Il 30 giugno Donald Trump, ha firmato un ordine esecutivo per revocare la maggior parte delle sanzioni alla Siria, in vigore dall’inizio della guerra civile nel 2011, offrendo al Paese mediorientale un’opportunità di sviluppo economico.
«Questo provvedimento mira a promuovere e sostenere il percorso della Siria verso stabilità e pace — ha dichiarato la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, durante un briefing con la stampa prima della firma — il presidente è determinato a sostenere una Siria stabile, unita e in pace con sé stessa e i suoi vicini. Stiamo offrendo un’opportunità», ha aggiunto.
L’amministrazione Trump ha evidenziato l’importanza della revoca delle sanzioni: la rimozione delle misure, adottate a causa della repressione del regime di Assad, arriva al fine di consentire alla Siria di agire autonomamente e definire il proprio mandato e la propria struttura per progredire. Ma né il presidente né il ministro degli Esteri intendono promuovere una ricostruzione nazionale, specificando che non sarà imposto alcun modello democratico. Come dire: nessuna “esportazione di democrazia”, come avveniva ai tempi di Bush Jr. e dei neocon.
Secondo fonti di Epoch Times Usa, le sanzioni sono state necessarie in risposta alla brutalità del regime durante la guerra civile, limitando la capacità di Assad di condurre una guerra contro il proprio popolo e ostacolando i tentativi dei suoi alleati di arricchirsi a scapito del Paese e dei siriani. Ma le circostanze sono cambiate con la caduta di Assad, e la revoca delle sanzioni porrà fine all’isolamento della Siria dal sistema finanziario internazionale.
La firma dell’ordine esecutivo arriva mentre Israele cerca di normalizzare le relazioni con la Siria, che ha abbandonato la richiesta di riottenere il controllo delle alture del Golan, occupate da Israele dal 1967. «Abbiamo interesse a includere Paesi come Siria e Libano, nostri vicini, nel cerchio della pace e della normalizzazione, salvaguardando gli interessi essenziali e di sicurezza di Israele», ha dichiarato il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Saar, in una conferenza stampa.