Trump e Rutte: armi a non finire a Kiev e dazi del 100% a Mosca

di Giovanni Donato
15 Luglio 2025 10:03 Aggiornato: 15 Luglio 2025 17:30

La guerra in Ucraina finirà, in un modo o nell’altro. E non a vantaggio della Russia. Questo il messaggio inviato da Trump nella conferenza stampa col Segretario generale della Nato Mark Rutte nello Studio Ovale di ieri, 14 luglio.

Quanto al come fermarla, il presidente degli Stati Uniti ha deciso di usare la leva che finora, spiega, ha sempre funzionato in tutto il mondo: i soldi. Tra India e Pakistan stava per scoppiare un «conflitto nucleare», ma usando la leva commerciale il pericolo è stato sventato. Lo stesso metodo è stato usato, ha detto Trump, per fermare la guerra tra Ruanda e Congo, che «andava avanti da trent’anni» e che ha fatto «sette milioni di morti» spesso massacrati in modo cruento («teste mozzate a colpi di machete»). E poi la Serbia e il Kosovo, che stavano per tornare in guerra: «anche lì ho usato il commercio» per evitarla, ha sottolineato Trump, per poi arrivare al punto: l’unico conflitto che non si riesce a fermare è quello in Ucraina. E per un motivo semplice, è la linea di ragionamento di Trump: Putin non vuole.
Putin è «cordiale e gentile al telefono» ha più volte sottolineato Trump, ma poi, appena chiude, manda qualche decina di droni contro l’Ucraina, spesso colpendo obiettivi civili – come condomini – che benché siano in cemento armato, ha osservato Trump, crollano come castelli di carte, tanto è l’esplosivo che l’esercito russo usa per colpirli. A Putin, insomma, interessa solo vincere questa guerra e, quel che è peggio, dimostra la volontà di fare del male alla popolazione civile ucraina, come conferma anche Mark Rutte.

All’atto pratico, ha più volte ribadito il presidente degli Stati Uniti, se non ci sarà «un accordo entro 50 giorni» l’America imporrà dazi del 100%. «I repubblicani si stanno muovendo molto bene al Senato» ha precisato Trump, citando il lavoro dei senatori repubblicani Lindsey Graham e John Thune, che riceveranno senz’altro, dice il presidente, anche l’appoggio dei democratici, considerato che la guerra in Ucraina è uno dei (pochissimi) temi in cui i due schieramenti non sono in disaccordo. I senatori Graham e Thune (capogruppo repubblicano al Senato) stanno lavorano in coordinamento col presidente della Camera Mike Johnson, ha precisato poi Trump. In questo caso, insomma, c’è perfetta sintonia tra i poteri legislativo ed esecutivo: il Parlamento è pronto a varare un provvedimento del tutto in linea col volere del Presidente, per stroncare definitivamente l’economia russa se, entro 50 giorni, Putin non attuerà un cessate il fuoco funzionale alla conclusione della guerra.

In merito all’esatta aliquota dei dazi, alla domanda di una giornalista se il 500% di dazi ventilato nei giorni scorsi dal senatore Graham sia da sommare al 100% ora dichiarato da lui, Donald Trump ha risposto: «che sia il 500% diventa quasi irrilevante, perché a un certo punto non fa differenza», a significare che l’impatto sull’ormai disastrata (come spesso ha ricordato Trump) economia russa di dazi al 100% è già devastante, «non so quale sarà la cifra finale, forse il 102% forse il 500%».

Il messaggio al Cremlino, già chiaro con l’introduzione dei dazi, è stato poi rinforzato, sia da Trump che da Rutte con un secondo aspetto non meno importante: l’Ucraina verrà armata fino ai denti dagli Stati Uniti. Alle domande dei giornalisti, sia il capo della Casa Bianca che il Segretario generale della Nato hanno più volte ribadito che a Kiev verranno forniti non solo le tanto agognate batterie antimissile Patriot, ma letteralmente tutto: equipaggiamenti di tutti i tipi, armi leggere e pesanti, munizioni, missili eccetera. Come dire: i 350 milioni di dollari (calcola Trump) spesi finora, “non sono niente”, perché la Nato (Usa esclusi), spenderà «miliardi di dollari» in forniture belliche all’Ucraina. In questo senso, l’innalzamento di spesa per la difesa al 5% del Pil (tramutatosi in pochi mesi da «impossibile», come si diceva in Europa, a fattibilissimo) è stato uno snodo cruciale: «hanno accettato di contribuire con il 5%, che equivale a oltre mille miliardi di dollari all’anno», ha detto Trump, puntualizzando poi come l’Europa se lo possa permettere sul piano economico: «sono Paesi ricchi, con molte risorse. E vogliono farlo».

Donald Trump mostra quindi di essere stanco di farsi prendere in giro da Vladimir Putin e di voler passare dalle parole ai fatti. Ma allo stesso tempo sembra stia riuscendo nella quadratura del cerchio, cioè evitare di far pagare al popolo americano il prezzo di «una guerra che non sarebbe mai dovuta iniziare»: una guerra iniziata per l’assoluta inettitudine del suo precedessore, ha spesso rimarcato il presidente americano nell’incontro con la stampa di ieri. E siccome l’America “ha già dato”, ora tocca all’Europa/Nato spendere per aiutare l’Ucraina. D’altra parte, in Europa si sono già fatte ben quattro conferenze sulla ricostruzione dell’Ucraina, a dimostrazione di quanto sia economicamente ghiotta questa occasione per le imprese del Vecchio Continente. E poi c’è l’aspetto più importante della questione: la Russia, una volta conquistati i territori ucraini che considera propri, potrebbe decidere di non fermarsi lì e di prendersi tutta l’Ucraina. E dopo, potrebbe voler andare ulteriormente avanti verso Ovest, e provare conquistare tutta l’Europa. Quanto “costerebbe”, in quel caso, fermare la Russia?

 


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