Lavorare troppe ore fa male . Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, in un anno il “superlavoro” ha causato 745 mila decessi per malattie cardiache e ictus. Gli studi collegano l’eccesso di lavoro a esiti negativi per la salute, ma i meccanismi biologici restano poco chiari. Una recente ricerca rivela che lavorare a lungo aumenta il volume di varie regioni cerebrali, possibile causa delle difficoltà cognitive ed emotive in chi supera le 40 ore settimanali. Questi risultati, uniti a evidenze che correlano il superlavoro a patologie come le malattie cardiache, sottolineano l’importanza dell’equilibrio tra lavoro e vita privata.
Il 28% dei partecipanti allo studio lavorava oltre 52 ore settimanali, un livello considerato eccessivo. Si è riscontrato un aumento di volume in 17 regioni cerebrali, con un incremento del 19% del giro frontale medio, cruciale per memoria, attenzione ed elaborazione del linguaggio. Influenzati anche il giro frontale superiore, legato a pianificazione e decisioni, e l’insula, che regola funzioni motorie, sensoriali, autonomiche, consapevolezza di sé ed emozioni. Questi cambiamenti potrebbero spiegare le difficoltà cognitive ed emotive associate al superlavoro. E indicano uno stress cerebrale che cerca di adattarsi a carichi eccessivi.
L’eccesso di lavoro aumenta il rischio di diverse patologie. Uno studio su oltre 14 mila coreani con prediabete, pubblicato su Annals of Occupational and Environmental Medicine, ha rilevato che lavorare oltre 52 ore settimanali favorisce la progressione verso il diabete, probabilmente per stili di vita sedentari, aumento di tabacco e alcol, e stress che altera il metabolismo del glucosio. Un’analisi su Current Cardiology Reports evidenzia una lieve correlazione tra lavorare 55 o più ore settimanali e patologie come coronaropatie e ictus, legata a coagulazione del sangue e instabilità elettrica del battito cardiaco. Anche l’Oms conferma il legame con infarti e ictus. Inoltre, un’analisi su International Journal of Environmental Research and Public Health associa il troppo lavoro a una ridotta durata del sonno, inferiore a sei o sette ore giornaliere, con conseguente aumento del rischio di malattie croniche.
Motivazioni positive, come passione o senso di missione, possono attenuare gli effetti dello stress cronico, generando uno stress positivo. Ma la mancanza di sonno e pause causa comunque usura cerebrale e fisica, anche in chi ama il proprio lavoro.
Per un sano equilibrio tra lavoro e vita privata, è utile stabilire confini netti: evitare email di lavoro dopo l’orario, pianificare il tempo libero come un impegno improrogabile, ascoltare segnali di stanchezza o insonnia e dedicare tempo ad attività rigeneranti come hobby o esercizio fisico. L’equilibrio richiede scelte consapevoli.
Arginare l’eccesso di lavoro richiede interventi strutturali. Le organizzazioni dovrebbero limitare le ore eccessive, offrire risorse per gestire lo stress, promuovere culture aziendali che valorizzino il benessere e proteggere la salute cerebrale e la produttività. Uno studio su BioMed Research International evidenzia che orari flessibili e telelavoro riducono lo stress da conciliazione tra lavoro e famiglia.
Lavorare in modo eccessivo compromette la vita: disconnette da riposo, relazioni e consapevolezza di sé. Il sistema nervoso, in costante stato di sopravvivenza, non distingue tra emergenze lavorative e vitali e ostacola il benessere. L’equilibrio non significa solamente gestione del tempo, ma indirizzare le energie in linea con i propri valori. Performance, longevità e realizzazione derivano da regolazione, confini chiari e pause consapevoli.
L’equilibrio tra lavoro e vita privata implica integrare lavoro, famiglia, volontariato e cura di sé, senza cercare una parità assoluta. In certi momenti, la famiglia prevale (come nell’assistenza a un genitore), mentre in altri, come l’avvio di un’attività, il lavoro domina. Ma anche in questi casi, preservare tempo per famiglia e salute resta essenziale, poiché il troppo lavoro, pur comune, non è mai salutare.
Le informazioni e le opinioni contenute in questo articolo non costituiscono parere medico. Si consiglia di confrontarsi sul tema col proprio medico curante e/o con specialisti qualificati.