Putin e Xi «amici» per forza contro l’Occidente

di Dorothy Li/Giovanni Donato
3 Settembre 2025 9:23 Aggiornato: 4 Settembre 2025 9:44

Xi Jinping e Vladimir Putin riaffermano il loro “patto d’acciaio” in un faccia a faccia del 2 settembre in Cina. Putin posiziona in modo definitivo la Russia come alleato di ferro della dittatura comunista cinese: rivolgendosi a Xi come a un «caro amico», Putin ha dichiarato che i rapporti tra Mosca e Pechino hanno raggiunto «un livello senza precedenti» di sintonia e vicinanza. Non da meno, il Segretario generale del Partito comunista cinese ha definito il profondo legame dei due regimi come un modello internazionale che ha «superato la prova dei cambiamenti nel mondo», mentre veniva riaffermata la volontà di reciproco sostegno e di “pronto coordinamento” su tutte le questioni riguardanti gli «interessi fondamentali» di Federazione Russa e Repubblica Popolare Cinese.
I due «amici» hanno firmato più di venti accordi di cooperazione, innanzitutto nei settori energia, aerospazio e intelligenza artificiale. L’amministratore delegato del colosso russo Gazprom, Alexei Miller, citato dall’agenzia di stampa russa Tass, ha annunciato il 2 settembre di aver chiuso un accordo con la China national petroleum corp. per fornire ulteriori 6 miliardi di metri cubi di gas all’anno alla Cina. Queste forniture passeranno dall’esistente gasdotto Power of Siberia, che ha attualmente una capacità di 38 miliardi di metri cubi annui. Miller ha però anticipato che le aziende energetiche statali russa e cinese hanno sottoscritto un accordo per la realizzazione di un nuovo progetto chiamato “Power of Siberia 2”, un gasdotto in grado di trasportare fino a 50 miliardi di metri cubi all’anno di gas russo verso la Cina attraverso la Mongolia, precisando che i prezzi del gas fornito alla Cina saranno inferiori a quelli praticati ai clienti europei.

In conferenza stampa il portavoce del ministero degli Esteri cinese Guo Jiakun ha poi dichiarato che la Cina ha incluso la Russia nel privilegio di esenzione dal visto per un anno: a partire dal 15 settembre, i titolari di passaporto russo ordinario potranno entrare in Cina e soggiornarvi fino a 30 giorni senza visto. Dopo l’incontro, il ministero degli Esteri cinese ha riferito che Xi e Putin hanno “preso il tè” nel quartier generale del Partito comunista cinese a Pechino, una roccaforte di edifici chiamata “Zhongnanhai”. Il Partito comunista cinese e il Cremlino hanno ripetutamente riaffermato la loro cosiddetta “Alleanza Senza Limiti” (un’alleanza evidentemente tanto militare quanto economica) stretta fra Xi e Putin nel febbraio 2022, poche settimane prima che Putin ordinasse l’invasione dell’Ucraina.
Negli ambienti politici occidentali è ampiamente noto come la dittatura cinese stia inviando forniture di vario genere alla Russia per sostenere uno sforzo bellico che, ormai è evidente, da sola non sarebbe mai stata in grado di affrontare. Un conflitto, quello ucraino, in cui il regime cinese ha (maldestramente) cercato di spacciarsi come “attore neutrale”, mentre dava un sostegno vitale alla disastrata economia russa attraverso l’acquisto di petrolio e altre merci; nel pieno rispetto, d’altronde, dell’Alleanza Senza Limiti appena stretta con la Russia.

Prima del bilaterale, Putin e Xi hanno incontrato il presidente mongolo Khurelsukh Ukhnaa. Nelle sue osservazioni iniziali, Putin ha detto che i tre Paesi sono buoni vicini e hanno «molto in comune» (ovviamente, visto che la Mongolia dovrà “ospitare” il nuovo gasdotto). «Condividiamo un interesse per lo sviluppo congiunto di legami politici, economici e umanitari» ha affermato Putin, mentre Xi invocava una collaborazione più profonda in infrastrutture e progetti energetici comuni a Cina, Russia e Mongolia, esortando poi gli omologhi a espandere un sistema dei pagamenti in valuta locale, con l’obiettivo di creare un’alternativa o ridurre la dipendenza dal dollaro statunitense.

Putin è in Cina per una visita di quattro giorni, iniziata a Tianjin, dove ha partecipato al summit dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai. Putin assisterà oggi 3 settembre a una parata militare che il regime cinese tiene in celebrazione della sconfitta del Giappone nella Seconda guerra mondiale.
Nonostante le apparenze, è abbastanza evidente come tutto questo entusiasmo ostentato nei rapporti tra Putin e Xi (e persino verso altri Paesi di limitato valore geopolitico) serva a nascondere molte debolezze: “l’operazione lampo” con cui la Russia doveva conquistare le regioni “russe” dell’Ucraina si è trasformata in un fiasco completo, diventando una guerra di posizione e di logoramento che ha costretto Putin a massacrare i civili ucraini nel tentativo (finora fallito) di spezzarne la resistenza, e a dipendere pesantemente dall’aiuto cinese. Quanto a Xi Jinping, sta facendo di tutto per “arruffianarsi” Putin ad appena due settimane dall’incontro Putin-Trump in Alaska, in cui i due capi di Stato – al di là delle ovvie e profonde differenze – hanno dimostrato un ottimo rapporto personale, a dimostrare quanto il dittatore cinese “tema di perdere” l’«amico» Vladimir.
Evidentemente Putin non si fida realmente di Xi, e viceversa. Un fatto normale fra politici di matrice marxista. Entrambi sanno che la loro è una “amicizia” di convenienza e di necessità, strettamente motivata dalla situazione contingente, ossia la paura del comune avversario occidentale guidato dagli Stati Uniti, che – per quanto malandato – alla prova dei fatti oggi è ancora molto più forte di loro. Esiste un proverbio cinese che fotografa bene la relazione Russia-Cina: “Condividere lo stesso letto con sogni simili, ma diversi”.

 


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