Quanto è realistico l’ultimatum di Trump a Putin?

di redazione eti/Andrew Moran
15 Luglio 2025 11:44 Aggiornato: 16 Luglio 2025 8:14

L’annuncio di Trump di voler imporre dazi del 100 per cento contro i Paesi che continuano ad acquistare energia dalla Russia rappresenta una svolta nella strategia americana per porre fine al conflitto in Ucraina. Se Mosca non accetterà un cessate il fuoco entro 50 giorni, gli Stati Uniti colpiranno indirettamente anche i Paesi che mantengono rapporti commerciali con il Cremlino: se la Cina acquisterà petrolio da Mosca, gli Stati Uniti imporranno dazi sulle esportazioni cinesi. «Introdurremo dazi secondari se non ci sarà un accordo entro 50 giorni» ha dichiarato il presidente americano. «Saranno del 100 per cento. Io mi servo del commercio per vari usi» ha commentato Trump durante l’incontro con il segretario generale della Nato, Mark Rutte, nello Studio Ovale.

Già all’inizio dell’anno, Trump aveva avvertito che, in mancanza di un’intesa con Putin per porre fine al conflitto, avrebbe introdotto dazi secondari su tutto il petrolio russo. Il greggio, i derivati raffinati, il gas naturale e il carbone rappresentano le principali esportazioni della Russia. L’amministrazione statunitense ha già fatto ricorso a dazi simili: a marzo è stato introdotto un dazio del 25 per cento sui Paesi che acquistano petrolio dal Venezuela, e a maggio è stata avanzata una minaccia analoga nei confronti degli importatori di greggio iraniano. Una decisione che ha ricevuto un sostegno di entrambi gli schieramenti politici: i senatori Lindsey Graham e Richard Blumenthal l’hanno definita «un vero strumento esecutivo per spingere le parti al tavolo dei negoziati», perché chi trae beneficio economico dall’energia russa, contribuendo indirettamente al finanziamento del conflitto, così viene costretto assumersene la responsabilità.

Da quando l’embargo dell’Unione europea sul petrolio russo è entrato pienamente in vigore, Cina, India e Turchia sono diventate i principali acquirenti del greggio di Mosca, approfittando dei prezzi stracciati praticati da Mosca. Il regime cinese in particolare, ha assorbito quasi la metà delle esportazioni russe di greggio tra dicembre 2022 e giugno 2025, ma anche l’India ha raggiunto livelli record di importazione nei mesi recenti.
Durante il vertice bilaterale India-Russia del luglio 2024, i due governi hanno ribadito in una dichiarazione congiunta il ruolo strategico del commercio energetico nel partenariato tra i due Paesi.
Anche la Turchia, pur avendo ridotto la propria dipendenza energetica, rimane uno dei principali importatori di petrolio russo. A maggio, le esportazioni via mare di olio combustibile dalla Russia sono aumentate del 75 per cento su base mensile. Nel settore del gas naturale liquefatto, il quadro è differente: l’Unione europea resta il primo acquirente, con il 51 per cento delle esportazioni russe, seguita da Cina (21 per cento) e Giappone (18 per cento).

LE CONSEGUENZE SUI PREZZI DEL PETROLIO

Secondo gli analisti di materie prime della banca Ing, nuove sanzioni contro la Russia «modificherebbero in modo sostanziale l’equilibrio del mercato petrolifero mondiale», costringendo i Paesi interessati a rivedere le proprie politiche di approvvigionamento. Se i dazi saranno applicati in modo efficace, si determinerà un forte squilibrio tra domanda e offerta e soprattutto, «La capacità produttiva inutilizzata dell’Opec non sarà sufficiente a compensare l’intera scarsità».

Un simile scenario provocherebbe un’impennata dei prezzi del petrolio. Per cui, alla luce della volontà di Trump di mantenere bassi i prezzi energetici, secondo gli analisti è improbabile che il presidente voglia dare piena attuazione alla minaccia. L’Agenzia internazionale dell’energia prevede per il 2025 una crescita della domanda mondiale di petrolio pari a 700 mila barili al giorno, il ritmo più lento dal 2009, escluso il periodo pandemico.

Anche l’Opec ha rivisto al ribasso le proprie stime: secondo l’ultimo rapporto mensile, la domanda mondiale media dovrebbe attestarsi intorno ai 105 milioni di barili al giorno. Nel frattempo, il prezzo del greggio statunitense West Texas Intermediate, principale riferimento per il mercato americano, ha registrato un calo di circa il 2 per cento all’inizio della settimana, scendendo verso i 67 dollari al barile al New York Mercantile Exchange.


Iscriviti alla nostra newsletter - The Epoch Times