Scienziato del clima ammette: ho omesso la «piena verità» per adattarla alla narrazione mediatica

Di Bill Pan

Il principale autore di uno studio sugli incendi della California ha ammesso di aver glissato su alcuni fatti chiave per adattarsi all’ideologia della rivista scientifica su cui pubblicava (Nature).

Lo scienziato autore dello studio (ampiamente citato dai media mainstream sin dalla sua pubblicazione su Nature) ha ammesso che lo studio stesso manca di fatti chiave che sono stati deliberatamente tralasciati per adattarsi alla narrazione preferita della rivista scientifica sul cambiamento climatico.

«Sapevo di non dover cercare di quantificare aspetti chiave diversi dal cambiamento climatico nella mia ricerca perché avrebbe diluito la storia che riviste prestigiose come Nature e il suo rivale, Science, vogliono raccontare», ha scritto per Free Press Patrick Brown, un esperto di scienze della Terra e del clima e un docente della Johns Hopkins University, .

Nell’articolo del 30 agosto, intitolato Climate warming increases extreme daily wildfire growth risk in California, Brown e sette coautori hanno esaminato come il cambiamento climatico abbia influenzato l’«estrema crescita degli incendi», che coprirebbero più di 10 mila acri in un giorno.

Utilizzando un modello di apprendimento automatico, i ricercatori hanno analizzato quasi 18 mila incendi scoppiati in California tra il 2003 e il 2020 e hanno scoperto che l’aumento delle temperature ha incrementato la frequenza complessiva della crescita giornaliera degli incendi in media del 25%.

Anche se ci sono altri fattori forse più più importanti che aumentano i rischi di incendi estremi, come la cattiva gestione delle foreste e il crescente numero di persone che provocano incendi per sbaglio o di proposito, Brown ha ammesso di aver scelto di non discuterne, in modo che il documento rimanesse in linea con la narrazione tradizionale: «Nel mio articolo non ci siamo preoccupati di studiare l’influenza di questi altri fattori ovviamente rilevanti», ha spiegato lo scienziato del clima, sottolineando che oltre l’80% degli incendi negli Stati Uniti sono causati dall’uomo.

«Sapevo che includerli avrebbe reso l’analisi più realistica e utile? Sì. Ma sapevo anche che avrebbe distolto l’attenzione dalla narrazione pulita incentrata sull’impatto negativo dei cambiamenti climatici e quindi sarebbero diminuite le probabilità che il documento avrebbe passato il vaglio degli editori e dei revisori di Nature».

Tre regole non dette

Secondo Brown, la prima cosa che un «astuto ricercatore climatico» deve sapere è che il suo lavoro dovrebbe supportare la narrazione mainstream.

Questa narrazione sostiene che gli effetti del cambiamento climatico sono «sia pervasivi che catastrofici» e che la migliore strategia per affrontarlo è attraverso massicci programmi sovvenzionati dal governo che mirano a ridurre le emissioni di gas serra, piuttosto che misure di adattamento che potrebbero rendere le persone meno vulnerabili agli impatti dei cambiamenti, come infrastrutture più resilienti e più aria condizionata, o una migliore gestione delle foreste per prevenire gli incendi: «Per dirla senza mezzi termini, la scienza del clima è diventata meno intesa a comprendere le complessità del mondo e più a servire come una sorta di Cassandra, che avverte urgentemente il pubblico sui pericoli del cambiamento climatico. Per quanto comprensibile possa essere questo istinto, distorce gran parte della ricerca scientifica sul clima, disinforma il pubblico e, soprattutto, rende più difficile raggiungere soluzioni pratiche».

Come esempio, Brown ha citato un altro recente articolo di Nature, il quale indicava che per ogni tonnellata di emissioni di anidride carbonica, c’è un «costo sociale» di 185 dollari in termini di morti legate al caldo e danni ai raccolti. Gli autori dello studio non menzionano mai il fatto che il cambiamento climatico non è il motore principale di nessuno di questi due effetti: «Le morti legate al caldo sono in calo, e i raccolti sono in aumento da decenni nonostante il cambiamento climatico», afferma Brown, che sottolinea che includere questi fatti nel documento violerebbe la seconda regola non detta, che è quella di ignorare o minimizzare le azioni pratiche che possono essere necessarie alle persone  per superare gli effetti negativi del cambiamento climatico.

«Riconoscere questo implicherebbe che il mondo abbia avuto successo in alcune aree nonostante il cambiamento climatico, il che, secondo l’idea, minerebbe la motivazione per la riduzione delle emissioni».

La terza regola secondo Brown è utilizzare parametri che producano numeri più strabilianti.

Nel documento sugli incendi in California, i ricercatori hanno esaminato il rischio che gli incendi distruggano più di 10 mila acri in un solo giorno, un parametro che non ha molto valore pratico ma genera numeri che possono impressionare editori, revisori e media: «Perché questo tipo di metrica, più complicata e meno utile, è così comune? Perché generalmente produce fattori di aumento più grandi rispetto ad altri calcoli. Vale a dire: ottieni numeri più grandi che giustificano l’importanza del tuo lavoro, il suo posto legittimo su Nature o Science e un’ampia copertura mediatica».

L’ossessione dei media per la narrazione sul clima

Brown ha aperto il suo post con collegamenti ad articoli di Associated Press, Pbs NewsHour, New York Times e Bloomberg, che secondo lui danno l’impressione che gli incendi di quest’estate dal Canada all’Europa alle Hawaii siano principalmente il risultato del cambiamento climatico: «Sebbene il cambiamento climatico sia un fattore importante che influenza gli incendi in molte parti del mondo, non è nemmeno lontanamente l’unico fattore che merita la nostra esclusiva attenzione».

In un invito all’azione, Brown ha affermato di voler vedere un «cambiamento culturale» sia nel mondo accademico che nei media tradizionali, che consentirebbe un dibattito sul clima molto più ampio: «I media dovrebbero smettere di accettare questi documenti per oro colato e indagare su ciò che è stato lasciato fuori. Gli editori delle riviste più importanti devono espandersi, superando il focus ristretto che spinge alla riduzione delle emissioni di gas serra. E i ricercatori stessi devono iniziare a opporsi agli editori o trovare altri posti in cui pubblicare».

 

Articolo in inglese: Scientist Says He Omitted ‘Full Truth’ From Paper to Fit Top Journal’s Climate Change Narrative

NEWSLETTER
*Epoch Times Italia*
 
Articoli correlati