Trump chiama Putin per un incontro con Zelensky, ora il nodo è il Donbass

di Giovanni Donato/Joseph Lord
19 Agosto 2025 7:52 Aggiornato: 19 Agosto 2025 19:17

Al termine del vertice di ieri a Washington, Donald Trump ha chiamato Putin per organizzare un faccia a faccia con Zelensky. «Al termine degli incontri, ho chiamato il presidente Putin e ho avviato i preparativi per un incontro, in un luogo da definire, tra il presidente Putin e il presidente Zelensky» ha infatti scritto Trump su Truth. Il presidente americano ha aggiunto che, successivamente al faccia a faccia tra Putin e Zelensky, vi sarà un incontro a tre in cui Trump stesso agirà da mediatore.
Il Cremlino ha fornito lunedì ulteriori dettagli su quanto discusso nella telefonata tra Trump e Putin: «Mezz’ora fa, su iniziativa del presidente statunitense, si è svolta una conversazione telefonica tra Trump e Putin» ha detto l’assistente del Cremlino Yuri Ushakov in un messaggio audio in lingua russa pubblicato su Telegram. Ushakov ha definito la conversazione «franca e altamente costruttiva», ha precisato che Putin e Trump hanno espresso la volontà di proseguire i negoziati e che Putin «ha sottolineato ancora una volta l’importanza degli sforzi personali intrapresi da Trump per individuare soluzioni che portino a una risoluzione duratura in Ucraina».
Zelensky ha dichiarato di essere favorevole a un faccia a faccia di persona con Putin. Parlando fuori dalla Casa Bianca, il presidente ucraino ha detto infatti «noi siamo pronti» in riferimento a successivi incontri con altri leader, commentando come tali riunioni rappresentino l’unico modo per avanzare su «questioni complicate e dolorose» che simili colloqui inevitabilmente comportano. Zelensky ha precisato che non sono ancora state fissate né la data né il luogo per l’incontro con Putin.

Quanto alle “garanzie di sicurezza” per il suo Paese, il presidente ucraino ha poi affermato di aspettarsi che vengano definite entro i prossimi sette-dieci giorni, e ha incoraggiato gli Stati Uniti a «inviare un segnale chiaro» che sarà l’America a «coordinare» – oltre che a garantire direttamente – la futura sicurezza dell’Ucraina. Soprattutto a seconda di come sarà risolto il nodo cruciale di questa trattativa, ovvero la questione territoriale, che per ora resta tutta da affrontare.
Putin ha chiesto la cessione dell’intero Donbass, una regione che in parte ha occupato e di enorme importanza strategica per diverse ragioni, la cui cessione completa renderebbe però – secondo alcuni analisti – del tutto scoperta l’Ucraina rispetto a un eventuale futuro attacco russo. E che quindi richiederebbe un’imponente, e costosissima, linea di difesa alleata. Una sorta di Linea Maginot che – anche se non facesse la misera fine della linea francese, sfondata come niente da Hitler nella Seconda guerra mondiale – un domani potrebbe tenere impegnata l’intera Nato durante un “ipotetico” attacco del regime cinese a Taiwan. O magari a qualche altra nazione dell’area indo-pacifico.

“Dettaglio” di estrema importanza è poi il fatto che le regioni del Donbass richieste da Putin siano ancora in mano alle forze Ucraine: Putin sta insomma chiedendo all’Ucraina di cedere al tavolo delle trattative i territori che non è stato capace di occupare sul campo di battaglia. Un enorme rospo da mandare giù per gli ucraini. Nonostante infatti il fronte sia stato descritto da diverse fonti (anche militari) come una specie di colabrodo, è pure che vero che nessun reparto russo è stato capace di sfondarlo: tutto quello che i russi stanno riuscendo a fare è una serie di incursioni di piccole squadre di commando, ma nulla di più. Insomma: il fronte, a fatica ma tiene. Non a caso, infatti,  Giorgia Meloni a Washington ha parlato di «stallo» nei combattimenti. La Russia si è confermata (molto) meno forte di come tutti immaginavano.

 


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