Anche Bruxelles alza i dazi e lancia la «reindustrializzazione europea»

di Cesare Colombo
8 Ottobre 2025 15:59 Aggiornato: 8 Ottobre 2025 17:43

Donald Trump non è più solo a difendere e rilanciare il proprio settore industriale. L’Unione Europea ha annunciato il 7 ottobre l’intenzione di raddoppiare i dazi sull’acciaio importato con l’obiettivo di tutelare i produttori europei, messi in crisi dall’eccesso di produzione innanzitutto cinese.
«Per salvare le nostre acciaierie e i posti di lavoro in Europa, riduciamo della metà la quota di acciaio importata dall’estero e raddoppiamo i dazi, passando dal 25 al 50%» ha dichiarato il commissario per l’Industria Stéphane Séjourné ai giornalisti, «questa è la nuova clausola di salvaguardia sull’acciaio. È la riaffermazione della reindustrializzazione europea».

La proposta prevede di abbassare il volume delle importazioni non gravate da dazi a 18,3 milioni di tonnellate l’anno, una riduzione di circa il 47% rispetto al 2024. Inoltre, i dazi applicati alle importazioni che superano tale limite salirebbero al 50%, e verrebbero introdotte regole di tracciabilità più stringenti richiedendo la prova dell’origine per impedire l’elusione della norma.

Il piano europeo arriva pochi mesi dopo che il presidente degli Stati Uniti ha innalzato al 50% i dazi su acciaio e alluminio, a partire dal 4 giugno.

Secondo l’Associazione mondiale dell’acciaio, nel 2024 la Cina ha prodotto più di un miliardo di tonnellate di acciaio, superando di gran lunga l’India, seconda produttrice, con 149 milioni di tonnellate. Gli Stati Uniti si sono al quarto posto. L’unico Paese dell’Unione Europea presente nei primi dieci, la Germania, è al settimo posto.

Anche Ursula von der Leyen ha sottolineato l’importanza di un intervento rapido per difendere un settore cruciale per l’economia e la sicurezza del continente: «Un settore siderurgico forte e decarbonizzato è essenziale per la competitività, la sicurezza economica e l’autonomia strategica dell’Unione europea – ha detto la presidente della Commissione – L’eccesso di produzione mondiale danneggia la nostra industria. Dobbiamo agire subito: sollecito il Consiglio e il Parlamento a procedere con rapidità». La Commissione ha così recepito le istanze del settore siderurgico europeo, che ha chiesto politiche più restrittive a Bruxelles.

Le misure proposte, che devono ancora ottenere l’approvazione degli Stati e dei parlamentari europei, sostituiranno il regime di salvaguardia in vigore fino a giugno 2026. Norvegia, Islanda e Liechtenstein saranno esentate in base agli accordi commerciali esistenti, e potrebbe esserci un trattamento speciale per l’Ucraina.

L’industria siderurgica rappresenta naturalmente la pietra angolare anche dell’economia europea. L’Ue è il terzo produttore siderurgico mondiale, con circa 300 mila addetti diretti e un indotto di 2 milioni e mezzo di posti di lavoro.
Dal 2007 il settore siderurgico dell’Ue ha perso circa 65 milioni di tonnellate di capacità produttiva e ha visto ridurre i posti di lavoro tra 90 e 100 mila unità, secondo i dati della Commissione. Il tasso di utilizzo della capacità produttiva è sceso al 67% nel 2024, significativamente al di sotto del livello considerato ottimale (80%), con conseguenti ingenti perdite. Axel Eggert, presidente dell’Associazione europea dell’acciaio, ha accolto positivamente la proposta, sottolineando il fatto che gli impianti europei operino al 65%, il che causa licenziamenti e chiusure.

La Commissione ha anche promesso di proseguire le trattative con l’Organizzazione mondiale del commercio e il Forum globale sull’eccesso di capacità siderurgica al fine di affrontare le «cause profonde» della sovraccapacità. Cause, per inciso, tutt’altro che misteriose: che il regime cinese produca in eccesso per distruggere la concorrenza – e sfruttando operai con stipendi da fame, quando non ridotti direttamente in schiavitù – è un dato di fatto ben noto al mondo intero, da decenni. Ma, fino a gennaio 2025, lo “stile affaristico” cinese non sembrava rappresentare un grosso problema. Nè a Washington né a Bruxelles.


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