Le ricerche scientifiche sugli effetti di una vita trascorsa online rivelano dati preoccupanti, soprattutto per gli adolescenti. L’uso compulsivo di internet risulta associato a modifiche cerebrali che favoriscono comportamenti di dipendenza e ostacolano lo sviluppo intellettuale e fisico. Data la gravità della questione, risulta necessario introdurre un’educazione precoce sui rischi legati a un utilizzo non sano degli schermi. Negli Stati Uniti, nel 2023, gli adolescenti hanno trascorso in media 4,8 ore al giorno sui social media, per un totale di 33,6 ore settimanali: un tempo paragonabile a un impiego a tempo pieno, secondo l’Agenzia delle entrate americana.
Studi recenti approfondiscono gli effetti della dipendenza da internet sul cervello adolescenziale. Una revisione sistematica condotta dall’University College London e pubblicata a giugno su Plos Mental Health ha analizzato 12 ricerche svolte tra il 2013 e il 2023 su 237 giovani tra i 10 e i 19 anni, tutti con diagnosi formale di dipendenza da internet e provenienti da Paesi asiatici. Questa dipendenza è stata definita come l’incapacità di resistere all’impulso di utilizzare internet, con conseguenze negative sul benessere mentale, sulla vita sociale, scolastica e lavorativa. Attraverso la risonanza magnetica funzionale sono stati esaminati i livelli di connettività cerebrale nei soggetti dipendenti, sia a riposo sia durante attività specifiche. I risultati hanno evidenziato alterazioni in diverse regioni del cervello, con un aumento o una riduzione dell’attività nelle aree normalmente attive a riposo e una diminuzione generale della connettività nelle zone legate al pensiero attivo. Questi cambiamenti favoriscono comportamenti di dipendenza e influenzano negativamente capacità cognitive, coordinazione fisica, salute mentale e sviluppo complessivo.
Un altro studio del 2023, pubblicato su JAMA Pediatrics, ha coinvolto 169 studenti di prima e seconda media di una scuola rurale della Carolina del Nord. Gli studenti sono stati suddivisi in base alla frequenza con cui controllavano i feed di Facebook, Instagram e Snapchat, classificati come abituali (15 o più controlli al giorno), moderati (da 1 a 14) e non abituali (meno di uno). I partecipanti sono stati sottoposti a tre scansioni cerebrali annuali mentre giocavano a un videogioco che prevedeva ricompense e punizioni rappresentate da volti sorridenti o accigliati. Gli utenti abituali hanno mostrato alterazioni nelle aree cerebrali responsabili dell’elaborazione delle ricompense, che normalmente rispondono a stimoli come vincite o rischi, manifestando anche difficoltà nel controllo dei comportamenti impulsivi. Questa ipersensibilità al feedback sociale e la ridotta soddisfazione per stimoli precedentemente gratificanti tendono a spingerli verso la ricerca di esperienze più intense. Ma l’impatto dell’uso abituale varia da individuo a individuo: in alcuni casi si trasforma in un problema, in altri rappresenta un adattamento al contesto digitale.
La dipendenza da internet si manifesta con comportamenti che interferiscono con la vita quotidiana, come l’ossessione per gli schermi, l’incapacità di ridurne l’uso, il disinteresse per altre attività, l’utilizzo di videogiochi per gestire stati d’animo negativi e la compromissione di scuola, lavoro o relazioni, caratteristiche che indicano un’interferenza significativa con le funzioni quotidiane, paragonabile ad altre forme di dipendenza.
Il trattamento della dipendenza da internet negli adolescenti richiede un forte coinvolgimento familiare. Le evidenze scientifiche confermano l’efficacia di un approccio combinato che integra la terapia familiare, utile a migliorare la comunicazione e la collaborazione tra genitori e figli, la promozione di attività alternative per ridurre l’uso dannoso degli schermi e la terapia cognitivo-comportamentale per affrontare le distorsioni cognitive legate all’utilizzo di internet o all’immagine di sé. Questa terapia si basa sul principio che il pensiero influenza emozioni e comportamenti, mentre la terapia familiare rafforza le relazioni per gestire problemi comportamentali o di salute mentale. Una revisione di 57 studi clinici randomizzati ha confermato che questa combinazione risulta tra le più efficaci.
La dipendenza da internet rappresenta spesso un sintomo di problemi sottostanti, come depressione, ansia o disturbo da deficit di attenzione e iperattività, che necessitano di un trattamento specifico per affrontare la radice del problema. Nei casi più gravi si rende necessario un “digital detox”, ovvero una riduzione graduale dell’esposizione agli schermi non essenziali, accompagnata da attività di qualità e abitudini consapevoli, per poi reintrodurre la tecnologia in modo controllato.
L’educazione dei genitori sui rischi dell’uso eccessivo degli schermi rimane cruciale per promuovere abitudini sane nei figli. Il tempo di qualità trascorso con i genitori favorisce l’esplorazione dell’ambiente, il gioco all’aperto e lo sviluppo di competenze emotive, sociali e di resilienza. Un maggiore coinvolgimento genitoriale riduce la probabilità che i giovani sviluppino comportamenti disfunzionali, aiutandoli ad affrontare le sfide della vita senza rifugiarsi in un uso problematico della tecnologia.
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