Xi Jinping, il Leader Massimo che può abbattere il comunismo in Cina

Sulla carta, il capo del Partito Comunista Cinese, Xi Jinping, non avrebbe bisogno di riaffermare il ruolo di leader supremo: Xi presiede a numerose commissioni chiave del partito che possono controllare il governo, è il comandante in capo di un esercito a lui fedele, la sua campagna anti-corruzione ha fatto piazza pulita degli oppositori interni, e ora sta mettendo nei posti chiave i propri sostenitori.

Eppure Xi ha sentito la necessità di assumere il ruolo di ‘Leader Massimo’ nella recente assemblea del partito a Pechino, la cosiddetta Sesta Plenaria: uno sviluppo che Epoch Times aveva previsto già da febbraio.

Il titolo ha una connotazione quasi sacra in un partito ateo come quello comunista. Si può essere un leader senza avere tale qualifica, ma solo un ‘Leader Massimo’, almeno in teoria, non deve rispondere a nessuno.

Ancora non sono ben chiari i cambiamenti che questa mossa porterà in Cina, ma è probabile che Xi Jinping userà i suoi nuovi poteri per rimuovere del tutto l’influenza del precedente leader del Partito, Jiang Zemin, responsabile di vent’anni di corruzione dilagante e della violenta persecuzione contro i discepoli della Falun Gong, una delle più diffuse pratiche spirituali della Cina.

Considerate le numerose crisi che il Partito sta affrontando, Xi potrebbe decidere di rinforzare la sua posizione in modo da rimanere in carica anche oltre il termine del mandato, così da introdurre le riforme istituzionali atte a rinnovare la politica cinese.

L’IMPORTANZA DELL’ESSERE ‘LEADER MASSIMO’

Il primo a fregiarsi di questo titolo (in cinese ‘hexin’) è stato Deng Xiaoping, erede politico di Mao e fautore della modernizzazione economica del Paese. Deng ha conferito postumo lo status di Leader Massimo a Mao, e in seguito al suo successore Jiang Zemin.

Jiang, al contrario, non ha mai trasmesso il titolo di leader supremo a Hu Jintao, imprigionandolo in una sorta di leadership collegiale, all’interno della quale era in realtà Jiang a esercitare indirettamente il potere, attraverso i suoi fedelissimi.

Ma ora Xi Jinping, successore di Hu Jintao, sembra aver accumulato abbastanza influenza per avocare a sé la corona: i segnali della sua ascesa risalgono a questo gennaio, ma solo di recente sono diventati evidenti, e i suoi poteri cresceranno ulteriormente nel 2017, quando tutti i vertici verranno costretti a ritirarsi, fatta eccezione per lui e il suo primo ministro Li Keqiang.

Xi Jinping ha sempre espresso, più o meno velatamente, la sua avversione per le politiche di persecuzione ai danni del Falun Gong, e l’intenzione di porre fine alla cultura di corruzione diffusa da Jiang.
Sotto Xi, che mira a rendere rigorosamente responsabili del proprio operato persino le massime cariche governative, Jiang e il suo clan potrebbero ritrovarsi intrappolati causa dell’abnorme ricchezza accumulata illegalmente in questi anni: «Non tutti i funzionari corrotti sono sul libro paga di Jiang Zemin, ma di solito i più spudorati lo sono», spiega Li Tianxiao, un commentatore politico indipendente.

IL FINE ULTIMO

Ma le manovre di accentramento del potere di Xi non hanno come scopo finale soltanto l’arresto del suo predecessore, o l’eliminazione della corruzione.
Tra i rischi che il titolo di Leader Massimo comporta, vi è, infatti, quello di vedersi attribuite le colpe di tutti i dissesti della Cina, inclusa l’economia stagnante e gli annosi problemi sociali della nazione. Ma se davvero vuole rinnovare il sistema governativo, per Xi un simile potere è necessario.

E alcuni indizi del cambiamento sono già visibili quest’anno: ad agosto, per esempio, Xi ha annunciato una riorganizzazione della Lega della Gioventù Comunista Cinese, la cui struttura richiama quella del Partito.
Gli analisti hanno rilasciato interviste alla stampa estera sul regime, nelle quali esprimevano una svolta verso il ‘modello Singapore’; un ex-membro dell’intellighenzia di Hu Jintao, dalle pagine di una stimata rivista finanziaria ha anche sfidato lo storico tabù sulle riforme democratiche di Mikhail Gorbaciov; e lo stesso Xi dimostra di esser pronto ad attaccare la reputazione del Partito.
L’emittente pubblica Televisione Centrale Cinese, ha inoltre trasmesso di recente una serie di tormentate confessioni da parte di alti funzionari, che ne svelano stili di vita sfarzosi e piaceri sfrenati.

Poiché a ora non si profila nessun successore, è possibile che Xi Jinping abbia in progetto una qualche riforma istituzionale gravitante attorno alla sua persona: «Si prepara e si arma per aggredire il regime […] e giocare la sua partita a scacchi più importante», secondo Li Tianxiao.

Se, fra circa un anno, Xi non avrà indicato un erede, come dovrebbe essere secondo i consueti principi di successione della ‘Repubblica Popolare Cinese’, sarà chiaro che le sue ambizioni eccedono il termine dei dieci anni a leader del partito.
A quel punto, in sfregio a uno screditato Partito Comunista e con una popolazione arrabbiata, la sua migliore scelta dovrebbe essere una profonda riforma istituzionale, che forse lo renderebbe il primo vero presidente di una Cina post-comunista.

 

Articolo in inglese: As ‘Core’ Leader, China’s Xi Jinping Can Shake Up Regime

Traduzione di Alessio Penna

 
Articoli correlati