La riforma costituzionale del governo Meloni e cosa prevede

La riforma costituzionale del governo Meloni, se approvata, rafforzerà notevolmente il ruolo del primo ministro.

Tra le novità, la riforma prevede di garantire il 55% di seggi nelle Camere «ai candidati e alle liste collegati al presidente del Consiglio dei ministri», tramite un premio di maggioranza.

In aggiunta, l’elezione del presidente del Consiglio sarebbe «a suffragio universale e diretto per la durata di cinque anni».

Inoltre sono previste misure atte ad evitare che si creino maggioranze politicamente diverse da quella eletta: nella circostanza in cui il premier consegni le sue dimissioni, il capo di Stato avrà l’autorità di conferire il compito di costruire il governo solamente al premier uscente, oppure a un/a parlamentare della maggioranza che decida di continuare il programma del governo eletto.

Il presidente della Repubblica non avrebbe più l’autorità di eleggere (i cinque) senatori a vita. Quelli in carica non sarebbero toccati dalla riforma, con conseguente naturale conclusione del loro mandato, eccetto rinunce.

Il governo, entro dieci giorni dalla sua creazione, «si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia».

Se l’esito è negativo, il presidente della Repubblica «rinnova l’incarico al presidente eletto di formare il governo».

Se nuovamente è assente la fiducia delle Camere, «il presidente della Repubblica procede allo scioglimento delle Camere».

Il capo dello Stato perderà il potere di nomina del premier. Conserverà, tuttavia, il potere di nomina dei ministri, con la proposta del capo del governo.

Il disegno di legge è previsto per la lettura, al Consiglio dei ministri, venerdì 3 novembre.

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