Prostata e salute maschile

di Redazione ETI/Mercura Wang
25 Agosto 2025 16:39 Aggiornato: 25 Agosto 2025 16:39

Il cancro alla prostata, una delle patologie più comuni tra gli uomini, colpisce circa un individuo su otto nel corso della vita. Questa neoplasia, che si sviluppa nella ghiandola prostatica, affligge milioni di persone in tutto il mondo, soprattutto dopo i 50 anni. La diagnosi precoce è cruciale, poiché nelle fasi iniziali la malattia è spesso asintomatica, ma offre elevate probabilità di guarigione. Adottando approcci terapeutici mirati e uno stile di vita sano, è possibile gestirla efficacemente e migliorarne gli esiti.

Tra i primi segnali d’allarme, le alterazioni urinarie spiccano per frequenza: minzione notturna ricorrente, difficoltà a iniziare o interrompere il flusso, getto debole, bruciore o sangue nelle urine. La sfera sessuale può essere altrettanto colpita, con problemi come difficoltà erettili, dolore durante l’eiaculazione o riduzione del liquido seminale. Nelle fasi avanzate, la malattia può manifestarsi con dolori lombari, addominali o alle cosce, stanchezza da anemia, gonfiore alle gambe o, in casi estremi, complicanze renali. Tuttavia, questi sintomi possono derivare anche da condizioni benigne, come l’ipertrofia prostatica, comune negli uomini anziani, rendendo indispensabile una diagnosi accurata.

La neoplasia prostatica, prevalentemente adenocarcinoma (oltre il 90% dei casi), evolve da stadi iniziali, limitati alla ghiandola, a forme metastatiche che raggiungono ossa, linfonodi o organi vitali come fegato e polmoni. Negli stadi precoci, i trattamenti garantiscono ottimi risultati, mentre in quelli avanzati la gestione diventa più complessa. Le cause risiedono in mutazioni genetiche, ereditarie nel 10% dei casi, che coinvolgono geni come Brca1 o Hoxb13, essenziali per la riparazione del Dna. Le mutazioni acquisite, invece, derivano da errori nella replicazione cellulare. Fattori come l’età avanzata, la familiarità, il sovrappeso, una dieta ricca di grassi o l’esposizione a sostanze come il bisfenolo A o l’Agente Arancio, usato nella guerra del Vietnam, aumentano la probabilità di sviluppare la malattia. Uno studio del 2024 ha evidenziato il ruolo di 22 pesticidi, tra cui l’acido 2,4-diclorofenossiacetico, come fattori di rischio.

Per individuare la patologia, lo screening si basa principalmente sul test Psa, un esame del sangue che misura i livelli di un enzima prostatico: valori elevati possono suggerire un tumore, ma richiedono conferme. Meno utilizzato è l’esame rettale digitale, la cui efficacia è dibattuta. In caso di anomalie, si ricorre a risonanza magnetica multiparametrica, test Pca3 sulle urine o biopsia, l’unico metodo definitivo. Per verificare la diffusione, si eseguono scintigrafie ossee o tomografie.

Il trattamento dipende dall’aggressività della neoplasia e dalla salute del paziente. Nei casi iniziali, spesso a crescita lenta, la sorveglianza attiva, con monitoraggi regolari, è una scelta comune, mentre la sorveglianza senza interventi attivi è invece consigliata per gli uomini anziani o in condizioni di salute fragili. La prostatectomia, radicale o robotica, rimuove la ghiandola, mentre la radioterapia, esterna o interna, elimina le cellule tumorali. Terapie focali, come la crioterapia, trattano lesioni localizzate. Nei casi avanzati, l’ormonoterapia rallenta la crescita riducendo gli androgeni, la chemioterapia impiega farmaci come il docetaxel e l’immunoterapia stimola le difese naturali. Tecniche complementari, come l’agopuntura, alleviano sintomi come nausea o vampate. La vitamina D, la cui carenza è associata a esiti peggiori, può migliorare i risultati.

Uno stile di vita sano supporta la prevenzione e la gestione. Una dieta ricca di omega-3 e povera di omega-6, secondo uno studio del 2024, riduce il rischio di forme aggressive, specialmente se si privilegiano alimenti come pesce, noci e verdure a foglia verde, riducendo al contempo l’assunzione di oli omega-6 presenti nei cibi processati. Alimenti come curcuma, tè verde, pomodori e melograno possono rallentare la progressione. L’esercizio fisico intenso, soprattutto dopo i 65 anni, abbatte il rischio di forme letali fino al 70%, mentre pratiche di meditazione, come dimostrato nel 2023, alleviano ansia e migliorano il benessere psicologico.

Non esiste una prevenzione infallibile, ma evitare sostanze nocive, mantenere un’alimentazione equilibrata, allenarsi regolarmente e riposare in modo adeguato può ridurre la probabilità di insorgenza. Per gli uomini ad alto rischio, i farmaci inibitori della 5-alfa reduttasi rappresentano un’opzione, mentre la consulenza genetica personalizza le strategie di screening. Le complicanze, più comuni negli stadi avanzati, includono fratture ossee, anemia, edema e disfunzioni urinarie o erettili, che richiedono un’attenta gestione medica.

Le informazioni e le opinioni contenute in questo articolo non costituiscono parere medico. Si consiglia di confrontarsi sul tema col proprio medico curante e/o con specialisti qualificati.


Iscriviti alla nostra newsletter - The Epoch Times