Il governatore del Minnesota, Timothy James Walz, lancia un appello al Partito Democratico per ricucire lo strappo con i giovani elettori maschi, sempre più distanti. In un’intervista concessa questa settimana al podcast At Our Table, Walz ha esortato il partito a offrire a questi giovani obiettivi, orgoglio e opportunità concreti. Senza un cambio di rotta, avverte, rischiano di finire nelle «mani della destra», attratti da figure come il presidente Donald Trump o l’influencer Andrew Tate.
Stabilendo un parallelismo alquanto curioso, Walz ha ribadito l’urgenza di capire cosa spinga i giovani, soprattutto maschi, a disinteressarsi alla politica o ad abbracciare idee repubblicane: «In particolare i giovani bianchi», ha dichiarato, citando un’interessante conversazione con suo figlio. «Mi ha detto: “Papà, per molti di loro non si tratta di politica. È l’emozione, l’entusiasmo, il fatto che Trump sia portatore di una sorta di circo equestre”».
L’ex candidato alla vicepresidenza — che nel 2024 ha perso la campagna elettorale insieme a Kamala Harris — ha sottolineato che il problema non si limita alla comunicazione: il Partito democratico fatica a offrire agli uomini una prospettiva chiara e ispiratrice per il loro futuro, che vada oltre il semplice intrattenimento e rappresenti un progetto concreto e significativo. Nelle ultime tornate elettorali, i Democratici hanno perso terreno tra i maschi bianchi della classe lavoratrice. Ma, secondo Walz, i dati più recenti mostrano un calo anche tra i giovani latini e afroamericani. Walz ha criticato la (dopotutto normale) tendenza della sinistra a puntare solo su temi come la riforma carceraria o il diritto di voto, trascurando le aspirazioni di chi guarda a imprenditorialità, accesso al capitale e crescita: «Donald Trump cattura l’idea di ricchezza e successo. Noi Democratici vogliamo che le persone paghino la loro giusta quota di tasse, ma perché dovremmo opporci al loro successo? Non possiamo farlo». Walz ha esortato il Partito democratico a promuovere un approccio favorevole alle imprese, purché fondato su principi di equità e opportunità concrete, sottolineando che non tutte le aziende sfruttano i lavoratori e che insistere su questo punto rischia di allontanare una parte dell’elettorato. Una virata verso il centro, insomma.
Riflettendo sulla fallimentare, per i democratici, campagna elettorale del 2024, Waltz nella sua autoanalisi ha individuato un errore ricorrente: la tendenza dei democratici a modificare eccessivamente la strategia, a ritirarsi o a fare troppo affidamento sui consulenti quando lo slancio cresce, adottando un atteggiamento difensivo che frena l’entusiasmo e l’efficacia. Secondo Waltz, infatti, il partito aveva trovato un ritmo efficace all’inizio della campagna e durante la convention democratica di Chicago, con Kamala Harris al culmine del suo slancio, ma ha poi perso terreno quando l’attenzione mediatica si è affievolita, lasciando spazio a un immobilismo che ha contrastato con la costanza di Donald Trump, attivo senza sosta per quattro anni.
Queste riflessioni arrivano mentre i Democratici si preparano a tentare di recuperare terreno in vista delle elezioni di medio termine del 2026. Walz ha insistito sulla necessità di costruire subito una solida infrastruttura, senza attendere la scelta del candidato presidenziale. Nel sistema bipartitico americano, infatti, i partiti politici non sono le organizzazioni articolate e stabilmente strutturate che conosciamo in Italia: sono strutture molto snelle che si mobilitano e si dilatano – creando veri e propri “comitati” elettorali – in corrispondenza delle elezioni politiche, che negli Stati Uniti si tengono ogni due anni, per rinnovare in parte la Camera e il Senato federali, e ogni quattro anni per nominare il Presidente, che – diversamente dall’Italia – è eletto dai cittadini (attraverso il meccanismo dei Grandi Elettori) ed è al tempo stesso Primo cittadino della repubblica e capo del Governo.