L’amministrazione Trump chiede la fine della persecuzione del Falun Gong

di Redazione ETI/Eva Fu
18 Luglio 2025 15:47 Aggiornato: 18 Luglio 2025 15:47

In vista del 20 luglio, anniversario dell’inizio della repressione del Falun Gong avviata nel 1999, il ministero degli Esteri statunitense ha rivolto un nuovo appello al regime comunista cinese affinché ponga fine alla persecuzione contro i praticanti della disciplina. A distanza di oltre due decenni, il tema continua a suscitare attenzione non solo per le gravi implicazioni in materia di diritti umani, ma anche per le conseguenze che tale repressione comporta sul piano internazionale. «Da oltre 26 anni, il Partito comunista cinese conduce una sistematica repressione nei confronti dei praticanti del Falun Gong e delle loro famiglie», ha dichiarato un portavoce del ministero a The Epoch Times Usa. «Si rinnova l’invito al Partito affinché metta fine a questa campagna di sterminio».

Alla fine degli anni ’90, si stima che il numero dei praticanti del Falun Gong in Cina oscillasse tra i 70 e i 100 milioni. La disciplina, fondata su esercizi meditativi e su valori come verità, compassione e tolleranza, veniva considerata da molti come un mezzo per migliorare la salute e la condotta personale. Dopo un’iniziale apertura, le autorità hanno iniziato a percepire la popolarità del movimento come una minaccia alla propria autorità, dando così avvio, il 20 luglio 1999, a una vasta e cruenta campagna di persecuzione. Le misure adottate comprendono lavori forzati, torture e varie forme di coercizione psicofisica, con l’obiettivo di costringere i praticanti ad abbandonare la propria fede.

Secondo Minghui.org, sito che documenta in modo indipendente la repressione, sono migliaia le morti verificate sulla base di testimonianze dirette. La cifra reale sarebbe tuttavia molto più alta, anche in considerazione dell’assenza di trasparenza da parte delle autorità cinesi. Diversi studi indipendenti indicano inoltre che un numero imprecisato di vittime è stato sottoposto a prelievo forzato di organi, pratica che alimenta l’industria dei trapianti gestita dal regime.

Nel 2019, un tribunale indipendente con sede a Londra ha concluso che i praticanti del Falun Gong costituiscono la principale fonte di organi per i trapianti forzati in Cina. Un’accusa grave, che ha riacceso il dibattito internazionale e portato, in alcuni casi, a iniziative legislative specifiche. Negli Stati Uniti, ad esempio, la Camera dei deputati ha approvato due proposte di legge — il Falun Gong Protection Act e lo Stop Forced Organ Harvesting Act — ora in attesa di discussione al Senato. Diversi Stati federali hanno nel frattempo introdotto norme per scoraggiare il ricorso a trapianti eseguiti in Cina. Il Falun Gong Protection Act è stato promosso durante la precedente legislatura dal senatore Marco Rubio, oggi ministro degli Esteri, da sempre critico nei confronti delle violazioni commesse dal regime cinese. «Il Partito comunista cinese ha potuto agire per troppo tempo nella più totale impunità», ha affermato Rubio nel 2024. «Gli Stati Uniti non accetteranno simili atrocità».

Sollecitazioni in tal senso sono giunte anche da ambienti parlamentari. Il senatore Rick Scott, interpellato dalla nostra emittente consociata Ntd Tv, ha definito «ripugnante» il prelievo forzato di organi e ha auspicato un rapido voto sulle proposte di legge. Scott ha richiamato l’attenzione anche su un recente episodio che ha coinvolto uno studente di medicina cinese, trovato morto in circostanze sospette dopo aver raccolto materiale probatorio sul traffico di organi nell’ospedale in cui lavorava. Secondo il senatore, sarebbe necessario trasmettere un chiaro messaggio al governo cinese: tali pratiche non possono essere tollerate.
Parole dure anche da parte del deputato Brian Babin, che ha definito tali pratiche «oltre ogni immaginazione». «Si parla di detenuti — obiettori di coscienza, dissidenti politici — dei quali si registrano gruppo sanguigno e caratteristiche dei tessuti», ha dichiarato Babin a The Epoch Times il 15 luglio. «Quando arriva la richiesta di un organo compatibile, si procede al prelievo forzato e la vittima perde la vita». Secondo il deputato, si tratta di un’industria dal valore di miliardi di dollari.

Negli ultimi anni, la repressione nei confronti dei praticanti del Falun Gong si è estesa anche al di fuori dei confini cinesi, in particolare negli Stati Uniti. Secondo fonti riservate, a spingere verso un’intensificazione di tali operazioni è stato un ordine impartito nel 2022 dal Segretario generale del Pcc, Xi Jinping. Tra le azioni messe in campo figurano tentativi documentati di intimidazione, disinformazione e interferenza nei confronti della comunità del Falun Gong. Negli Stati Uniti si registrano oltre 140 episodi di minaccia, tra cui intimidazioni fisiche e falsi allarmi bomba. In un caso emblematico, due cittadini cinesi sono stati condannati per aver cercato di corrompere un funzionario dell’Agenzia delle entrate allo scopo di colpire la compagnia artistica Shen Yun, fondata da praticanti del Falun Gong.

Simili episodi sollevano interrogativi sulla capacità delle democrazie occidentali di fronteggiare una repressione che non si limita più all’interno della Cina, ma tende ad estendersi al di fuori dei suoi confini. Diversi osservatori ritengono che si tratti di un banco di prova per l’Occidente: da un lato, per la difesa dei principi fondamentali su cui si fondano i sistemi democratici; dall’altro, per la tutela della propria sovranità e sicurezza rispetto a dinamiche di interferenza esterna sempre più sofisticate. Ma il dibattito resta aperto anche sul piano economico. Alcuni parlamentari statunitensi propongono infatti di utilizzare la leva commerciale per esercitare pressione sul governo cinese: il mancato accesso al mercato americano da parte delle esportazioni cinesi potrebbe indurre il regime cinese a rivedere la propria condotta.


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