Tokio: basta al ‘turismo dei trapianti’ in Cina

I legislatori giapponesi si muovono contro il cosiddetto ‘turismo dei trapianti’ di organi.

Il 23 gennaio scorso, alla Dieta nazionale del Giappone (il Parlamento giapponese), si è tenuta una conferenza sul ‘genocidio clinico», cui hanno partecipato l’avvocato per i diritti umani canadese David Matas, David Kilgour – ex magistrato ed ex segretario di Stato canadese – e il dottor Jacob Lavee, medico e presidente dell’Associazione israeliana trapianti. 

Matas e Kilgour hanno condotto (a partire dal 2006) un’indagine indipendente sugli espianti forzati di organi in Cina, scoprendo non solo l’esistenza di un mercato nero internazionale dei trapianti, ma dimostrando anche l’esistenza in Cina di un’organizzazione medica ‘parallela’ (controllata dal Pcc) il cui scopo è il prelievo forzato di organi da prigionieri di coscienza. Organi che – in seguito al prelievo da persone ancora in vita – vengono trapiantati a facoltosi pazienti da ogni parte del mondo.
Esiste insomma un vero e proprio mercato nero di organi umani che coinvolge medici civili e militari e diversi ospedali, e che ha contatti e ‘diramazioni’ anche in Occidente. E, al centro di questo business della morte, tutti gli indizi, le testimonianze e le prove puntano a un solo soggetto: il Partito Comunista Cinese.

Il dottor Lavee stesso, d’altra parte, è venuto personalmente in contatto con questo orrendo racket internazionale per la prima volta diversi anni fa, quando un suo paziente gli comunicava di aver risolto il problema della lista d’attesa per il trapianto in Israele: il malato aveva indicato la data esatta in cui gli sarebbe stato trapianto il cuore nuovo, in Cina.
L’evidente assurdità di una simile ‘prenotazione’ (per un trapianto, ovviamente, serve un donatore sano e compatibile: una persona che abbia perso la vita – per forza di cose – in modo improvviso) dopo il comprensibile sconcerto, ha spinto il medico israeliano a interessarsi al problema, e a diventare negli anni uno dei ‘paladini’ occidentali (come il medico e senatore italiano Maurizio Romani e numerosi altri medici in Europa e in America) della lotta contro il prelievo forzato di organi in Cina.

Dalle indagini condotte dall’avvocato Matas e dall’ex procuratore federale Kilgour, è emerso che la maggior parte dei prigionieri uccisi per il prelievo forzato sono praticanti del Falun Gong (antica pratica spirituale cinese). Come questo giornale ha più volte avuto modo di informare, dal 1999, questa innocua pacifica pratica di elevazione spirituale è perseguitata e repressa dal Partito Comunista Cinese con ogni forma di violenza e abuso immaginabile.

11 maggio 2011, David Matas parla all’Istituto per la Pace e la Giustizia Joan B. Kroc, all’Università di San Diego (Alex Li).

Sono sempre più numerosi i pazienti che si recano in Cina per un trapianto ‘urgente’. E d’altronde, le testimonianze evidenziano come in Cina si possa ottenere un organo compatibile in poche settimane – pochi mesi al massimo – a differenza dei Paesi d’origine, che hanno lunghe liste d’attesa.

I relatori parlano ai membri della Parlamento Giapponese il 23 gennaio 2018. Il comitato ha affrontato il tema del prelievo forzato di organi in Cina (per gentile concessione di Sound of Hope Radio).

ISTITUZIONI E SOCIETÀ CIVILE: ANCHE IL GIAPPONE SI SCHIERA CONTRO IL PRELIEVO FORZATO DI ORGANI

Secondo Japan Organ Transplant Network, nel 2017, la lista nazionale dei pazienti giapponesi in attesa di trapianto era di 13.450 persone.
In Giappone esiste una legge che proibisce il commercio di organi, ma ai cittadini non è ancora vietato andare all’estero per effettuare queste operazioni. Mentre Taiwan, Norvegia, Cile, Israele e Italia, hanno già una normativa in merito.

In Israele, è proibita ogni attività di compravendita di organi, sia nel Paese che all’estero, mentre a Taiwan i medici raccomandano sempre ai pazienti di rivolgersi a ospedali stranieri che operino legalmente. Non solo: i medici taiwanesi hanno l’obbligo di stilare un rapporto e di seguire il percorso dei pazienti che effettuano i trapianti all’estero, e gli ospedali o i medici che omettono la procedura o la falsificano, sono penalmente perseguibili. E anche i pazienti che acquisiscano l’organo in modo illegale rischiano fino a cinque anni di reclusione.

Secondo radio «Sound of Hope», il dottor Lavee ha sottolineato che, benché la Cina dichiari ufficialmente di non accettare più pazienti stranieri, in realtà ne arrivano ancora numerosi da Nord America, Europa e Asia.
Minoru Kiuchi, parlamentare giapponese, ha insistito sul fatto che il prelievo forzato è «una questione internazionale di diritti umani che dovrebbe interessare tutti […] a cominciare dai giapponesi. Dobbiamo lavorare affinché chi condivide gli stessi valori operi insieme per impedire che questo succeda».
Il deputato Ishibashi Rintaro ha dichiarato che informerà di questa atrocità l’elettorato della propria città, Hiroshima; Hiroshi Yamada, membro della Camera dei consiglieri (Camera Alta della Dieta), ha dichiarato che i giapponesi non possono rendersi «complici» dei crimini del regime cinese. Nel dicembre 2017, inoltre, Hiroshi Yamada ha contribuito a organizzare una grande conferenza alla Dieta, in cui Matas e Kilgour hanno presentato le conclusioni delle loro indagini al pubblico, ai media, agli esperti medici e ai membri del Governo giapponese.
La conferenza era stata originata dall’attenzione dei media giapponesi sul traffico di organi, in particolare dal servizio apparso a luglio 2017 sul turismo giapponese in Cina per i trapianti su Sankei Shimbun.

Nell’ottobre 2017, un gruppo di giornalisti si sono riuniti in un’associazione creata per mettere fine al turismo dei trapianti in Giappone. Quello del gennaio 2018 è stato il primo convegno organizzato da questa associazione.

 

 

 
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