Altri guai da Cambridge Analytica per Zuckerberg

di Redazione ETI/Austin Alonzo
16 Luglio 2025 18:25 Aggiornato: 16 Luglio 2025 22:28

Mark Zuckerberg, amministratore delegato di Meta Platforms, insieme ad altri attuali ed ex alti dirigenti dell’azienda, è accusato da alcuni azionisti di non aver adeguatamente tutelato i dati degli utenti di Facebook. Il 16 luglio, un processo senza giuria è iniziato presso la corte di cancelleria del Delaware.

Zuckerberg e gli altri dirigenti sono chiamati a rispondere di non aver protetto adeguatamente i dati degli utenti, con conseguente multa record di 5 miliardi di dollari inflitta dalla Federal Trade Commission, più spese per diversi miliardi. La causa, intentata dagli azionisti in forma derivativa, chiede il risarcimento danni a Zuckerberg, all’ex direttore operativo di Facebook Sheryl Sandberg, all’ex vicepresidente Konstantinos Papamiltiadis e ad altri membri del consiglio di amministrazione per violazione dei loro doveri fiduciari.

I convenuti respingono le accuse, definendole eccessive, e sostengono che Facebook abbia investito miliardi di dollari per migliorare la privacy degli utenti a partire dal 2019. Nel corso del processo, è prevista la testimonianza di Zuckerberg e di altre figure di rilievo legate a Meta. Tra i potenziali testimoni figurano il venture capitalist Marc Andreessen, il cofondatore di Netflix Reed Hastings, l’ex dirigente di PayPal Peter Thiel, l’ex capo di gabinetto della Casa Bianca Jeffrey Zients e altri che hanno fatto parte del consiglio di amministrazione di Meta nel periodo in questione. Meta Platforms, invece, non è direttamente accusata e non ha rilasciato commenti.

Al centro della richiesta di risarcimento vi è l’accordo siglato nel 2012 tra Facebook e la Federal Trade Commission, che imponeva all’azienda di tutelare la privacy degli utenti e di ottenerne il consenso esplicito prima di condividere dati oltre le impostazioni di privacy selezionate; un accordo nato a seguito di precedenti preoccupazioni legate alla gestione della privacy, che obbligava Facebook a fornire agli utenti «notifiche chiare e ben visibili» sulla raccolta dei dati e a ottenere il loro «consenso espresso» per la condivisione dei dati oltre le preferenze di privacy.

Gli attori della causa sostengono che i dirigenti e i membri del consiglio di amministrazione di Facebook avrebbero intenzionalmente omesso di garantire il rispetto di tale accordo. Secondo i querelanti, questa negligenza avrebbe contribuito allo scandalo Cambridge Analytica. I convenuti, invece, affermano che Zuckerberg e il consiglio abbiano adottato misure per conformarsi ai requisiti della Federal Trade Commissione e che Facebook sia stato ingannato da Cambridge Analytica.
Secondo i documenti giudiziari, i convenuti dichiarano che Zuckerberg abbia utilizzato un piano di compravendita di azioni strutturato per evitare operazioni di insider trading, senza quindi trarre profitti indebiti. Ma secondo i querelanti, le politiche di Facebook hanno permesso ad applicazioni di terze parti di raccogliere non solo i dati degli utenti, ma anche quelli dei loro amici; vulnerabilità poi sfruttata da Cambridge Analytica.

Lo scandalo Cambridge Analytica ha comportato l’impropria acquisizione, da parte della omonima società di consulenza, dei dati di circa 87 milioni di utenti di Facebook. Dati poi usati per creare profili politici durante la campagna presidenziale statunitense del 2016. Le ripercussioni dello scandalo hanno avuto un impatto mondiale. La multa di 5 miliardi di dollari, imposta dalla Federal Trade Commission a Facebook nel 2019, rappresentava all’epoca la sanzione più alta mai inflitta per violazione della privacy.


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