La morte viene oggi chiamata progresso

Di Ezequiel Sebastian Toti

L’autore dell’articolo, Ezequiel Toti, è nato a Buenos Aires, Argentina. Editorialista per vari media europei ed americani, ha formazione in comunicazione di emergenza e comunicazione strategica. È vice presidente internazionale del Movimento Culturale Croce Reale – RnT e corrispondente della sua Agenzia di stampa in Argentina.

 

«Il più grande disastro che può accadere all’uomo o a una nazione non è fare il male; è negare che il male esista chiamandolo con un altro nome: progresso»

(Monsignore Fulton Sheen, For God and Country, 1941′)

 

Dopo che Roe v. Wade è stata ribaltata la scorsa estate negli Usa, un cambio di posizione dei repubblicani afferma che ora è meglio lasciare la questione del divieto di aborto nelle mani degli Stati.

«Sai, funziona attraverso una commissione, la Corte Suprema ha preso quella decisione, va agli Stati e gli Stati si occuperanno di tale questione», ha detto il presidente della Camera Kevin McCarthy, un repubblicano della California, in una conferenza. Da parte sua, il senatore del Texas John Cornyn, un membro della leadership del Partito Repubblicano che in precedenza aveva votato a favore del divieto dell’aborto, ha espresso un’idea simile: «Sono orgoglioso dei voti che ho espresso… ma non credo sia appropriato per noi, ora che Roe è stato annullata, fare questo dalla città di Washington».

Questa possibile ‘soluzione’ alternativa comporta necessariamente una maggiore divisione nella nazione, ma tutto ciò che è intrinsecamente buono o cattivo, nell’essere umano e nelle sue strutture, comporta divisione, a maggior ragione tutto ciò che viene proposto come soluzione. In effetti l’aborto stesso è sollevato come soluzione e progresso.

Aborto, eutanasia, pena di morte… sono sintomi di una società fatalista i cui referenti scelgono di applicare ‘soluzioni finali’.

Queste false soluzioni che portano sempre alla morte non sono però una novità; Già nel 1939 la Germania nazista fu il primo Paese al mondo a legalizzare in maniera totalmente democratica l’eutanasia, quella stessa eutanasia che oggi in Paesi come il Canada viene offerta per problemi come quelli finanziari e contando sul triste premio in quella nazione di essere pionieri nell’«approvare che un pensionato riceva l’eutanasia perché povero».

E parlando di quello stesso periodo e luogo storico, quando il nazionalsocialismo era solo un’idea, alcuni seguaci di quell’ideologia gridarono «morte all’ebreo» presumibilmente solo in senso simbolico.

Anni dopo quello slogan divenne reale e sotto un autentico sterminio.

Le ideologie, i gruppi e la parola se non si fondano su una visione piena dell’essere umano sono destinati non solo al fallimento ma anche a scempi sociali che gridano al cielo e di cui tutti si vergognano di prendere parte con il passare degli anni.

Oggi molti si vergognano di avere antenati nazionalsocialisti e con buona ragione: i discendenti di questa generazione saranno orgogliosi nel pensare che si risolve tutto con la morte e le ideologie relativistiche?

Sebbene si cerchino scuse apparentemente pie, la realtà che nasce dallo ius naturalis o legge naturale (questa legge che non è necessariamente scritta nella Costituzione ma scritta in tutti i cuori da Dio), è che sano o malato, con 1 mese o 9 mesi, prodotto dell’amore o no, in quel grembo c’è un essere umano indifeso e non ci sarà mai giustificazione per annientare un essere umano innocente e indifeso, e che la famiglia (cellula elementare della società) è sacra ma non lo Stato, uno Stato ogni giorno più ossessionato dal controllo e dai bambini.

Forse colei che ha definito meglio questa battaglia culturale è la premier italiana Giorgia Meloni che ha fatto riferimento al perché oggi la parola madre e donna è scomoda:

«Il punto è il simbolo: nel grembo della madre noi impariamo tutto quello che serve per essere umani, a essere due, ad amare in modo gratuito, ad accettare l’imperfezione. Se si abbatte questo architrave – ha concluso – questa società è spacciata».

I bambini hanno dei diritti e soprattutto il diritto alla vita, il diritto ad un padre e ad una madre; questa società deve smetterla di auto-ingannarsi e capire che non esiste il diritto di uccidere la propria prole o, al contrario, che un bambino non è una merce e il diritto spetta al bambino di essere adottato da un padre e da una madre, non agli adulti di avere un figlio.

Per chi ha il dono della fede, non solo sappiamo che il primo a riconoscere il Messia fu un bambino in gestazione come San Giovanni Battista, ma sappiamo anche che sia Mosè che nostro Signore furono perseguitati nella loro infanzia da una sorta di controllo della popolazione da parte dei loro governi.

Sappiamo anche per estensione che, per quanto il male e i suoi adepti si impegnino nella loro ossessione per il controllo (secondo Alfonso X il saggio, la caratteristica tipica della tirannia, poiché sa di essere illegittima), non potranno mai controllare l’apertura della vita, la bontà, verità e giustizia che sono caratteristiche di Dio e che si riflettono nel cuore di tutti gli uomini, anche di quelli che ora lo ripudiano.

A coloro che propongono la morte, ricordiamo loro il valore della vita prendendo l’altezza morale e senza seguire il loro esempio violento.

 

Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista dell’autore e non riflettono necessariamente quello di Epoch Times.

 
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