L’espansionismo cinese nel Mar Cinese Meridionale è un problema del mondo intero

di Mike Fredenburg per et usa
15 Agosto 2025 8:40 Aggiornato: 15 Agosto 2025 8:40

L’11 agosto, due unità navali della marina cinese si sono scontrate mentre interferivano con le operazioni della Guardia costiera filippina, nei pressi dello Scarborough Shoal, all’interno della zona economica esclusiva delle Filippine. Una delle navi cinesi è rimasta gravemente danneggiata, con la prua distrutta e impossibilitata a navigare: un’umiliazione per Pechino, resa ancora più evidente quando la parte filippina ha offerto assistenza. Al di là della giustizia poetica di questo episodio, emerge una realtà più seria: l’aggressione marittima sempre più intensa della Cina comunista richiede qualcosa di più che proteste inefficaci e denunce ignorate presso gli organismi internazionali. Serve una risposta regionale unita, ben più decisa di quanto visto finora. Con gli interessi statunitensi in gioco, il presidente Trump ha l’opportunità di contribuire alla soluzione, legando l’accesso cinese al mercato americano al rispetto del diritto marittimo e della sovranità nazionale.

Quest’ultimo scontro ha coinvolto il cutter filippino Suluan da 2.600 tonnellate, che stava consegnando rifornimenti ai pescatori quando è stato inseguito dal cutter della Guardia costiera cinese Ccg 3104 da 2.000 tonnellate e dal cacciatorpediniere di tipo 052D Guilin da 7.500 tonnellate. Le due navi cinesi si sono scontrate durante l’operazione. L’incidente si è verificato a sole 75 miglia nautiche da Palawan, all’interno della zona economia esclusiva filippina, e a oltre 630 miglia nautiche dall’isola cinese di Hainan: un fatto ribadito dalla sentenza dell’Aia del 2016 in base alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (o Unclos). Le riprese video mostrano il Ccg 3104 che utilizza cannoni ad acqua prima di una manovra imprudente che ha causato la collisione. Sebbene questo non significhi che l’intera Marina cinese sia incompetente, l’episodio è stato certamente imbarazzante. Soprattutto, ha posto in primo piano la violazione del diritto internazionale da parte del regime cinese e offre a Trump la possibilità di vincolare l’accesso della Cina ai mercati statunitensi a un comportamento meno avventato.

Per contestualizzare, la base delle pretese di Pechino su quasi tutto il Mar Cinese Meridionale è la cosiddetta «linea dei nove tratti», una vaga rivendicazione a forma di U che copre oltre il 90 per cento del Mar Cinese Meridionale, invadendo le Zee di Taiwan, Filippine, Indonesia, Brunei, Vietnam e Malesia. Creata nel 1947, questa linea manca di fondamento giuridico, come stabilito dalla corte dell’Aia nel 2016, che ha confermato i diritti delle nazioni costiere a una Zee di 200 miglia nautiche in base all’Unclos e ha giudicato illegale l’interferenza cinese con le navi da pesca filippine. Il regime cinese è inoltre protagonista di aggressive e improbabili rivendicazioni territoriali nel Mar Cinese Orientale, considerate illegali dal Giappone e dagli Stati Uniti. L’uso di cannoni ad acqua da parte della Cina costituisce un impiego di forza letale che potrebbe essere interpretato come atto di guerra, dato che continua a danneggiare navi commerciali e militari di altri paesi, ferendo anche i marinai. Ad esempio, una persona colpita in pieno da uno di questi getti ad alta pressione potrebbe sbattere la testa a bordo o essere scaraventata fuoribordo.

L’attacco al Suluan, finito in umiliazione, è solo l’ultimo di una lunga serie di incidenti. Il 5 marzo,la Guardia costiera cinese ha sparato con cannoni ad acqua e speronato la Brp Sierra Madre presso il Second Thomas Shoal, ferendo quattro membri dell’equipaggio e danneggiando le navi coinvolte in una missione di rifornimento per l’avamposto filippino al Thomas Shoal. Il regime cinese continua a molestare e intimidire le Filippine. Nel 2019, il Vietnam ha subito provocazioni da navi da guerra cinesi presso il Vanguard Bank, parte della sua Zee a 200 miglia nautiche dalla costa. Nel 2021, la Malesia ha risposto a varie incursioni presso i Luconia Shoals, a 100 miglia da Borneo e all’interno della sua Zee. Nel novembre 2023, una nave da guerra cinese ha diretto impulsi sonar ad alta potenza contro subacquei australiani che stavano liberando reti da pesca dalle eliche della loro fregata della Marina, l’Hmas Toowoomba, costringendoli a uscire dall’acqua per evitare ferite. L’incidente si è verificato all’interno della zona economica esclusiva giapponese, mentre il Toowoomba stava conducendo operazioni a sostegno dell’applicazione delle sanzioni Onu. Secondo il Diving Medical Advisory Committee, un organismo con sede a Londra, alti livelli di suono subacqueo possono causare «vertigini, danni all’udito o altre lesioni» ai subacquei. Un’altra provocazione si è verificata l’11 febbraio di quest’anno, quando un jet militare cinese ha rilasciato razzi vicino a un P-8 Poseidon della Raaf in spazio aereo internazionale, in un modo giudicato «non sicuro e non professionale» dal governo australiano.

Altri Stati provocati dal regime cinese sono Brunei, Indonesia e, naturalmente, Taiwan. Ignorando completamente il diritto internazionale, la Cina continua a costruire piccole isole artificiali da cui rivendica illegalmente nuove acque territoriali. L’ex comandante del Comando indo-pacifico degli Stati Uniti, l’ammiraglio John Aquilino, ha dichiarato: «Sono molto preoccupato per la direzione che sta prendendo. Queste azioni sono pericolose, illegali e destabilizzano la regione». Nonostante le preoccupazioni crescenti come quelle espresse da Aquilino e da altri legislatori statunitensi, nonché la condanna emessa dall’ambasciatore statunitense nelle Filippine MaryKay Carlson per l’attacco dell’11 agosto a una nave da guerra filippina, le risposte sono state in gran parte simboliche, e Pechino ha continuato a giustificare la sua violazione del diritto internazionale.

Le azioni di Pechino meritano una risposta concreta, e le negoziazioni commerciali in corso con Washington potrebbero essere un momento opportuno per legare la futura capacità della Cina di accedere ai mercati statunitensi alle sue azioni nel Mar Cinese Meridionale. Fortunatamente, il tempismo dell’incidente più recente si allinea con gli sforzi di Trump per rinegoziare il rapporto commerciale Usa-Cina, passando da un rapporto che danneggia l’economia e la sicurezza nazionale statunitense, come avvenuto per circa 30 anni, a uno che sia vantaggioso per gli Stati Uniti. Disposizioni commerciali che premino la Cina per il rispetto della libertà di navigazione e delle Zee altrui costituirebbero un approccio migliore, rispetto al contare su una marina statunitense gravemente ridotta per tentare di dissuadere l’aggressione cinese operando nel cuore del potere cinese nel Mar Cinese Meridionale, dove essa gode di un vantaggio enorme sulla marina statunitense grazie alla sua marina, aeronautica e forze terrestri, tutte dotate di migliaia di missili antinave. E gli Stati Uniti non possono e non devono essere tenuti a arginare la Cina da soli. Sì, come grande potenza, gli Stati Uniti hanno interesse a mantenere la libertà di navigazione. Ma gli Stati Uniti non hanno zone economiche esclusive né nel Mar Cinese Meridionale né in quello Orientale. Di conseguenza, il coinvolgimento statunitense nella dissuasione della Cina dovrebbe avvenire nell’ambito una coalizione. Più specificamente, le nazioni le cui Zee sono violate dal regime cinese non possono contare solo sugli Stati Uniti e sui contribuenti americani per difendere i loro interessi: devono anche adottare misure proattive, tra cui l’imposizione di sanzioni commerciali e un significativo aumento degli investimenti in capacità navali e di difesa. Solo attraverso azioni di questo tipo, eseguite da una coalizione unita, la Cina sarà dissuasa in modo efficace.


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