Bruxelles “si scuote” e inizia a preparare i negoziati sui dazi

di Redazione ETI/Emel Akan&Andrew Moran
3 Giugno 2025 16:45 Aggiornato: 4 Giugno 2025 6:19

La dichiarazione di Donald Trump di imporre un dazio del 50% all’Unione Europea ha spinto Bruxelles ad agire, organizzando incontri con le controparti statunitensi prima della scadenza, e ha spronato la von der Leyen a chiamare il presidente degli Stati Uniti. Diversi esperti ritengono che l’Ue sia la parte “debole” della negoziazione e ora potrebbe essere disposta a cedere.

Trump aveva inizialmente annunciato che il dazio del 50% sull’Ue sarebbe entrato in vigore il 1° giugno, ma dopo una telefonata dalla von der Leyen, ha accettato di posticipare la scadenza al 9 luglio. Attualmente, l’Ue è soggetta ai dazi statunitensi del 10%. I dazi del 25% su automobili, acciaio e alluminio invece — secondo le dichiarazioni del Presidente americano — saliranno al 50% a partire dal 4 giugno.

Wilbur Ross, ex ministro dell’Economia Usa, spiega le difficoltà di negoziare con l’Ue: «Non è come negoziare con un singolo Paese, ci sono 27 Stati membri, ognuno con priorità commerciali diverse», per Bruxelles è «molto difficile» fare da portavoce dei Paesi europei, e questo rende i progressi nei negoziati particolarmente complessi. Ross sottolinea poi che nessun Paese può sostenere dei dazi superiori al 40% senza subire gravi conseguenze, e che dazi così elevati segnalerebbero l’intenzione degli Stati Uniti di interrompere le normali relazioni commerciali con l’Ue.

Nel frattempo, in Europa cresce la paura di una guerra commerciale. Un recente sondaggio del Financial Times i ha rilevato che il 68% degli economisti europei considera un conflitto commerciale con gli Stati Uniti la principale minaccia per il continente. Daniel Lacalle, capo della finanziaria spagnola Tressis definisce un dazio del 50% sulle importazioni dall’Ue «devastante» per l’economia e i mercati azionari europei.

LE BARRIERE COMMERCIALI EUOPEE

Stati Uniti e Ue condividono la più grande relazione economica bilaterale al mondo. In una dettagliata analisi sulle barriere al commercio estero, il Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti ha evidenziato che alcuni beni hanno dazi altissimi: pesce (fino al 26%), camion (22%), biciclette (14%), autovetture (10%) e fertilizzanti e plastica (6,5%). Inoltre, molti alimenti trasformati, come dolciumi e prodotti da forno, sono soggetti a dazi complessi calcolati dal sistema della Tabella Meursing dell’Ue, che determina i dazi in base alla composizione del prodotto (contenuto di grassi, proteine del latte, amido e zucchero). Questo sistema aumenta gli oneri amministrativi e crea incertezza per gli esportatori alimentari americani.

L’Ue, poi, non applica le proprie leggi doganali tramite un’unica amministrazione, complicando ulteriormente la situazione. Ogni Stato membro, infatti, gestisce autonomamente le normative doganali, generando incoerenze nell’interpretazione e nell’applicazione in tutto il blocco. Inoltre, l’adozione di standard regionali per sicurezza, qualità, protezione ambientale, etichettatura e imballaggio limita l’accesso al mercato per i prodotti americani, anche se conformi agli standard internazionali. La burocrazia dell’Ue, quindi, non solo rallenta l’accesso al mercato, ma complica le cose con una serie di regole ambientali o legislative, perché commenta Lacalle, «l’Ue si regge su una pesante burocrazia, e molti funzionari temono il libero scambio: non vogliono che le aziende statunitensi arrivino in Europa a vendere Gmc o Pontiac». Ma, allo stesso tempo i funzionari Ue sono consapevoli di avere poco margine di manovra in caso di una guerra commerciale con Washington. Insomma Trump ha messo all’angolo Bruxelles. Al presidente americano non vanno giù la tassa sui servizi digitali, adottata da diversi Paesi Ue, e l’Iva, che Trump considera «molto più penalizzante dei dazi». Trump ha  poi accusato l’Ue di rallentare volutamente i colloqui: «Sono molto soddisfatto del dazio del 50%, soprattutto perché stavano rallentando (per usare un eufemismo) i nostri negoziati», ha scritto in un post su Truth.

I PAESI CHE PIÙ RISENTONO DEI DAZI

L’esposizione ai dazi elevati varia notevolmente tra i Paesi membri e i settori dell’Ue. Lacalle ha sottolineato che i settori automobilistico, agricolo, chimico, della moda e del commercio al dettaglio in Europa dipendono fortemente dal mercato statunitense e mancano di acquirenti alternativi.
Secondo un recente studio di Bruegel, un gruppo di esperti economici con sede a Bruxelles, l’Irlanda è di gran lunga il Paese più esposto, con un’economia fortemente dipendente dalle esportazioni verso gli Stati Uniti, specialmente nei settori farmaceutico, chimico, delle attrezzature di trasporto e alimentare. L’Italia è al secondo posto, con rilevanti esportazioni nei settori moda, automotive e farmaceutico.

Consigliati