Rubio: il regime cinese deve rispettare il diritto internazionale

di Redazione ETI/Frank Fang
15 Luglio 2025 17:44 Aggiornato: 15 Luglio 2025 21:40

Il ministro degli Esteri degli Stati Uniti, Marco Rubio, ha duramente criticato la dittatura comunista cinese per il suo rifiuto di rispettare la sentenza arbitrale internazionale del 2016 che ne ha rigettato le pretese territoriali nel Mar Cinese Meridionale, e per le sue azioni sempre più ostili nei confronti delle nazioni confinanti.

Rubio ha esortato il governo cinese a «rispettare la decisione arbitrale del 2016 e a cessare la propria condotta pericolosa e destabilizzante», sottolineando che la sentenza, pronunciata all’unanimità da un panel di cinque membri della Corte, è «vincolante dal punto di vista giuridico sia per le Filippine sia per la Cina» e rappresenta una «base utile per risolvere pacificamente le dispute tra le parti nel Mar Cinese Meridionale».

La decisione del 2016 ha respinto la pretesa del regime cinese della cosiddetta “linea a nove tratti”, che rivendicava circa l’85% dei 5,7 milioni di chilometri quadrati del Mar Cinese Meridionale, dichiarando che tale rivendicazione era incompatibile con la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos).
«Dal 2016, la Cina ignora la sentenza, continuando a sostenere pretese marittime illegali ed espansive e adottando azioni sempre più aggressive contro i suoi vicini», ha dichiarato Rubio. «Le rivendicazioni espansionistiche di Pechino violano direttamente i diritti sovrani e le giurisdizioni di Vietnam, Filippine, Malesia, Brunei e Indonesia, minando la pace, la stabilità e la prosperità nella regione indo-pacifica». Rubio ha poi ribadito il sostegno degli Stati Uniti a un Indo-Pacifico libero: «noi vogliamo preservare la pace e la stabilità, garantire la libertà di navigazione e sorvolo, mantenere il libero flusso del commercio e opporci a qualsiasi forma di coercizione per risolvere le dispute marittime».

Negli ultimi anni, le Filippine sono state la principale vittima dell’aggressività del regime cinese nel Mar Cinese Meridionale. Nel 2024, Manila ha denunciato Pechino per aver speronato le sue imbarcazioni, utilizzato cannoni ad acqua contro le sue navi e lanciato razzi di segnalazione contro i suoi aerei. La maggior parte degli incidenti è stata registrata nei pressi della contesa Sabina Shoal. L’episodio più recente si è verificato il 12 luglio, quando un’unità navale e una della Guardia Costiera cinese hanno operato all’interno della zona economica esclusiva delle Filippine, al largo dell’isola di Cabra, nella provincia di Occidental Mindoro. Contattata via radio, la nave della marina cinese non ha risposto, quella della Guardia Costiera ha rivendicato la sovranità e la giurisdizione della Cina su quelle acque.

Le Filippine avevano avviato il procedimento arbitrale contro la Cina nel 2013, culminato nella sentenza del 2016. Il ministero degli Esteri filippino, in una nota rilasciata in occasione dell’anniversario, ha definito la sentenza «una pietra miliare della politica marittima filippina e dell’incessante difesa del paese per un ordine basato sul diritto internazionale». Il ministro degli Esteri filippino, Maria Theresa Lazaro, in un messaggio registrato per un forum locale l’11 luglio, riportato dall’agenzia di stampa Philippine News Agency, ha definito «preoccupante» il continuo rifiuto della Cina di accettare la sentenza, e ha criticato Pechino per le sua condotta ostile e di fatto sprezzante del diritto internazionale.

Australia, Canada, Unione Europea, Giappone e Nuova Zelanda hanno rilasciato dichiarazioni in occasione dell’anniversario, sottolineando che la sentenza è vincolante. «Il Giappone riafferma che non esiste alcuna base giuridica per le estese pretese marittime della Cina nel Mar Cinese Meridionale», ha dichiarato il Ministro degli Esteri giapponese Takeshi Iwaya in una nota.

«Le azioni coercitive e pericolose della Cina contro le navi filippine e vietnamite […] mettono a rischio la sicurezza marittima e compromettono gravemente la pace e la sicurezza regionale», ha detto il ministero degli Esteri e del Commercio canadese.

In risposta, un portavoce degli Esteri cinese, il 12 luglio, ha definito la sentenza del 2016 «un pezzo di carta straccia, illegale, privo di ogni valore e non vincolante».