Il ritorno del nucleare in Italia è davvero possibile?

di Mirko Fadda
1 Giugno 2025 17:28 Aggiornato: 1 Giugno 2025 17:50

«Sono necessari interventi di lungo periodo, tra cui la scelta di riprendere il cammino del nucleare, puntando alle tecnologie più innovative per realizzare mini reattori sicuri e puliti che possano consentirci di avere maggiore sicurezza energetica», ha dichiarato il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni all’Assemblea di Confindustria. Il ritorno al nucleare è ormai il tema più discusso in Italia, anche se restano ancora importanti interrogativi: quali tecnologie verranno utilizzate, dove e quando?

Giorgia Meloni
Foto: Palazzo Chigi

Il governo punta a tecnologie avanzate da adottare gradualmente nel tempo, escludendo impianti obsoleti di prima e seconda generazione.

Tra le tecnlogie proposte figurano gli Small Modular Reactors (Smr), dei reattori compatti – fino a 300 MW di potenza – prodotti in serie, con costi e tempi di costruzione ridotti. I reattori di quarta generazione, invece, sono ancora sperimentali: esistono con dei prototipi in Cina e Russia entro il 2035. C’è poi la fusione nucleare, un obiettivo a lungo termine che non sarà disponibile prima del 2040. Il ministro dell’Energia Gilberto Pichetto Fratin ha confermato che l’Italia punta a un piano per il ritorno al nucleare entro la fine del 2027.

L’ente che curerà lo sviluppo del nucleare è, ha detto la Meloni parlando a Confindustria, «Nuclitalia, la società che si occuperà dello studio di tecnologie nucleari di nuova generazione, che potrà contare sull’eccellenza di tre grandi realtà del sistema Italia, che sono Enel, Leonardo e Ansaldo Energia», inoltre i motivi che hanno spinto il governo ad adottare nuove soluzioni energetiche, dal momento che l’Europa negli ultimi anni «ha scelto la strada forzata della transizione verso una sovrapposizione all’elettrico, le cui filiere sono oggi in larga parte controllate dalla Cina», senza contare che «alcune scelte sono state fatte perché si è voluto anteporre l’ideologia al realismo».

Viste le critiche di Giorgia Meloni alla dipendenza da filiere cinesi per l’elettrico, un rischio di coinvolgimento di aziende cinesi sembra altamente improbabile e, al momento, non ci sono indicazioni ufficiali di un loro ingresso nel programma nucleare italiano.

Il nucleare in Italia, comunque, resta un tema molto delicato, soprattutto per via del referendum del 1987 che ha portato alla dismissione delle centrali, e dell’altro referendum del 2011, che ha ulteriormente bloccato nuove proposte nucleari. Ma i referendum non hanno vietato direttamente il nucleare in Italia, hanno piuttosto abrogato norme specifiche sull’imposizione da parte dello Stato dei siti per centrali, sui contributi agli enti locali e sulla partecipazione di Enel a progetti nucleari esteri. Il risultato è stata la chiusura delle centrali di Latina, Garigliano, Trino e Caorso nel 1990. Il governo Meloni sostiene che questi referendum non ostacolino nuove iniziative su questo tema, poiché le consultazioni si riferivano a tecnologie obsolete ed essenzialmente diverse da quelle attuali. Alla luce di questi fatti, quindi, non è mai stata abrogata una legge che autorizzasse esplicitamente a creare nuove centrali nucleari ma, in realtà, sono solo state cancellate delle norme procedurali che ne facilitavano la realizzazione.

A quasi 40 anni dalla chiusura delle centrali, l’Italia soffre certamente di una carenza di competenze specializzate nel settore. Molti esperti italiani infatti lavorano all’estero, ad esempio per Newcleo in Francia.

Per quanto riguarda la preparazione a livello ingegneristico-nucleare, l’Italia è ben rappresentata da programmi universitari di qualità. Il Politecnico di Milano offre un Master of Science in Nuclear Engineering, che forma ingegneri con competenze per progettare, costruire, gestire e smantellare impianti nucleari, lavorare su fonti di radiazioni, fusione nucleare e fisica delle alte energie, con opportunità nel settore nucleare, energetico, medico e della sicurezza. Il Politecnico di Torino propone un corso di laurea in Energy and Nuclear Engineering, focalizzato su generazione, trasporto e utilizzo dell’energia, con attenzione alla sostenibilità e al nucleare. I programmi sono di alto livello allineati agli standard internazionali, e il Consorzio Interuniversitario Nazionale per la Ricerca Tecnologica Nucleare coordina ricerca e formazione coinvolgendo diverse università in Italia.

Finora, molti laureati italiani hanno scelto di emigrare all’estero per la mancanza di opportunità, ma il disegno di legge Delega al governo in materia di nucleare sostenibile prevede programmi formativi per creare nuove figure professionali, anche se la formazione di tecnici qualificati richiede anni, e l’Italia potrebbe dipendere, almeno all’inizio, da expertise straniere.

Naturalmente, un’altra domanda fondamentale che ci si pone è dove. Anche se non sono stati ancora indicati dei siti specifici per i nuovi impianti nucleari, Il governo starebbe lavorando a un programma nazionale per definire i criteri di localizzazione, che dovranno rispettare i parametri di sicurezza dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica.

In conclusione, molti aspetti sono ancora da definire, ma i fondamentali ci sono: il ritorno al nucleare in Italia sembra tutt’altro che una missione impossibile.


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