registrato un incremento di casi di perdita uditiva e acufeni, spesso legati a un utilizzo scorretto di questi dispositivi. La combinazione di funzioni avanzate, come la cancellazione del rumore, e l’abitudine di indossarli per ore, anche a volume moderato, rappresenta una sfida significativa per la protezione dell’udito.

Secondo l’American Osteopathic Association, circa il 20% degli adolescenti è a rischio di perdita uditiva, in parte dovuta a un uso intensivo di dispositivi audio. Uno studio pubblicato sull’International Journal of Audiology evidenzia che tra il 6% e il 60% degli utenti manifesta sintomi come difficoltà uditive o acufeni. Un sondaggio condotto dall’Università del Michigan ha rilevato che due terzi dei bambini tra i 5 e i 12 anni utilizzano regolarmente auricolari o cuffie. Nel 2021, i dispositivi della casa di Cupertino dominavano il mercato statunitense, e un’indagine di Piper Sandler del 2022 ha mostrato che il 72% degli adolescenti possedeva gli AirPods. Il problema non risiede tanto nella tipologia di dispositivo, quanto nell’uso sconsiderato. La praticità del wireless, la qualità sonora superiore e la cancellazione del rumore incentivano un abuso. Gli esperti spiegano che anche un ascolto a volume moderato, se prolungato, può danneggiare la coclea, l’organo che converte le onde sonore in segnali per il cervello. L’uso continuativo affatica le cellule cocleari, e la loro compromissione può portare a una perdita uditiva permanente.

Il danno da rumore è cumulativo e proporzionale alla durata di esposizione. Uno studio del 2021, pubblicato su Medicine, ha rilevato che tra gli adolescenti che utilizzano auricolari per oltre 80 minuti al giorno in ambienti rumorosi, uno su cinque sviluppa perdita uditiva, con un rischio 4,7 volte maggiore rispetto a chi li usa per periodi più brevi. I sintomi includono riduzione della sensibilità ai suoni, difficoltà a distinguerli, acufeni o danni irreversibili. Inoltre, i dispositivi in-ear creano un ambiente umido e chiuso nel canale uditivo, favorendo infezioni. La mancata pulizia e la ridotta ossigenazione del canale alterano il microbiota auricolare, mentre micro-lesioni accidentali durante l’inserimento possono aggravare il rischio.

La cancellazione del rumore, sempre più diffusa, comporta ulteriori complicazioni. Eliminando i suoni ambientali, può indurre iperacusia, una condizione che rende il cervello intollerante a rumori quotidiani, come il ticchettio di una tastiera, generando stress. Gli studi indicano che circa il 20% delle persone con acufeni soffre anche di iperacusia. L’acufene cronico è spesso associato alla perdita uditiva e all’iperattività cerebrale: il cervello, privo di input sonori a certe frequenze, tenta di compensarli generando suoni fantasma, più evidenti in ambienti silenziosi o con dispositivi a cancellazione del rumore. Le radiazioni non ionizzanti emesse dai dispositivi wireless, pur rispettando il limite della Federal Communications Commission di un watt e 600 milliwatt per chilogrammo, sollevano interrogativi. In Italia, ad esempio, l’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente e il ministero della Salute applicano in alcuni contesti, come le scuole, soglie più restrittive per le emissioni di antenne di telefonia mobile, con valori di campo elettrico inferiori a quelli europei, per tutelare la salute pubblica, specialmente dei più giovani.

Ricerche su colture cellulari suggeriscono che queste radiazioni possano causare ossidazione e infiammazioni. Un esperimento su ratti ha evidenziato danni cellulari nelle orecchie esposte a segnali Wi-Fi, ma mancano prove dirette per il Bluetooth. Alcuni individui con ipersensibilità elettromagnetica riferiscono sintomi come acufeni o stanchezza. Passare a dispositivi con cavo può attenuare i sintomi in alcuni casi.

Per prevenire danni, gli esperti consigliano di limitare il volume a 85 decibel e di fare pause ogni due ore. Le cuffie over-ear, riducendo la pressione nel canale uditivo, sono preferibili, mentre l’uso di altoparlanti, come confermato da uno studio indiano su mille studenti, non causa perdita uditiva. Sebbene l’acufene sia incurabile, la terapia di rieducazione sonora, che reintegra i suoni persi con toni rilassanti, può ridurre l’iperattività cerebrale in sei-dodici mesi. Uno stile di vita sano, evitando fattori come caffeina o stress, contribuisce a gestire i sintomi. Alcuni pazienti hanno riferito un miglioramento eliminando anche piccole quantità di caffeina. Il Ginkgo biloba, assunto a 240 milligrammi al giorno, può alleviare l’acufene, secondo studi tedeschi.

Le informazioni e le opinioni contenute in questo articolo non costituiscono parere medico. Si consiglia di confrontarsi sul tema col proprio medico curante e/o con specialisti qualificati.


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