Era il 1918. Enrico Caruso, la più grande celebrità del Metropolitan Opera, aveva scelto come protagonista un’esordiente, si chiamava Rosa Ponselle, aveva appena compiuto ventun anni e il suo debutto scatenò i critici a caccia di aggettivi: «Ha fatto un’impressione sensazionale… è stata accolta in modo sensazionale», ha dimostrato «fascino e capacità drammatica incomparabili», la sua voce è «ricca, sensuale… capace di tutte le luci e le sfumature dell’espressione operistica».
Chi era questa meraviglia musicale? La maggior parte dei cantanti del Met era di origine straniera e tutti avevano studiato musica e acquisito la tecnica professionale in Europa. Pochi tra il pubblico della prima serata sapevano che Rosa non era mai stata in Europa. Inoltre, non si era mai esibita in un teatro d’opera e non aveva mai avuto una formazione vocale. Solo pochi anni prima, infatti, cantava brani popolari in un cinema per 25 dollari a settimana.
GENIO RILUTTANTE
Rosa Ponzillo, questo il suo vero cognome, nacque nel 1897 da genitori italiani originari di Caserta, immigrati a Meriden, nel Connecticut. Suo padre era commerciante e la madre gestiva una panetteria. La sorella maggiore Carmela sognava di diventare «una grande cantante», così all’età di 21 anni si trasferì a Manhattan per studiare canto e fare conoscenze. Rosa non aveva tali ambizioni, ma amava suonare il pianoforte e cantare ed era nota a scuola per la sua eccellente lettura delle note.
Rosa cantava in un caffè di New Haven, per arrotondare le entrate della famiglia, quando il proprietario, James Ceriani, le disse che il suo posto era nell’opera, non in un ristorante. Le offrì di prendere accordi e di pagare tutte le spese per andare a studiare in Europa, ma Rosa rifiutò. Scriverà in seguito: «Non avevo ambizioni. Non volevo salire su una nave e andare in Italia. Non volevo fare l’opera».
Si lasciò portare da Ceriani a New York per visitare Carmela e vedere la sua prima opera: le piacque, ma l’opera era il sogno di Carmela, non il suo.
Nel 1915, Carmela venne a sapere che i suoi genitori erano in difficoltà economiche e stavano per perdere la casa, disse quindi a Rosa che spettava a loro provvedere alla famiglia. Carmela aveva in programma un concerto di vaudeville e chiese all’impresario di aggiungere Rosa allo spettacolo, lui guardò la timida e paffuta adolescente e scartò l’idea.

Imperterrita, Carmela riuscì a far ingaggiare entrambe per cantare al Lorber’s Restaurant, un elegante locale di fronte al Metropolitan Opera House. Lo staff e le star del Metropolitan venivano spesso, così Carmela aggiunse un paio di arie al loro repertorio di canzoni popolari, certa che in poco tempo lei e Rosa sarebbero state scoperte.
Le sorelle cantarono magnificamente, ricevendo innumerevoli complimenti e consigli, ma nessuno del Met si avvicinò a loro: nessun incontro, nessuna offerta, nessuna scoperta.
VERSO LA CELEBRITÀ
Nel 1917, Carmela e Rosa guadagnavano mille dollari a settimana, esibendosi nei migliori locali, persino nel tempio del vaudeville, il Palace Theater di Times Square. Ma Carmela aveva ancora gli occhi puntati sull’opera e iniziò a studiare con un illustre agente e insegnante di canto, William Thorner, e lo convinse ad assumere anche Rosa.
Thorner invitava spesso gli amici per sentir cantare i propri allievi. Un giorno, tra gli amici era presente il cantante più famoso del mondo del tempo, Enrico Caruso, invitato dall’agente per ascoltare le due sorelle. Il grande tenore guardò Rosa e le disse: «Lo sai che mi assomigli?». Le parlò in dialetto napoletano e lei rispose allo stesso modo: le loro famiglie provenivano dalla stessa piccola regione italiana! Caruso, di solito non ascoltava volentieri i cantanti dilettanti, ma volle sentire entrambe. Rosa era terrorizzata perché, come disse in seguito «io non avevo mai studiato canto e mia sorella molto poco».
Il tenore rimase molto colpito dalla voce di Rosa e annunciò a Giulio Gatti-Casazza, il direttore del Met, di aver trovato la sostituta perfetta per la sua protagonista, che non era più disponibile.
«Che esperienze ha avuto?», Chiese Gatti-Casazza.
Caruso esitò: «Beh, ha cantato nel vaudeville con sua sorella».

Gatti-Casazza non poteva credere alle sue orecchie, ma accettò di fare un’audizione. Diede a Rosa una settimana di tempo per imparare due arie difficili. Lei non ne aveva mai sentito parlare, e nemmeno delle opere da cui erano tratte, in vita sua aveva visto appena due sole opere. L’audizione iniziò bene, ma a metà di Casta diva della Norma, svenne e si accasciò a terra, Carmela la rianimò e Gatti-Casazza chiese di vederla nel suo ufficio.
Rosa era sicura che l’avrebbe cacciata per avergli fatto perdere tempo, invece lui spinse un foglio sulla scrivania, dicendole: «Firmi qui». Rosa non capì, allora Gatti-Casazza si spiegò meglio: «È il suo contratto per debuttare con Caruso ne’ La forza del destino. Pensa di poter essere pronta per novembre?».
LA FORZA DEL DESTINO
La sera del debutto – nel novembre 1918, pochi giorni dopo la fine della Prima guerra mondiale – al Metropolitan Opera, Caruso e Rosa Ponzillo, ribattezzata Ponselle, crearono una magia. Nonostante la timidezza di fronte a Caruso e un episodio di ansia quasi paralizzante (di cui soffrì per tutta la sua carriera), ottenne un enorme successo, le recensioni furono strepitose e Rosa divenne la primadonna più amata del Paese. La stampa la soprannominò «La nostra Rosa americana».
Seguirono stagioni in cui interpretò i ruoli principali nelle opere più importanti, come Guglielmo Tell, Aida, Il trovatore, Andrea Chénier e molti altri. Fuori dagli Stati Uniti si esibì solo a Londra e in Italia – qui per esaudire una promessa fatta alla madre – al Maggio Fiorentino ne’ La Vestale di Spontini.
Carmela continuò a cantare in ruoli di supporto al Met, ma non si risentì mai del successo della sorella, che lei stessa aveva reso possibile con tanto impegno.
Ritiratasi dal palcoscenico alla fine degli anni Trenta, Rosa si dedicò alla formazione di giovani cantanti e fu direttore artistico della Baltimore Civic Opera per trent’anni.
Morì nel 1981, a 84 anni, ma le incisioni del suo repertorio sono un punto di riferimento, studiate dai giovani cantanti di tutto il mondo. Harold C. Schonberg scrisse: «Quella voce grande, pura, colorata e dorata si alzava senza sforzo, colpendo l’ascoltatore sbalordito in faccia, scorrendo sul corpo, scivolando lungo le scapole, con un brivido di puro piacere».
Maria Callas viene spesso citata come il miglior soprano del XX secolo, ma lei stessa disse: «La Ponselle è stata la più grande cantante tra tutti noi».