Studi genetici svelano collegamento tra indigeni in Amazzonia e Australasia

L’universo è pieno di misteri che sfidano le nostre conoscenze. Nella sezione ‘Viaggio nei misteri della Scienza’ Epoch Times raccoglie storie che riguardano questi strani fenomeni per stimolare l’immaginazione e aprire possibilità ignote. Se siano vere o no, sei tu a deciderlo.

I Nativi Americani che vivono in Amazzonia hanno un’inaspettata connessione genetica con gli indigeni in Australasia. Ciò suggerisce che migliaia di anni fa ci possa essere stata un’ondata migratoria sconosciuta verso le Americhe, riporta un recente studio.

«È sorprendente» ha detto David Reich, professore di Genetica alla Harvard Medical School e autore dello studio. «C’è un forte modello corrente in archeologia e genetica, di cui sono stato sostenitore, secondo cui la maggior parte dei Nativi Americani di oggi derivano da una singola espansione a Sud delle calotte polari; e questo è sbagliato. Ai dati originali manca qualcosa di importante».

Infatti alcune ricerche precedenti avevano mostrato che i Nativi Americani dall’Artico alla punta meridionale del Sudamerica originano da una singola ‘popolazione fondatrice’, chiamata i Primi Americani, che sarebbero giunti attraverso lo stretto di Bering circa 15mila anni fa. Nel 2012, Reich e i colleghi hanno arricchito questa storia mostrando come alcuni gruppi indigeni nel Canada settentrionale avevano ereditato del dna da almeno due ondate migratorie successive.

Il nuovo studio, pubblicato il 21 luglio su Nature, indica che c’è molto di più.

Pontus Skoglund, primo autore dell’articolo e ricercatore post dottorato nel laboratorio di Reich, stava studiando i dati genetici raccolti per lo studio del 2012, quando ha notato una strana somiglianza tra uno/due gruppi di Nativi Americani brasiliani e i gruppi indigeni dell’Australia, della Nuova Guinea e delle Isole Andamane.

«È stato un risultato inaspettato e in qualche modo disorientante», ha affermato Reich, associato del Broad Institute of Harvard and Mit, nonché ricercatore medico dell’Istituto Howard Hughes. «Abbiamo trascorso molto tempo nel cercare di far scomparire questo risultato ma è diventato più forte».

Skoglund e i colleghi dell’HMS, il Broad e diverse università in Brasile hanno analizzato le informazioni genetiche rese note, appartenenti a ventuno popoli nativi americani dell’America centrale e meridionale. Hanno anche raccolto e analizzato il dna di ulteriori nove popolazioni brasiliane per essere sicuri che il legame scoperto non fosse stato un errore derivante dal modo in cui i primi campioni di genoma erano stati prelevati. Il team ha poi comparato quei genomi a quelli delle popolazioni di circa 200 popolazioni non americane.

Il legame a quanto pare è rimasto. I Suruì parlanti Tupì e i Karitiana, e gli Xavante parlanti Gè delle Amazzoni, avevano degli antenati genetici più vicini agli indigeni dell’Australasia che ad altre popolazioni odierne. Questo antenato sembra non aver lasciato tracce rilevabili in altri gruppi di Nativi Americani in America settentrionale, centrale e meridionale.

Gli autori hanno motivo di credere che i marcatori genetici di questo antenato non corrispondano ad alcun popolo antenato dei Nativi Americani e il modello geografico non possa essere spiegato da una mescolanza dei Nativi Americani con Europei, Africani o Polinesiani dopo l’epoca di Colombo. Credono che l’ascendenza sia molto più antica, forse risalente all’epoca dei Primi Americani.

Poi, nei millenni seguenti, il gruppo atavico è scomparso. «Abbiamo fatto molti prelievi in Asia orientale e nessuno corrisponde», ha detto Skoglund. «È un gruppo sconosciuto che non esiste più». Il team ha chiamato il misterioso avo Popolazione Y, riprendendo la parola Tupì per antenato, ‘Ypykuéra’. Reich, Skoglund e i colleghi hanno suggerito che la Popolazione Y e i Primi Americani fossero discesi dalle calotte polari per diventare i due popoli fondatori delle Americhe.

«Non conosciamo l’ordine, la separazione nel tempo o gli schemi geografici», ha precisato Skoglund. I ricercatori sanno che il dna dei Primi Americani assomigliava a quello dei Nativi Americani odierni. Attualmente la Popolazione Y rimane un mistero.

«Circa il due per cento dell’ascendenza degli Amazzonici di oggi viene da questa discendenza dell’Australasia, che non è presente allo stesso modo nel resto delle Americhe», ha detto Reich. Tuttavia, questo non stabilisce quanto della loro ascendenza derivi dalla Popolazione Y. Se la Popolazione Y fosse provenuta al cento per cento dall’Australasia, avrebbe significato che ha contribuito per il due per cento al dna degli Amazzonici di oggi. Ma se la Popolazione Y si fosse mescolata con altri gruppi, come i Primi Americani, prima di aver raggiunto le Americhe, la quantità di dna che ha contribuito a dare agli Amazzonici di oggi potrebbe essere molto superiore, fino all’ottantacinque per cento.

Per sciogliere il dilemma, i ricercatori avrebbero bisogno di campionare dna dai resti di una persona della Popolazione Y, ma questo dna non ce l’hanno. Alcuni studiosi suggeriscono che potrebbero cercarlo dove ci sono gli scheletri dei Nativi Americani i cui teschi hanno dei tratti dell’Australasia. La maggior parte di questi scheletri sono stati trovati in Brasile.

Reich e Skoglund pensano che alcune delle più interessanti domande senza risposta sulla storia dei Nativi Americani riguardino le relazioni tra i gruppi dopo le migrazioni iniziali. «Abbiamo un’ampia visione delle antiche origini dei Nativi Americani, ma all’interno di quella diversità sappiamo molto poco della storia di come quelle popolazioni si relazionassero», ha concluso Reich.

 
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